di Anna Maria Arnesano e Giulio Badini
Nonostante i suoi rinnovati successi canori coprano ormai l’intero globo (solo il recente concerto di Verona, tempio mondiale della lirica, ha fatto il pieno di pubblico e tenuto incollati per tre ore davanti al video ben cinque milioni di italiani) non si può intervistare Al Bano Carrisi trascurando il fatto che si tratta anche di uno dei più qualificati produttori italiani di vini, in gran parte esportati all’estero, un vigneron esperto e raffinato ambasciatore nel mondo del miglior bere made in Italy. Noi siamo venuti apposta in Puglia – o meglio in Apulia, come la chiama lui – per incontrarlo in tale veste, spesso trascurata a favore di quella ben più nota di cantante. Invece in questa regione il vino ha una storia antichissima, che risale fino alla colonizzazione greca dell’VIII° secolo avanti Cristo, cantata da Omero come terra dell’eterna primavera, apprezzata dai commercianti fenici e poi cantina dell’impero romano. Ci riceve, accompagnato dall’immancabile capello bianco e dalla sciarpa che porta al collo anche a Ferragosto per proteggere la preziosa voce, nella sua splendida tenuta di Cellino San Marco nell’Alto Salento, a metà strada tra Brindisi e Lecce e tra Adriatico e Ionio, 200 ettari di paradiso dove trovano posto il suo studio di incisione, un elegante resort 5 stelle con 50 tra camere e suites, piscina e spa, un raffinato ristorante con cucina basata su ingredienti rustici e genuini della tradizione mediterranea, location ideale per matrimoni e cerimonie, un parco acquatico e di divertimenti (Carrisiland), un bosco privato riserva naturale con animali selvatici, uccelli, alberi secolari e odorosa macchia e, ovviamente, anche uliveti e vigneti a perdita d’occhio.
Il noto cantante, autore, musicista, attore e show-man salentino, profondamente innamorato della sua terra, al culmine della carriera anziché andare a vivere con la mogliettina americana in California, ha infatti investito gli introiti di una straordinaria e longeva carriera artistica in un enorme podere dove produce olio, vini e distillati, con al centro un resort hollywoodianio dove potrete incontrare fan da tutto il mondo venuti sì per beneficiare del clima e del cibo locale, ma con la segreta speranza di incontrare il loro idolo, perché nonostante il successo planetario Al Bano è rimasto un ragazzo di campagna con i piedi per terra, buono, semplice e paziente, sempre pronto a dispensare a tutti un sorriso e una battuta. E i suoi prodotti hanno portato nel mondo sapori e buon gusto dell’enogastronomia italiana. Fedele ad una promessa fatta al padre contadino Don Carmelo, quando ancora minorenne lasciò la sua terra per andare emigrante a Milano in cerca di fortuna, ha messo infatti in piedi una produzione tra i vini più raffinati (e costosi) d’Italia, entrati a buon diritto nel Ghota internazionale, con 350 mila bottiglie all’anno di bianchi, rossi, rosati, spumanti, passiti e distillati ottenute da 65 ettari di vigneti coltivati a filari di uve Primitivo, Negroamaro, Salice Salentino, Chardonnay e Aleatico, con piante che vanno dai 40 ai 75 anni. I suoi vini più famosi sono il Don Carmelo, uno chardonnay bianco e rosso, il Mediterraneo rosato da uve diraspate Negramaro, il pluripremiato Taras da uve Primitivo, il Cantica IGP da Primitivo, il Salice salentino DOC rosso, il Nostalgia Rosso da uve di Negramaro fermentate con la buccia, il Felicità bianco morbido da uve Savignon e Chardonnay, e infine il top dei top, il cru miglore, il Platone ottenuto da vitigni di Negramaro e Primitivo vecchi di ben 75 anni, premiato nel 2009 come miglior vino del mondo tra quelli prodotti da Vip.
Ci accoglie con inaspettata disponibilità, nonostante l’indomani debba partire per un’importante tournèe in Canada e Usa assieme all’ormai inseparabile ex moglie Romina Power, davanti ad un miaro, come si chiama in dialetto il vino puro (dal latino merum), ovviamente di Platone. Brindisi in quel di Brindisi, un nome che – se anche gli storici la raccontano diversamente – la dice lunga sull’antichità del vino locale. Bisogna però andarci piano, prima che il buon nettare ottenebri la mente. Esordisco con quella che vorrebbe essere una battuta spiritosa: “Se, anzicchè in Puglia, fosse nato dalle mie parti (Emilia-Romagna), si sarebbe chiamato Albana anzicchè Al Bano”. Risponde con un sorrisino e non commenta: forse non conosce l’Albana, vino certamente meno nobile dei suoi. Parte deciso, con un’affermazione forte: “Con la cantina sono in perdita da sempre, e se non fossi così testardo e tanto innamorato della mia terra, avrei già mollato da un pezzo” Andiamo bene ! Se è in perdita lui, con bottiglie di pregio vendute a prezzi da amatore sulle più ricche piazze del mondo, potendo sfruttare il marketing gratuito di un nome tanto celebre, figuriamoci i suoi concorrenti! Dell’olio poi non ne parliamo proprio, per la somma di guai passati e presenti. Al Bano, sempre molto impegnato in ambito sociale, è decisamente contrario all’abbattimento indiscriminato e preventivo di piante plurisecolari per debellare la Xylella. D’altronde, che paesaggio sarebbe la Puglia senza i suoi vigneti ed uliveti ?!? Con voce bassa e complice, quasi a volerci offrire un inedito scoop, ci fa una confessione: “Sto aprendo al mercato della Cina, ma negli affari i cinesi sono terribili, ti sfiancano con trattative estenuanti per abbassare sempre il prezzo. Ma tu sai che, trattandosi di numeri rilevanti, basta guadagnare anche pochi spiccioli per portare a casa delle piccole fortune. E poi così do lavoro a tanti giovani, evitandogli di dover emigrare come ho dovuto fare io”.
A Milano dovette infatti fare l’operaio e il cameriere, prima che qualcuno scoprisse le doti potenziali della sua straordinaria voce melodica, che ancora oggi a 72 anni riesce ad infiammare le platee e a far vibrare le volte di teatri e palasport. Poi i grandi successi ai festival, i film e la televisione, la romantica storia d’amore tra il cantante contadino e la bella diva di Hollywood figlia d’arte, la sua disarmante semplicità che fa sognare le piazze, buca il teleschermo e riempie i rotocalchi, 25 album da solista e 35 in coppia con Romina, fino al suo aspetto ignorato di scrittore. L’ultimo libro è un volume sulla cucina rustica, scritto assieme alla madre plurinovantenne. Chiediamo come faccia a mantenersi sempre così in forma, da sembrare un eterno ragazzino. “Una vita sana – ci risponde – sveglia all’alba, tanto lavoro appagante, solidi rapporti familiari (non siamo giornalisti di gossip, quindi evitiamo di entrare nei dettagli), mangiare poco e bere meno, ma di buona qualità”. Parlando di tanti personaggi famosi incontrati in un vita, si abbandona a raccontarci parecchi aneddoti, privati e inediti. Ma arriva a commuoversi soltanto quando accenna ad un altro grande cantante pugliese, Domenico Modugno, amico fraterno cresciuto a pochi chilometri da qui, a San Pietro Vernotico. E, inevitabile, arriva la domanda finale, rimasta in sospeso durante tutto l’incontro: dopo quindici anni di separazione professionale e umana, quattro figli assieme, cosa prova a cantare ancora assieme a Romina ? “Un’enorme emozione – risponde dopo un attimo di imbarazzo – difficile da spiegare, forse la felicità assoluta”. Non siamo purtroppo riusciti a cogliere se la parola felicità sia stata pronunciata con la effe maiuscola o minuscola. Comunque sia, prosit !
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