CLOTILDE PATERNOSTRO
Una importante mostra è presentata dal MuMi, Museo Michetti, Palazzo San Domenico a Francavilla a Mare ( Chieti) fino al 24 settembre 2006, curata da Silvia Pegoraro (Catalogo Skira). Un titolo che in sé già tutto accoglie: La Famiglia De Chirico, i geni della pittura – Giorgio De Chirico, Alberto Savinio, Ruggero Savinio. Tre scuole, tre pensieri, due epoche: la prima e la seconda metà del Novecento per i due celeberrimi pittori, De Chirico e Savinio, seconda metà del Novecento e 2000 per Ruggero Savinio, figlio di alberto. I geni della pittura, geni, patrimonio genetico ereditario, ossia quel tramandare l?amore per la pittura, per l?innvenzione, per la creatività, pura attività dello spirito che, se esemplare nei due fratelli, Giorgio e Andrea, Alberto Savinio è sinonimo di Andrea, passa poi nel figlio di quest?ultimo, Ruggero. Tre scuole, abbiamo detto, e due epoche. Diversità di cultura, di ambiente, di formazione, eppure lo stesso amore, entusiasmo, propensione al nuovo. Per i due fratelli, notevole anche il peregrinare tra paesi e popoli diversi: tutto ha contribuito alla peculiare formazione di De Chirico e Savinio. ? Grecia, Germania, Francia, Italia. Culture diversificate, talvolta affini ma poi non tanto e da ogni cosa si accoglie un richiamo, un dettaglio, un suggerimento: la classicità della Grecia, la vaporosità dalla Francia, la rigorosità dalla Germania, la bellezza naturalistica e la tradizione rinascimentale dall?Italia. Tutto si sedimenta; ne sortirà poi la novità sorprendente, la stuporosa sorpresa, la ?tesi? pittorica e filosofico-letteraria nuova, la lettura del passato illuminante il presente.
L’Isola dei giocattoli
Fare un raffronto tra i tre personaggi de Chirico presentati in mostra, non ha senso, troppe le differenze temporali e, conseguentemente, culturali, ma i geni certamente sussistono. Personalità diverse e tre distinte poetiche che tanto riportano gli stilemi culturali del tempo in cui avvennero e avvengono.
Fare la cronistoria di de Chirico e Savinio ci pare superfluo, poiché tanto è stato scritto e tutto è già conosciuto; faremo un accenno semmai ? metafisica e mistero, pessimismo nietzschiano, solitudine e mito, neoclassicismo e ritorno infine a un barocchismo aulico per de Chirico; libera fantasia e surrealità per Savinio, più ironia, è stato detto, ma più che ironia, giocondità, replichiamo, sopraffino gioco del pensiero, felice esordio del colore o della forma la più smaliziata e ludica, per Savinio. Eredità pesante, la sua, ma fantasia intelligente e sensibilità hanno concesso all?artista uno spazio proprio e una propria tesi pittorica.nell?insieme una mostra notevole, soprattutto per la bellezza delle opere reperite ed esposte. Sempre di inesauribile fascino Le Piazze di de Chirico e ne ammiriamo diverse in mostra: L?enigma del ritorno (1938), Piazza d?Italia( primi anni Sessanta), Piazza d?Italia ?Il Grande Gioco (1968), Malinconia di Arianna (1968). Quei famosissimi archi che si aprono sull?arcano, che conducono?dove? Che nascondono..cosa? Tutto è concesso alla fantasia dello spettatore che pur ritrova se stesso in quella malinconia che ognuno assale in più momenti della vita. L?arcano, l?ignoto, l?inconsueto. E? già andare oltre la realtà, è già la dimensione ?altra? che si annuncia, si avverte, si enuclea in ogni sezione del dipinto; è scernimento, perché è mistero. Ma quella dimensione già enunciata da De Chirico, totalmente è da Savinio in quel liberare l?inconscio, le pulsioni più remote, le più accese. Cosa dire di quel mirabile pezzo. L?apocalypse de Jean (1930), forso il più rappresentativo quadro di Savinio, in quel mondo raccolto su una tavola vagante nello spazio, nello spessore di uno spazio veramente apocalittico dalle nubi dense, oscure, e in bassra desolata. E? surrealtà, Surrealismo è stato detto; un surreale dove gli animali parlano,: En visite (1930), e il ludico sussiste come in quel magnifico: L?isola dei giocattoli (1930) dove è questo assemblare i giocattoli naviganti in una zattera policroma su un mare procelloso. E i più personaggi, l?uno camuffato da manichino e gli altri senza volto in Volilà mon reve (1928), persino lo splendido nudo della donna non ha volto.
Stanze
Ruggero, Ruggero Savinio. L?ultimo dei De Chirico. Squisito gentiluomo, gentiluomo d?altri tempi. Ma nella pittura vive la contemporaneità. Un manifesto quasi è Spiaggia (1995) dove la tesi è dichiarata: questa appartenenza al figurativo ma?con rimandi a passate esperienze precorrenti lunghissimi periodi dell?arte. Una grande tela sintesi di movimenti figurali, tracciati che vanno dalla fine dell?Ottocento all?ultimo Novecento più informale e materioco.Una commistione di gran gusto. Vediamola questa Spiaggia. Al centro la figura si accampa nello spazio; un picchiettìo rosato è alla base, alle spalle della figura in piedi il cielo, dove un più minuto picchiettìo bianco dà una luminosità che sfuma verso l?alto. I due nudi distesi di Stanze (2004) tanto sanno di Novecento pur se variato poiché la cromia qui ha un ruolo primario; cromia densa, colore spesso, rosso-ocra, lo spazio quasi ne è soffocato, le due creature dormono sonni profondi, quella testa classica in basso sulla destra del quadro, è un rimpianto più che un ricordo. Rimandi e rimandi, malinconia e profonda pena. Tanto colpiscono le tre opere informali di ruggero savinio:Paesaggio (1959) dal bianco gessato, paesaggio astratto dove i volumi dominano e l?astrazione del reale sussiste, come in la Ninfa Eco (1959) o Studio per Narciso (1959), in quest?ultimo, in maniera più evidente lo spazioe suddiviso dalla massa compatta bianco-grigia che nello spazio inferiore si riflette. Un passaggio al reale ne la Ninfa Eco, con il profilo della creatura appena accennata alla base del dipinto.
Combinazione estrosa, la pittura di Ruggero Savinio, dove più tesi si amalgamano per un discorso coloristico di corposa sostanza. In sintesi, un?indagine sugli aspetti estetici e speculativi delle tre poetiche inquadrandole nel panorama del XX e XXI secolo è questa mostra. Un?indagine culturale di alto profilo ed una visione ammagante delle tante, bellissime opere esposte che sempre destano ammirazione, gioia profonda nello spirito grato di ogni spettatore stupito.