Testo di Anna Maria Arnesano e foto di Giulio Badini
Sono davvero in pochi a poter dire di conoscere bene il Burkina Faso, l’ex Alto Volta dei colonialisti francesi, e ancora di meno quelli ad esserci stati. Nonostante la sua rilevante varietà paesaggistica ed etnica questa nazione, grande quasi quanto l’Italia e ubicata senza sbocchi al mare nel cuore geografico dell’Africa Occidentale, costituisce infatti una meta decisamente trascurata dal turismo, consentendo in compenso di offrire a pochi privilegiati uno spaccato quasi intonso di vita tradizionale africana. Cerniera naturale e punto di transizione tra il Sahel semidesertico a Nord e le verdi foreste pluviali del Continente nero a Sud, si presenta come un esteso ondulato bassopiano a 2-300 m. di altitudine di laterite rossiccia, ricoperto da savana arborea, erbacea e spinosa dalla quale spuntano possenti baobab assieme ad acacie, mango, palme dum, tamarindi, mimose, euforbie e a diverse piante endemiche; solo nel sud-ovest affiorano colline di arenaria alte fino a 750 m. Confina con Mali, Niger, Benin, Togo, Ghana e Costa d’Avorio; il clima è tropicale caldo. La fauna selvatica, meno abbondante rispetto ad altre terre circostanti, annovera comunque ippopotami, giraffe, antilopi, bufali, leoni, scimmie, facoceri e la più grande concentrazione regionale di elefanti. La maggior attrattiva appare forse costituita dalla popolazione (15 milioni, ma con elevata natalità), ripartita in 63 gruppi etnici con diverse origini, culture, lingue e stili di vita, ma quasi tutti agricoltori e allevatori. I Mossi, ad esempio, i più numerosi con quasi il 50 %, arrivarono dal nord nel XII sec. e grazie alla loro organizzata cavalleria diedero vita ad un potente impero durato per secoli, dando filo da torcere a tutti i vicini e arrivando a conquistare Timbuctu.
Ancora oggi l’imperatore Mossi, che risiede nella capitale Ouagadougou da loro fondata, gode di grande prestigio. Formano una società gerarchica piramidale di tipo feudale, basata sul collettivismo e l’autorità degli anziani; sono famosi per le pregiate maschere lignee dal volto di antilope, alte 2 m. I Garunsi, provenienti dal lago Chiad, abitano in dimore fortificate senza finestre fatte di fango e sterco in agglomerati familiari a formare piccoli villaggi, dipinte dalle donne con disegni geometrici e antropomorfi mediante tinture naturali; le loro dolci linee armoniche hanno ispirato anche l’architetto Le Corbusier. I Lobi invece, animisti molto superstiziosi, non riconoscono capi politici (ma soltanto religiosi) autogovernandosi attraverso un consiglio degli anziani; ogni loro casa e campo si presenta disseminato di feticci. Fin dalla preistoria sono abili nella lavorazione della ceramica e del ferro, ma il massimo della loro arte innata viene espressa in statuette di legno usate come numi protettori, dalle linee essenziali e con pochi dettagli fisici ma molto espressive, assai apprezzate dai collezionisti. Tra le nazioni più povere del mondo, a causa di un elevato tasso demografico, scarsità di terreni produttivi e frequenti siccità, basa quasi esclusivamente la sua economia su un’agricoltura primitiva, dove primeggia la produzione di un cotone di ottima qualità.
Nel 1896 divenne protettorato, annesso all’Africa Occidentale francese, poi nel 1919 trascurata colonia con il nome di Alto Volta (in omaggio al suo fiume principale), per ottenere l’indipendenza nel 1960. Da allora è stato un susseguirsi di dittature e colpi di stato, con unica eccezione nel 1983 il governo di Thomas Sankara, il Che Guevara africano di orientamento marxista, il solo a preoccuparsi del popolo, ovviamente avversato da satrapi locali, Francia e Usa, e quindi ucciso nel 1987, il quale cambiò anche il nome del paese in Burkina Faso, la terra degli uomini onesti. E i burkinabè, popolo dalla notevole solidarietà etnica e religiosa, sono orgogliosi di costituire un modello di stabilità politica e sociale, almeno nei confronti dei turbolenti vicini. A riprova di come tutto sia sempre relativo.
Un possibile itinerario parte dalla capitale Ouaga, caotica metropoli ricca di colorati mercati e di centri artigianali dove approvvigionarsi di maschere e sculture. Nelle savane saheliane meridionali si visitano le policrome case fortificate dei Gurunsi, e quelle dei Lobi, il gruppo più chiuso alle influenze esterne e le cui donne anziane portano ancora piccoli piattelli labiali. I resti di Loropeni, unico sito Unesco, presentano mura in pietra alte 6 m e imponenti fortificazioni risalenti al Mille; in attesa di scavi chiarificatori si ritiene trattarsi di un centro che sovrintendeva all’estrazione e al commercio dell’oro, ancora oggi presente nella zona. La regione di Sindou offre curiosi picchi di roccia che spuntano dal terreno, mentre nel lago Tengrela si potrà navigare con barche tradizionali assieme agli ippopotami. Bobo Dioulaso, seconda città e la più verde ma anche epicentro artistico e musicale, presenta edifici in stile neo-moresco e sudanese e animati mercati frequentati dalle diverse etnie con i loro abiti tradizionali. I Bobo Bwaba sono un gruppo animista dalla complessa cosmogonia, famosi per le maschere a forma di farfalla che indossano durante le cerimonie per caratterizzare danze propiziatorie e pièce teatrali.
L’operatore milanese “I Viaggi di Maurizio Levi” (tel. 02 34 93 45 28, www.deserti-viaggilevi.it), specializzato da trent’anni in turismo culturale di scoperta geografica e etnografica, propone come novità in Burkina Faso un itinerario di 10 giorni dedicato alle etnie più significative. Partenze mensili con voli di linea da Milano e Roma da novembre ad aprile, pernottamenti in hotel con pensione completa, guide di lingua italiana.