Testo di Teresa Carrubba

Le vetrine degli amatori si impreziosiscono
 di pezzi sempre più rari

E’ già nel Quattrocento degli Angioini e nel Cinquecento degli Aragonesi che la Natività è rappresentata a Napoli su basi artistiche di altissimo livello. Tuttavia è nel Settecento che la sacra ricostruzione assume la massima pregevolezza. Sotto Carlo III di Borbone nascono vere opere d’arte. Il sovrano stesso dedicò sempre un’attenzione particolare all’allestimento del presepe di corte, con l’aiuto della consorte, Maria Amalia, la quale ricamava personalmente gli abiti dei pastori. Un interesse, quello per il presepe, che dalla corte si diffuse a macchia d’olio in città e altrove creando anche una sorta di competizione quanto a pregio e originalità. Chi poteva permetterselo, commissionava i pastori a illustri artisti dell’epoca come Giuseppe Sanmartino, Nicola Ingaldi, Francesco Celebrano, Giovanni Battista Polidoro, Lorenzo Vaccaro, Giuseppe Gori, Nicola Vassallo, Lorenzo Mosca. Molti pastori napoletani del Settecento firmati da questi artisti sono custoditi nelle vetrine dei musei, persino a New York e a Monaco di Baviera. Altri fanno bella mostra di sé nelle vetrine di infervorati collezionisti che si aggiudicano le ambite statuine pagando somme di tutto rispetto. E proprio da quella scuola di scultori derivano per tradizione le superstiti botteghe di pastorari ancora attivissime in via San Gregorio Armeno, una suggestiva strada di Napoli chiusa tra due file di palazzi antichi. E’ lì che nascono ancora splendide statuine di creta, modellate all’uso antico, a metà tra artigianato e arte. Sempre più avulso dall’intrinseco significato celebrativo della Natività cristiana, il presepe, quello maiuscolo, di gran pregio, assume via via un valore più artistico che sacro, più estetico che simbolico, più esibizionistico che discreto. E’ così che il pastorello, dalle fattezze umili e dagli abiti rozzi, nato dalle mani dell’artigiano per assumere il ruolo di -una voce- nel dialogo corale del presepe, sempre più spesso assurge a statuina di grande valore, trasformata in pezzo unico dall’animo del collezionista e isolata nel preziosismo di una bacheca. E il collezionista attento sa dove cercare. Tra i pastori napoletani del Settecento, soprattutto, gli unici che valicano i confini del mercato antiquario internazionale.

IL“PASTORE”: FIORE ALL’OCCHIELLO DELLA COLLEZIONE

Il pastore (termine generico che si riferisce a tutti i personaggi del presepe), nel periodo settecentesco, quello cioè più ambito dai collezionisti, ha caratteristiche ben precise. Testina di terracotta finemente modellata nelle acconciature delle contadine o delle dame, nei solchi profondi sulla pelle dei pastori bruciata dal sole, nella curva della bocca che, a seconda del ruolo del personaggio, atteggia a stupore, a contentezza o a rassegnazione. Gli occhi sono di vetro colorato, il che li rende particolarmente lucidi ed espressivi. Mani e piedi rigorosamente in legno, nel rispetto assoluto della tradizione settecentesca. Il corpo è, nei più antichi, in legno snodabile per favorire l’adattamento a diverse posizioni, in seguito viene costruito con un’ anima di filo di ferro ricoperto di stoppa. Tuttavia, non è insolito trovare pastori interamente in terracotta. Le vesti sono di stoffa, databili al periodo tardobarocco e rococò, curatissime e fedeli ai costumi locali dell’epoca e a quelli dei vari ceti sociali. L’attenzione all’abito, che è elemento indispensabile alla coerenza espressiva di qualsiasi scultura o figura nell’arte, portava, nel Settecento, a un’attenzione particolare nella scelta delle stoffe, dei colori, dei modelli, delle guarnizioni. Così come assumevano notevole importanza veristica i gioielli, disegnati su modelli veri di collane e orecchini del folklore locale. I pastori, nel Settecento napoletano venivano quindi vestiti con velluti, broccati, sete, tele pesanti e adornati con gioielli a catenine d’argento o rame dorato e pietre come granatini, paste vitree e addirittura perle scarmazze. Ovviamente, il pregio di una statuina presepiale da collezione, oltre che alla firma del suo autore e al periodo storico a cui risale, deve il suo valore all’originalità e al buono stato del vestito. Nel caso in cui sia rotto, sciupato o restaurato, l’abito può deprezzare sensibilmente il pastore d’antiquariato.

 

IL MERCATO ANTIQUARIO

Sempre più spesso le statuine presepiali, soprattutto i pastori napoletani del Settecento di grandi firme, approdano sul mercato antiquario delle grandi aste e vengono battute anche a cifre da capogiro, nell’ordine di 5-10 mila euro. Le grosse case d’asta ce lo confermano. Un giovane contadino con borraccia, di Francesco Celebrano, con testa di terracotta e occhi in vetro, con un’interessante vestitura molto in ordine e calze di seta ricamate, battuto a 5 mila euro. Un borghese calvo con espressiva testa in terracotta di Nicola Ingaldi, bastone in ebano e avorio, vestito originale in ottimo stato, venduto a 8 mila euro. Una coppia di contadini: lui di Lorenzo Vaccaro, con testa in terracotta e lungo manto da pastore; lei, con bella testa di terracotta e acconciatura molto curata, firmata da Celebrano, con abito ricamato da festa campestre, battuti a più di 9 mila euro. Frequenti, specie nell’impostazione del presepe napoletano, anche i gruppi o le scene di vita comune. Una scena di giocatori di carte dei primi del sec.XIX comprendente un Giocatore a capo scoperto, con abiti perfetti; il Baro, di bella fattura veristica, con abito di seta rossa, gilet laminato e cappello; e un Bambino, vestito in verde e calzato con cioce, venduta a 7 mila euro. Una Giovane donna, tipica figura della locandiera, da aggiungere al gruppo, dello stesso periodo, attribuibile ad Angelo Viva, ha un costume originale molto in ordine. E’ stata battuta all’asta a 3 mila euro. Tipiche e molto ricercate anche le scene di ambulanti caratterizzate dalla presenza minuziosa e particolareggiata dei cosiddetti “finimenti”, cioè degli strumenti, degli accessori, e soprattutto dei cibi. Vere e proprie “nature morte”. Per esempio, una scena del Venditore di pesce, di un discepolo di Celebrano, comprendente il Pescatore con testa di terracotta e una donna con gonna ocra e giubbetto verde e una bella acconciatura trattenuta da un nastro, con banco del pesce e bacheca, venduta a 8 mila euro. Al gruppo si può accostare il venditore di taralli, con testa fortemente caratterizzata, modellata in terracotta da un artista della scuola di Celebrano, seduto, con in grembo una cesta di taralli, una bisaccia a tracolla e, ai piedi, un altro cesto. Venduto a 4 mila euro.

Foto dall’esposizione di Giusti Antichità

Via Giardini Sud 34

41043 Formigine(MO)

ITALY