LUISA CHIUMENTI
(Kiev,Museo Storico dei Tesori).
La mostra ?Ori dei cavalieri delle steppe. Collezioni dei museo dell?Ucraina?, curata da Gianluca Bonora, specialista in archeologia dell?Asia e da Franco Marzatico direttore del Castello del Buonconsiglio di Trento, si basa sul progetto allestitivi, dell?architetto Michelangelo Lupo sviluppato sui 1400 metri quadrati delle nei suggestive 14 sale messe a disposizione dell?Evento, all?interno del Castello del Buonconsiglio in Trento.
Si tratta della esposizione di una rarissima serie di reperti, datati tra il X e l?XI secolo in una suggestiva successione di nove interessanti sezioni, in alcune delle quali apaiono modelli e ricostruzioni realizzati a cura di Luigi Giovannazzi.
Il percorso si apre sulla presentazione del mondo tra religioso e magico, che si lega alle comunità stanziali che hanno preceduto l?affermarsi, fra la fine del II e gli inizi del I millennio a.C., delle popolazioni nomadiche. Vi appare tra l?altro una selezione di armi e ornamenti in metallo del III-II millennio a.C., segni di esibizione dell?emergere del potere e del prestigio del guerriero che si impongono anche in Occidente, ed una particolarissima figura che corrisponde ad una ?statua stele?.
A questa prima sezione, che accoglie fra l?altra una ?Yurta?, suggestiva ricostruzione moderna di una casa mobile nomadica, seguono altre otto sezioni relative all? ? Avvento dei dei Nomadi; ? Mito e natura: l?arte delle steppe; ?La ?piramide? delle steppe: il kurgan ? la tomba di principi e re?;Le principesse; ?I principi?; I cavalieri delle steppe; ?Contatti e scambi, fra Oriente e Occidente?; ?Il mondo sacro?.
IV-III sec. a. C.
La storia della steppa, basata su frequenti movimenti di flusso e di riflusso di genti che si spostano e si mescolano senza che le fonti scritte ne tramandino l?intreccio, spesso intervallate da decenni di calma e di stabilità, si presenta come ?storia di clan? ossia di un minimo numero di famiglie che reggono il controllo del territorio e il diritto di pascolo.
Pur non essendo mai esistito un vero e proprio Impero delle Steppe? , la storia ci tramanda il ricordo di ?confederazioni di gruppi tribali che si alleano per far fronte ad un pericolo comune e arruolano armati?.
E nemmeno si può parlare di uno ?stato unitario scitico o sarmatico o unno?, ma piuttosto di una sorta di ?potere nella steppa?, che si è affermato all? interno del clan, della tribù o della confederazione d?alleati per vincoli di parentela, potere rafforzato spesso con un preciso rituale. Dalle parole di Erodoto sappiamo ad esempio come gli Sciti fraternizzassero bevendo vino mescolato con il loro sangue, mentre il riconoscimento di un antenato comune, costituisse uno dei legami più forti.
Appaiono così, nel percorso espositivo, in tutta la loro rara struttura artigianale, ma di elevatissima raffinatezza, dal punto di vista estetico, tutti quegli elementi che facevano parte del corredo di ogni cavaliere, a cominciare dai particolari della bardatura del cavallo, come le placche in argento, che fungevano da decorazioni per le cinghie e le corregge dei finimenti, che venivano realizzate mediante fusione e poi decorate con la tecnica della doratura a mercurio e del niello.
Risulta così molto interessante, poter osservare in mostra i particolari corrispondenti alle originali tecniche manifatturiere impiegate per la decorazione di elementi della bardature del cavallo, e che sono da ricollegare alla tradizione artistica mediterranea orientale (specie all?arte Bizantina del IX ? X secolo).
I diretti contatti, commerciali, diplomatici e militari, tra i nomadi e le popolazioni bizantine incoraggiarono poi notevolmente la diffusione di tali decorazioni per briglia e finimenti con motivi stilistici tipicamente bizantini, anche presso i Peceneghi dell?area del Mar Nero settentrionale.
Di altrettanto interesse sono anche gli oggetti di epoca Polovec provenienti dal tumulo principesco di Chingul, al cui interno fu rinvenuto un raro, originale incensiere con il relativo coperchio, (completamente d?oro), di manifattura europea occidentale (francese oppure tedesca) del XII secolo, realizzato con grande maestria artistica. Oltre a questo fu trovato un bellissimo elmo da guerra in ferro rivestito d?oro e decorato nella parte inferiore (di manifattura russa), che poteva essere appartenuto ad un principe Rus? e lo scettro in oro, autentico simbolo principesco di potere, che completava il corredo.
E a sottolineare le caratteristiche di questi cavalieri, ricordiamo quanto scriveva il bizantino Eustazio di Tessalonica nel XII secolo: ?In un baleno il Polovec ti è vicino, e subito scompare. Compie l?incursione e velocemente, con il bottino, afferrando le redini, sprona il cavallo con piedi e frusta, e come un vortice si allontana, come se volesse superare un uccello veloce. Non fai in tempo a vederlo, che lui già è scomparso dalla tua vista?. ?L?origine dei Peceneghi, popolazione nomade di ceppo turco proveniente dalle steppe dell?Asia Centrale, resta ancora oggi avvolta nel mistero. Sia che fossero stati uno dei ventidue gruppi tribali che formavano i turchi Oghuz, o legati al popolo dei Wusun che occupava le steppe del Kazakhstan meridionale, oppure ancora originari del bacino dell?alto corso del fiume Irtish, affluente dell?Ob, dove si trovavano ancora nel VI secolo, qualunque fosse la loro provenienza, i Peceneghi entrarono nella storia dell?Europa orientale dall?VIII secolo, come abitanti del territorio fra il basso corso del Volga e quello del Don. Dal IX e X secolo essi controllavano gran parte delle steppe tra la Crimea e il corso del Don e, sebbene abbiano rappresentato un importante fattore di storia locale, come gran parte delle tribù nomadi, la loro identità politica non permise loro di andare mai oltre le scorrerie contro i popoli vicini o il loro servizio come mercenari per altre nazioni. I Peceneghi infatti erano nomadi allo stato puro: non avevano né luoghi stabili dove svernare né cimiteri; erano guerrieri con una struttura sociale egualitaria, sempre pronti a combattere e saccheggiare?.
Alleati dei Bizantini, e campioni della politica del divide et impera, per tenere le tribù nomadi una contro l?altra, i Peceneghi si scontrarono più volte contro i principi magiari, che alla fine del IX secolo si spinsero dal Dnepr fino al medio corso del Danubio, dove pochi decenni più tardi venne fondato il regno di Ungheria.
Si segnala infine il Catalogo della mostra, a cura di Gianluca Bonora e Franco Marzatico (edito da Silvana editoriale), per la preziosità delle immagini e la scientificità dei numerosi, analitici approfondimenti specifici che eminenti studiosi propongono sulle tematiche presentate dalle diverse sezioni della mostra
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