Testo e Foto di Pamela McCourt Francescone
Uscire da Ho Chi Minh City è un incubo. Il traffico è pazzesco. Sfrecciano migliaia e migliaia di motociclette di ogni tipo, colore e potenza. La maggior parte sono di fabbricazone cinese, ma sporadicamente scorgiamo una prestigiosa marca giapponese. E poi – il sogno di ogni Vietnamita – qualche rara Piaggio nei tenui colori del pastello: rosa confetto, giallo canarino, turchese scintillante. Tutti i centauri portano il casco in testa. E tutte le donne hanno una mascherina sul viso e portano giacche con maniche lunghe o guanti che arrivano oltre il gomito. Le mascherine, oltre che combattere l?inquinamento, proteggono dai raggi solari (stesso discorso per i guanti da grande soirée) e così dovranno spendere meno in crème sbiancanti per la pelle.
Attraversando i quartieri periferici, il traffico su due ruote diventa più leggero mentre quello su quattro ruote aumenta e sorpassiamo grossi camion carichi di verdure, imballaggi e soprattutto alberi fioriti. E? la settimana prima del Tet, il Capodanno vietnamita, e anche sul ciglio della strada ci sono tanti venditori di alberelli di pesco e arancini cinesi. Perchè per il Tet ogni casa sfoggerà un alberello fiorito, l?equivalente degli abeti con i quali noi addobbiamo le nostre case nel periodo natalizio.
Il Mekong è chiamato anche il Fiume dei Nove Draghi perchè proprio nel delta, verso cui siamo diretti, si divide in nove estuari prima di gettarsi nel Mare Meridionale Cinese. E? uno dei dieci grandi fiumi del pianeta, nasce in Tibet e attraversa altri quattro paesi, la Cambogia, il Laos, il Myanmar e Tailandia, prima di arrivare in Vietnam. Un percorso di oltre 4.500 kilometri durante il quale si permette uno stravagante colpo di testa. Nella stagione delle pioggie abbandona il suo percorso verso il mare e fa marcia indietro per riversare il sovrappiù di acqua, che altrimenti allagherebbe la zona del delta, dentro il lago Tonle Sap in Cambogia. Il placido lago cresce a dismisura, dai 2.700 kmq della stagione secca a oltre16.000 kmq, allagando i campi e le foreste circostanti e alzando di una decina di metri le centinaia di piccoli villaggi galleggianti intorno al più grande lago di acqua dolce del sudest Asiatico. Bizzaria e miracolo della natura.
Ci fermiano nella cittadina di My Tho, un vivace centro urbano fluviale, e prendiamo una motolancia che si dirige verso alcuni piccoli isolotti che scorgiamo in mezzo al fiume. Scendiamo su Con Phung, l?Isola della Fenice. Gli isolani sono agricoltori e pescatori, e le donne producono caramelle fatte con il latte di cocco che viene bollito in grandi taniche per ottenere un impasto denso che poi viene steso su tavoli di legno, lasciato raffredare e tagliato a quadretti che donne e bambine avvolgono in carta per la vendita. Prima di tornare sulla terraferma un barcaiolo, con in testa il tipico copricapo conico vietnamita, ci fa scivolare silenziosamente lungo i canali dell?isola e poi ci fermiamo per bere una tazza di dolcissimo tè al miele e assaggiare alcuni frutti locali come il longan, l?ananas, il pelmo ed il tiger fruit.
dello zio che fondò la religione
Altra mezz?ora di navigazione e ci fermiamo per visitare la Pagoda di Vinh Trang. All?uscita del bell?edificio ci viene incontro un signore anziano, vestito con una lunga tunica marrone. Occhi scintillanti, un bel sorriso e una barbetta bianca in perfetto stile Ho Chi Minh. Chiede a Chau, la nostra guida, se può fare una foto insieme a noi. Chau ci spiega che lui è il Coconut Monk, il capo della Coconut Religion, una fusione tra cristianesimo e buddismo, che fu fondata da suo zio agli inizi degli anni ?60. Si chiama Nguyen Thanh Nam, ha studiato ingegneria in Francia e ora ha 87 anni. Tira fuori dalla borsa una vecchia macchina fotografica e una foto dello zio il quale, si dice, si sia nutrito esclusivamente di noci di cocco per tre anni prima di essere messo in prigione dall?allora presidente del Vietnam Ngo Dinh Diem. Il Coconut Monk ci dice di essere vegetariano, che anche lui mangia molte noci di cocco e che ora i seguaci della Coconut Religion, che vivono sulle isole di fronte a My Tho, sono solo 3.000. Chiediamo a Chau se la sua presenza a Vinh Tan potrebbe infastidire i monaci che vivono e praticano il buddismo nella pagoda. Chau scuote la testa e ci spiega che c?è un totale rispetto per tutte le svariate forme di buddismo. ?Non c?è conflitto religioso in Vietnam,? ci spiega. ?Al ritorno da Can Tho, ci fermeremo per visitare un tempo Cao Dai e vi parlerò di questa religione molto praticata nel delta.? Salutiamo il Coconut Monk, ma non prima di aver promesso di esaudire un suo desiderio. ?Mi piacerebbe tanto avere una macchina fotografica digitale prima di morire,? ci dice con un sorriso.
Avendo attraversato il fiume su un traghetto arriviamo a Can Tho, la città più grande del delta, dove ci fermiamo per la notte al Victoria Can Tho Resort, un bel palazzo candido dai tratti coloniali sulle sponde del fiume. Il viaggio da Ho Chi Minh è stato lungo e allora decidiamo di mangiare nel ristorante dell?albergo. E non ci pentiamo della nostra decisione. Una cena squisita a base di specialità locali e con dell?ottimo pesce. La mattina, avendo fatto la colazione nel giardino dell? albergo a vista del febbrile traffico fluviale, raggiungiamo la darsena di Ninh Kieu dove sono ormeggiati il Bassac I e il Bassac II.
Il cordiale proprietario francese Benoit Perdu ci spiega che ha fatto costruire le tre navi (c?è anche un Bassac III) che sono fedeli ricostruzioni di un battello tradizionale vietnamita usato per il trasporto del riso. Il Bassac II, come le altre due navi, ha 12 cabine confortevoli con letti matrimoniali e singoli, un ristorante coperto e un ponte superiore dove rilassarsi e osservare la vita sul grande fiume. Si naviga lungo il fiume Bassac, il canale di Nicolai e il fiume Mang Thit, altro affluente del Mekong, per scoprire il fascino dell?intensa vita che si dispiega su queste autostrade fluviali e nei campi di canna da zucchero e di riso lungo i loro percorsi.
Quasi tutte le barche, sia quelle a motore che quelle che usano lunghe aste per spingere l?imbarcazione nelle acque poco profonde dei fiumi e dei canali, hanno caratteristici occhi rossi tondi sulla prua. Gli occhi del Mekong. Gli occhi di Buddha. Sulle barche si trasporta di tutto. In poche ore vediamo passare barche e chiatte con fiori e alberelli per il Tet, mucche, un maiale, tavole e sedie in legno massiccio, ananas e verdure. E naturalmente anche persone.
Su una grande chiatta è stato caricato un pagliaio talmente grande che gli occhi rossi sulla prua erano appena percepibili sotto la lunga frangia di paglia bionda.
Dopo il tramonto ci ritroviamo al ristorante dove viene servita un?ottima cena vietnamita con involtini fritti, gamberoni e spaghettini di riso saltati con verdure e poi a dormire nel silenzio più assoluto, a ricordo di quanto siamo lontani dal mondo di tutti i giorni. A contatto con un altro mondo affascinante dove i colori, i sapori, i modi gentili ed i sorrisi della gente regalano emozioni che difficilmente si possono raccontare ma che sono destinate a rimanere per lungo tempo dentro il cuore.
La mattina dopo per la prima colazione ci aspetta una grande ciotola di Pho Bo, un fumante brodo con carne, spaghettini, basilico ed altre erbe aromatiche, gentile omaggio dello chef al quale la sera prima avevamo espresso la nostra passione per questo piatto tipico di Hanoi, mentre gli altri passeggeri preferiscono tazze di caffè e croissants, e si riprende la navigazione verso il nostro punto d?arrivo, la cittadina di Cai Be.
Prima di sbarcare passiamo in mezzo ad un mercato galleggiante dove gli scambi commerciali avvengono su imbarcazioni di ogni tipo e misura che si spingono e si affiancano inverosimilmente all?inseguimento dei compratori.
Ci colpiscono le lunghe aste di bambù issate sulle prue sulle quali vengono legati ortaggi che indicano quale merce è in vendita. E ci viene da pensare quanto siano più efficaci ed umani rispetto alla nostra volgare segnaletica al neon.
Scesi a Cai Be visitiamo una fabbrica di sale e un laboratorio dove viene prodotto il riso soffiato. In fondo ad un?enorme padella, sabbia nerissima viene scaldata ad una temperatura molto alta. Quando l?operatore decide che la sabbia abbia raggiunto la giusta temperatura nella padella, versa il riso. Che in pochissimi secondi incomincia a scoppiettare. Finito lo scoppiettio riso e sabbia vengono passati attraverso un grande setaccio che elimina la sabbia che verrà riutilizzata per la prossima ?cottura?.
Camminando lungo le stradine del paese incontriamo tanti bambini. Sono a casa per la festività del Tet. Giocano a campana o con la palla. Giochi semplici come quelli che facevano i nostri nonni. Qualcuno si avvicina. Non per chiederci qualcosa, ma per stenderci la mano timidamente, scambiare due parole in inglese ?Hello, madame,? e regalarci quei meravigliosi sorrisi che in Vietnam sono il marchio di qualità di un popolo che ha conosciuto tante avversità ma per il quale il rapporto con il prossimo e le cose più semplici e genuine della vita sono ancora alla base di tutto.
Incontriamo anche una donna accovacciata per terra che sta tagliuzzando carne di maiale con un grande macete. Intorno a lei, appesi sulle ringhiere di ferro, c?è un delirio di salsicce. Chau, la nostra guida, parla con la donna che spiega che basteranno due giorni per farle asciugare al sole e che così saranno pronte per finire sulla tavola per le pantagrueliche cene del Tet.
Sulla strade del ritorno ci fermiamo per visitare un tempio Cao Dai. Colorato. Coloratissimo. Tanto colorato e bizzarro che pare uscito da un parco a tema Disney.
Il Caodaismo, fondato negli anni ?20 da un mistico vietnamita come ?religione perfetta? unisce alcune religioni tra le quali Cattolicesimo, Buddismo, Confucianesimo e Taoismo e oggi conta più di due milioni di fedeli. Il tempio più importante, la Santa Sede del Caodaismo, si trova vicino a Tay Ninh, ad un centinaio di chilometri da Ho Chi Minh City.
Sopra i portici principali dei templi si trova l?Occhio Divino, che troneggia anche sopra gli altari insieme ai ritratti di Siddharta, di Laozi, il monaco che fondò il Taoismo, di Confucio e di Gesù Cristo, mentre altri personaggi di riferimento per i fedeli sono il rivoluzionario Sun Yatsen, il poeta Nguyen Binh Khiem e lo scrittore francese Victor Hugo.
(foto: Caravelle Hotel)
Torniamo a Ho Chi Minh e allo storico Hotel Caravelle. Il più esclusivo della città, quello che fu il ritrovo preferito dei corrispondenti della stampa estera durante la ?Guerra Americana,? e che quest?anno festeggia i suoi 50 anni. A fianco della candida sagoma Belle Epoque del Teatro Municipale, che ricorda il Petit Palais parigino, le due torri del Caravelle (quello originale di 10 piani e quello nuovo di 24 piani) ci accolgono all?insegna del lusso e del massimo confort. E la giornata finisce al Saigon Saigon Bar, una bella terrazza sul tetto del vecchio edificio, quella terrazza dalla quale, durante gli anni del conflitto, i corrispondenti tenevano d?occhio la città, e che oggi è il bar più panoramico e trendy di Ho Chi Minh City.
Bassac Cruises www.transmekong.com
Caravelle Hotel, Ho Chi Minh City www.caravellehotel.com