GIUSEPPE GARBARINO



Quarta edizione del Florence Wine Event. Non è ancora maggiorenne, ma già da piccola (la manifestazione n.d.r.) fa le cose in grande. Siamo a Palazzo Pitti, tanta pioggia fino a poco fa, ma finalmente su quella pietra grigia chiamata ?serena? che lastrica il grande cortile, come se il nome fosse un presagio, arrivano dei timidi raggi di sole che finalmente riscaldano il corpo e la mente. Altro che degustazioni di vino, ci voleva il vin brulé per sopravvivere a tutto quest?umido che sicuramente non ha aiutato l?importante e bella manifestazione enologica sotto l?egida di Oltrarno Promuove e organizzata da Promowine con l?intervento di Riccardo Chiarini. Tanti i promotori dell?inizitiva, dalla Camera di Commercio, al Florens 2010 e la Biennale di Enogastronomia.

Rotto il ghiaccio e arrivato un poco di sole, diventa più piacevole aggirarsi tra i selezionati espositori e con tanto di calice in mano inizio a curiosare tra le etichette alla ricerca di qualcosa di speciale. Non sono certo il solo ad muoversi da una parte all?altra del grande cortile, dove l?acqua forma tanti specchi, dove si riflettono i grandi archi e gli stand degli espositori, protetti sotto il loggiato.

Osservo la piantina degli espositori, lato destro e lato sinistro del cortile, i vini, rossi e bianchi, sono invece mescolati.  E? interessante curiosare alla ricerca dell?etichetta intrigante, del nome sconosciuto o quanto meno accattivante e poi, con un sorriso, allungare il calice, osservare il nettare rosso rubino che si deposita sul fondo, fino a riempire circa un terzo del bicchiere, avvicinare il tutto e cercare di trovare quelle essenze che i grandi sommelier riescono ad identificare, separandole le une dalle altre e, quasi recitando, declamare i vari sentori di fragola, corbezzolo, mela ?

Castello Ginori di Querceto
Montecatini Val di Cecina

La regola vorrebbe che il vino venga trattenuto in bocca qualche secondo per cogliere le sensazioni gustative (dolce, amaro, salato e acido). Solo dopo la deglutizione, sarà possibile percepire gli aromi per via ?retro nasale?, potendo quindi cogliere quelle sottili sfumature e il gusto. Detto così non sembra difficile e in mezzo a tanti esperti mi sembra di essere anche io uno di loro.

Trovo tanti nomi noti, in alcuni casi addirittura secolari, nella loro tradizione di produzione vinicola, come Castello di Poppiano, Fattoria Le Corti Principi Corsini e le Tenute Guicciardini Strozzi.

Quello che attira di più sono però quei vini che hanno intorno alla produzione un insieme di situazioni cercate e non nate per caso, un qualcosa che renda unico il luogo dove crescono le vigne, sinergica la produzione, precisa l?attenzione alla natura e all?ambiente. Oggi, non si può più prescindere dal porre attenzione a tutta una serie di fattori che collimano intensamente con una produzione vinicola; questa deve essere impostata verso canoni che consentano di mantenere e rafforzare il mercato nazionale ed estero.

E? il caso de I Balzini, una bella realtà che si nasconde nella Val d?Elsa, in quella località, sconosciuta ai più, che si chiama Pastine. Li la terra è generosa, il terreno è per lo più composto da tufo sabbioso e, in alcuni punti, è ricco di fossili e di un?arenaria grossolana che racconta di come quelle terre fossero, millenni di anni fa, fondali marini, scogliere coralline e spiagge tropicali. In questo retaggio geologico si nasconde il segreto dei vini che qui vengono prodotti.


Ma I Balzini non hanno giocato solo su questo aspetto; la famiglia D?Isanto ha saputo giocare bene ogni partita, anzi ogni vendemmia, migliorando a colpi di investimenti, credendo in quello che facevano, come la costruzione di una moderna cantina, la conversione al fotovoltaico e la scelta degli enologi per ottenere vini come I Balzini Green Label 2008.

Continuiamo a curiosare, oltre alle etichette di casa nostra, dove si presentano prepotentemente  gli associati del Consorzio Vino Chianti Classico, scopriamo gli ospiti stranieri, i vini della Cantina di Cormos o il Cecilia di Campo nell?Elba.



Intanto la postazione del FISAR (Federazione Italiana Sommelier) è assediata in attesa che alle 17,30 parta la degustazione guidata; si forse è meglio, magari con un esperto eviti di bere senza un criterio logico, confondendo etichette e senza un senso logico di gusti e sensazioni.

Attendo qualche minuto ma decido di lanciarmi nuovamente da solo nell?avventura enologica. Le mie dodici degustazioni sono arrivate alla metà, mi osservo intorno alla ricerca di un nome o un volto conosciuto. I vini delle colline li ho già sentiti, quelli friulani pure, cosa mi potrebbe mancare?


.
Intanto mentre guardo gli espositori dei vini biologici, noto il grande bassorilievo dov?è raffigurato il mulo che qualche secolo fa lavorava alla costruzione del palazzo, laggiù in fondo al loggiato di sinistra. Certo che di fatica deve averne fatta tanta, si è meritato addirittura un monumento nel palazzo granducale, forse per lavorare gli facevano bere il vino. Intanto mi assale un dubbio: ma i granduchi che vino bevevano? Sicuramente il loro; non mancavano certo di fattorie e vigneti, ma il gusto, l?aspetto organolettico come sarà cambiato nel tempo? Sarebbe interessate approfondire.


Ad ogni modo il vino rosso, è accertato, fa bene. Non per nulla i nostri vecchi dicevano che il vino faceva buon sangue, certo, basta non confondere le due cose, bere poco e bere bene, questo è il motto del nascente millennio. Ricordo ancora, quando, alcuni anni fa, ai Castelli di Grevepesa, il Prof. Rossi Ferrini, medico, ma soprattutto grande produttore di vino mancato, asseriva che l?introduzione del ?rosso? nelle corsie degli ospedali non poteva fare che bene. Uno, forse due bicchieri al giorno, un toccasana per tutta una serie di malattie. Mi sono perso; che sia l?effetto dell?alcol? Eppure rincorro gli assaggini per equilibrarne l?effetto.

Ecco la mia ultima tappa, questo vino lo conosco bene: Marchesi Ginori Lisci del Castello di Querceto. Il Macchion del Lupo Montescudaio DOC è eccezionale. Finiamo in bellezza!