Testo di ANNA MARIA ARNESANO e Foto di GIULIO BADINI
Forse perché situate dall?altra parte del globo, sappiamo ben poco della miriade di isole e isolette disseminate nel sud dell?immenso oceano Pacifico (che poi in realtà tanto pacifico non è, se risulta capace di produrre onde alte fino a 34 m, cioè un palazzo di 12 piani) al largo della costa orientale dell?Australia, ma ne subiamo comunque il fascino romantico trasmessoci da innumerevoli racconti di intrepidi navigatori, di interessati esploratori e di affascinati scrittori e pittori, ma anche da accattivanti reportage. Alcune di queste fanno parte della Melanesia, alla lettera la terra dei neri, nome che distinguere i suoi abitanti originali dalla pelle nera e dai capelli crespi da quelli della Micronesia e della Polinesia, gli altri due mega arcipelaghi del Pacifico meridionale, migrati in questi atolli dal sudest asiatico in epoca preistorica. Tra le terre formanti la Melanesia (Nuova Guinea, Salomone, Figi, Vanuatu e Nuova Caledonia), meritano una particolare attenzione queste ultime due, per la loro intrinseca bellezza paesaggistica, per l?elevato pregio naturalistico e per il rilevante interesse antropologico.
A differenza di tutti gli altri arcipelaghi del Pacifico, formati da un insieme di isole di ridotte dimensioni, la Nuova Caledonia risulta composta da un?unica notevole lingua di terra lunga e stretta, la Grande Terre grande quanto il Veneto, solcata da una linea centrale di montagne ricoperte da un?intensa foresta pluviale, e da poche isole minori. E, ancora a differenza di tutte le altre isole pacifiche composte da lave vulcaniche o da depositi corallini, e quindi relativamente recenti come emersione, essa risulta formata da rocce antichissime vecchie di quasi 200 milioni di anni, tanto da ospitare ingenti giacimenti minerari, come i maggiori depositi al mondo di nichel, e poi ferro e cromo. Scoperta dal capitano inglese Cook nel 1774, ha visto passare europei di tutte le nazioni, ma dal 1883 è annessa alla Francia come territorio d?oltremare, il più lontano dalla madrepatria. Un terzo dei suoi 250 mila abitanti è di origine francese, mentre gli indigeni melanesiani di cultura konaki, capaci di mantenere intatte le loro antiche tradizioni e la religione animista, sono oggi in minoranza; metà della popolazione vive nella capitale Noumèa. Grazie alle rilevanti dimensioni e al suo prolungato isolamento risalente a lontane epoche geologiche, essa ha conservato un?intensa diversità biologica, con non pochi endemismi, da farne un autentico paradiso naturalistico: su 3.400 piante ben 2.400 crescono soltanto qua e anche il 30 % degli animali sono endemici, primi tra tutti il raro dugongo e le tartarughe verdi marine.
Oltre a spiagge d?incanto bianche e rosa, lagune azzurre e turchesi e pini verdi colonnari alti fino a 40 m, soprattutto nella selvaggia costa orientale, possiede anche la seconda barriera corallina più grande del mondo, dopo quella australiana, lunga ben 1.500 km, che forma attorno all?isola principale una laguna grande quanto il Piemonte, fonda in media 25 m, riconosciuta nel 2008 per la sua eccezionale biodiversità dall?Unesco come Patrimonio dell?Umanità. La capitale, fondata nel 1854 sulla punta meridionale dell?isola tra colline e mare, è una moderna città multietnica di stile franco-kanako e importante porto commerciale; da non perdere il centro culturale, opera di Renzo Piano dedicato alle etnie indigene, il ricco acquario, la cattedrale gotica, il folcloristico mercato e il quartiere latino pieno di localini e di vita.
In un contesto ambientale con montagne alte fino a 1.800 metri, vulcani attivi, fumarole e sorgenti termali, fiumi, laghi, cascate, caverne, falesie, canyon e il solo vulcano attivo del mondo dove si può salire in fuoristrada fin sull?orlo del cratere. La maggior attrazione è però rappresentata dagli indigeni Nambas, un centinaio di tribù che abitano in piccoli villaggi di capanne nella foresta ad un livello di civiltà fermo alla preistoria, con il fuoco ancora acceso sfregando due legnetti. Le donne indossano gonnelline di rafia e foglie, gli uomini un minuscolo perizoma oppure soltanto un astuccio penico. Le funzioni delle vesti la compiono le scarificazioni e le argille colorate, spesso cosparse in tutto il corpo, le maschere o le piume degli uccelli di cui si adornano. Ricevono volentieri gli stranieri, anche se sono gli ultimi cannibali della terra, non per mangiarli ma per potersi esibire nelle loro pregevoli danze e raggranellare qualche mancia per poter mandare i figli a scuola. Il cannibalismo ? ufficialmente bandito dal governo, ma ancora praticato nei villaggi più remoti – costituisce per loro una pratica essenzialmente rituale, esercitata soltanto nei confronti dei nemici vinti o dei membri reprobi della tribù.
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