LUISA CHIUMENTI
Una grande apertura del nuovo allestimento delle sculture della Collezione Farnese ha richiamato al Museo Nazionale di Napoli, l?attenzione degli studiosi, del grande pubblico e delle scolaresche su quello che è stato un attento, capillare, appassionato progetto condotto a termine da un gruppo di lavoro coordinato dal professor Carlo Gasparri della Università Federico II di Napoli e dalla Soprintendenza.
La prestigiosa collezione, la cui intera disponibilità è scaturita dal pur lento lavoro di acquisizione che, come sottolinea Giovanni Guzzo (Soprintendente Archeologo di Napoli e Pompei, nella Prefazione al corposo Catalogo Electa), si è disvelata ?dalle oscurità della terra o dall?oblio di un magazzino?, ma a volte anche da ritrovamenti fortuiti, pone oggi il visitatore dinanzi a momenti essenziali della storia della conoscenza dell?Antico.
Sono state infatti, attraverso l?analisi attenta dei vari ritrovamenti, ripercorse le fasi e le singole vicende di ogni scultura (statue, frammenti architettonici, gruppi scultorei), dalla
acquisizione farnesiana, con le successive perdite, ritrovamenti, restauri inopportuni ed oculati ripristini dell?opera originaria.
La collezione, iniziata dal cardinale Alessandro fu proseguita, alla sua morte, dal pronipote Odoardo nel 1589, che ne realizzò il relativo allestimento nell?ambito di un preciso progetto decorativo nell?allora appena ultimato, prestigioso palazzo di Campo de? Fiori.
Nacque così, proprio in quel periodo, l?allestimento della Galleria realizzata nell?ala sud-occidentale del Palazzo ed affrescata da Annibale Carracci con temi mitologici tra il 1597 e il 1600, divenuta il ?punto focale ? della Collezione. Qui vennero raccolte quelle sculture che (come erano le tendenze negli allestimenti del tempo), venivano considerate più rare e di maggior pregio. Esse furono collocate entro nicchie disposte lungo le pareti lunghe della Galleria, così come sarebbero apparse ancora disegnate nelle stampe tardo-secentesche di Pietro Aquila e in quelle settecentesche di Giovanni Volpato.
Il trasferimento a Napoli era poi avvenuto ad opera della nuova dinastia Borbonica.
Ma fermiamo lo sguardo in particolare su qualcuno degli splendidi esemplari visibili nel nuovo allestimento di Napoli. Ecco ad esempio la Statua di Artemide Efesia, appartenente al nucleo costitutivo delle antichità farnesiane, poiché era già presente nell?inventario redatto nel 1566 in occasione della morte del cardinale Ranuccio. La statua rivestì un tale interesse anche da parte dei grandi artisti del Rinascimento, che la si potè vedere riprodotta da Raffaello nella iconografia della Filosofia nella Stanza della Segnatura dei Vaticani. Molti i dettagli di studio approfondito che chiariscono i vari particolari della figura. Tra essi troviamo particolarmente interessante segnalare come, dopo tanta fama, per un periodo la statua venne messa da parte e tale disinteresse sarebbe stato dimostrato dal fatto che la statua acefala, ? non fu mai restaurata fino all?epoca del suo trasferimento a Napoli, allorquando fu affidata all?Albacini che provvide ai rifacimenti in alabastro, mentre la testa e gli arti furono realizzati in bronzo dal Valadier .?
Ma le mani tuttavia, che si possono vedere oggi, sono opera di un intervento successivo dovuto al danno provocato da un atto vandalico probabilmente riconducibile alla occupazione francese (cfr. Catalogo cit.).
Invitando dunque il lettore ad una accurata visita delle splendide sale del Museo Archeologico di Napoli, che accolgono oggi la collezione completa, è da sottolineare la preziosità dei due volumi del Catalogo, a cura di Carlo Gasparri (testi di Carmela Capaldi e Stefania Pafumi ? fotografie di Luigi Spina ? ed. Electa 2009), che accompagnano la visita con una indagine capillare sulle vicende di ogni pezzo esposto.
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