LUISA CHIUMENTI
Il Complesso del Vittoriano ospita una mostra di carattere storico, artistico e archeologico che vuole far conoscere una grande ricchezza del nostro territorio, le mura poligonali, sconosciuta ai più. Oltre 100 le opere esposte tra incisioni, litografie, disegni, acquarelli, stampe, olii, libri, lettere, fotografie d?epoca, mappe, planimetrie, scenografie, pannelli, gigantografie e video, che ripercorrono e ricreano per la prima volta insieme la storia, il mito, le vicende e le ipotesi archeologiche, le suggestioni esercitate sui viaggiatori dell?Ottocento e non solo, delle mura megalitiche presenti nel Lazio meridionale.
Una mostra che ha grande suggestione per il suo allestimento, che, attraverso immagini a grandezza naturale, fa cogliere in modo quasi fsico e tattile, la possanza delle mura , che ancora si possono vedere in tanti luoghi del Lazio, come ad esempio Alatri o Norba e così via.
Ed è moltogiusto ricordare, come ha fatto De Rossi nel suo saggio in Catalogo la descrizione che a suo tempo dette Ferdinand Gregorovius, grande storico, viaggiatore e scrittore tedesco in visita, nella metà dell?800 in Italia, fa delle mura poligonali di Alatri: ? Quando vidi queste pietre nere e titaniche che sono conservate così bene, come avessero soltanto degli anni, invece di essere antiche di millenni, la mia ammirazione per la potenza umana, divenne molto più grande di quando avevo visto il Colosseo a Roma, perché in un?epoca di cultura avanzata, provvista di mezzi meccanici, si possono costruire anfiteatri o terme come quelle di Caracalla e di Costantino senza che i muscoli dell?uomo vengano sottoposti ad uno sforzo eccessivo e neppure le mura Dionisiache a Siracusa, la più grandiosa costruzione di questo genere che avessi visto prima di allora, mi hanno stupito.
Perché qui ci troviamo di fronte a mura delle quali ogni pietra non è un blocco quadrato, ma una vera roccia levigata, di forma irregolare a molti angoli, e quando stupiti ci chiediamo qual era il sistema che permetteva di mettere l?uno sopra l?altro questi enormi massi, capiamo ancora meno come fu possibile porre questi poligoni in modo così perfetto che si inseriscono esattamente l?uno all?altro, senza bisogno di riempire gli interstizi, sì da farne un ordinato e gigantesco mosaico. La leggenda fa risalire queste antichissime costruzioni latine ai tempi di Saturno e con ciò gli fa oltrepassare il confine della civiltà storica. Le indagini scientifiche però, che si occupano tanto in Italia dei popoli Indo-Germanici e dei Pelasgi, devono ammettere di ignorare chi possa aver costruito queste opere; nel guardarle ci si convince che uomini che sapevano costruire mura simili, dovevano già essere in possesso di una notevole tecnica e vivere in condizioni sociali ben ordinate?.Se si volesse far concordare la forza degli uomini in rapporto alle dimensioni di queste costruzioni, si dovrebbero pensare che fossero dei giganti, sia quelli che le hanno elevate, che quelli che le assalivano con violenza. Queste opere però indicano soltanto il periodo del colossale, con il quale inizia la civiltà umana presso tutti i popoli ed in tutti i continenti, finchè dalla grandezza materiale si giunge a produrre ciò che si può fare con mezzi perfezionati, cioè cose belle ed artistiche. Anzi non si dovrebbero far risalire queste opere ciclopiche ad un periodo troppo remoto; può darsi che venissero costruite nel Lazio quando Roma era già stata fondata, il passo da questa costruzione poligonale alle mura quadrate degli Etruschi e dei Romani non è poi tanto grande?.
Di grande interesse è poi l?analisi che lo studioso coglie della struttura stessa di queste costruzioni , che si può cogliere in un?altra parte del suo saggio in cui così si esprime: ? Il primo elemento che, salvo poche eccezioni, caratterizza la costruzione a grandi blocchi è, nel caso specifico, la materia prima che, stando alle parole di Vitruvio, il grande architetto del I sec. a. C., era il silex, cioè la pietra dura: per l?area qui interessata si trattava sostanzialmente del calcare. Dal passo vitruviano è stato preso lo spunto, in ambito scientifico, per coniare il termine opus siliceum, altrimenti non ricordato dalle fonti classiche: il termine serviva, in realtà, solo a superare con maggiore credibilità definizioni, trasudanti suggestione, quali opera ciclopica, pelasgica, saturnia. Un compromesso terimonologico, che ha finito però per privilegiare un solo aspetto della struttura, è stato trovato con le definizioni di opera poligonale o poliedrica, basandosi sull? esclusivo riferimento alla forma geometrica della facciavista dei blocchi e non alla volumetria generale: nello spirito di questo lavoro si userà, per comodità, il termine di ?muro poligonale?.
Una mostra è da vedere con cura, ma anche da andare a ?ripercorrere?, lungo le grandi vie del Lazio, considerando tutti i numerosi restauri che, attraverso il tempo, sono stati compiuti e di cui, in mostra, si trova un interessante, specifica documentazione, attraverso perizie, sopraluoghi e fotografie.
Quattro le sezioni della mostra, che si avvale di un corposo catalogo, a cura di Alessandro Nicosia e Maria Cristina Bettini, edito da Gangemi Editore, che si pregia del contributo scientifico di numerosi studiosi.
La mostra è arricchita dai filmati provenienti da Rai Teche e dai numerosi documenti forniti dall?Archivio di Stato di Frosinone, con il prezioso contributo operativo COTRAL.
Per informazioni: tel. 06/6780664
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