MASSIMO BERTI

Viene la pelle d?oca nel sentire che la fine di uno dei più grandi attori comico-drammatici del cinema italiano si sta avvicinando.
Cerchiamo di trovare distrazione e sollievo nei suoi intramontabili racconti cinematografici.
Abbiamo lasciato il Principe alle prese con il “solito” successo targato “Letto a tre piazze”.
Il 1961 incomincia sotto il segno della rottura, a causa dei diverbi ormai giunti al culmine tra Totò e il regista Mario Mattoli.
L?ultimo film girato insieme si intitola “Sua eccellenza si fermò a mangiare”, e la critica tributa all?attore napoletano buoni giudizi? una volta tanto.
L?età non vieta certo a Totò di prendere parte alle sue usuali quattro, cinque pellicole in un anno. Infatti, vengono sfornati “Totò, Peppino e la dolce vita”, rivisitazione in gran parte censurata de “La dolce vita” felliniana, ma non mancano le vere perle, regalateci in “Totòtruffa ?62″, e “I due marescialli”.
“In Totòtruffa ?62″, un altro attore napoletano, Nino Taranto, recita accanto a Totò per la prima volta.
La famosa vendita della Fontana di Trevi, i due imbroglioni travestiti da Fidel Castro e signora, il Principe vestito da donna che cerca di non pagare l?affitto? il duo comico funziona veramente bene e l?esperienza verrà ripetuta per altre cinque pellicole.
Ritroviamo tutta la maestria di Totò, completata da cotanto genio quale è Vittorio De Sica ne “I due marescialli”, dove il nostro deve vedersela con le atrocità della seconda guerra mondiale nel suo tragico epilogo italiano.
Il rispettoso e riflessivo sorriso che la coppia Totò-De Sica sanno donare, soprattutto di fronte ad argomenti tanto scottanti, è certamente un toccasana senza quasi precedenti.
Il 1962 è l?anno di “Totò diabolicus”, “Totò contro Maciste”, “Totò e Peppino divisi a Berlino”, “Lo smemorato di Collegno” e “I due colonnelli”.
Totòtruffa ?62
Guizzano lampi di vero estro creativo nei sei personaggi che il Principe interpreta nel primo film, la parodia mitologica e satirica che sempre diverte ed allieta, non tanto grazie a trama e sceneggiature laconiche ma quanto grazie a Totò, è il concetto di base del secondo titolo, dove Totò è ancora in coppia con Nino Taranto.
La coppia d?oro Totò-Peppino ritorna per l?ennesima volta sullo schermo con il terzo dei titoli sopra citati, ma questa volta il colpo non parte bene e non fa pieno centro nel cuore del pubblico, mentre certo è più apprezzabile lo sforzo interpretativo che il Principe De Curtis mette nella ricostruzione di una storia vera: il processo ad un reduce della prima guerra mondiale che aveva completamente perso la memoria e che si svolse a Pollenza nel 1927.
Risulta tanto raro trovare entusiasmo critico nell?opera di Totò, che i commenti a “I due colonnelli” devono certo essere citati:
Scriveva Valentino Di Carlo:
” Totò è sempre Totò: un modo di dire piuttosto convenzionale ma esatto. I produttori si ricordano di lui soltanto per tenere in piedi ignobili intrugli con intenzioni comiche: ma è raro che, nonostante queste, Totò non si permette in ogni filmetto almeno una scena degna delle sue doti di grande attore”.
Su Il Messaggero di Roma a firma “vice”:
“?Su questa trama fluida e vaga come un canovaccio di commedia dell’arte, Totò ricama con esuberante genialità e con grande efficacia espressiva, una delle sue più riuscite interpretazioni, riuscendo a conferire al tempo stesso al personaggio note umane che gli danno dimensioni più vaste e autentico calore vitale?”.
Totò contro Maciste
L?ultimo film che Totò interpreta con Nino Taranto e Macario è “Il monaco di Monza”, datato 1963.
La trama, parodia della più celebre Monaca di Monza manzoniana, vede impegnato Pasquale, ciabattino che fabbrica solo scarpe destre, in una fuga dal paese natio, travestito da frate.
Con l’amico Mamozio (Macario) e con i suoi dodici figli che fa passare per “figli della Provvidenza”, Pasquale viene ospitato da don Egidio nel suo castello dove tiene segregata la bella Fiorenza per costringerla a sposarlo? immaginatevi le situazioni comiche e i duetti, seppur grossolani, resi ben godibili grazie a De Curtis e Taranto?
Il Principe torna al genere storico-satirico con “Totò e Cleopatra”, ma gli appuntamenti al cinema incominciano a diminuire e lo ritroviamo nel 1964, con “Che fine a fatto Totò baby”.
Il film non è un successo, anche perché il Totò crudele e omicida non viene gradito dal pubblico.
Piace il “Totò d?Arabia”, del ?65, ma anche un Principe della risata come Totò inizia a ridere un po? meno, e ad essere più stanco del solito.
La trasposizione cinematografica,”La mandragola” tratta dall?omonima opera di Macchiavelli, poteva certamente essere un?intensa prova per Totò, ma la censura e i non pochi problemi incontrati durante la lavorazione del film, fanno sì che le già poche scene destinate al comico partenopeo vengano tagliate, e reinserite soltanto anni più tardi dal regista Lattuada.
L?ultimo, vero e grande dono di Totò, osannato dalla critica ma non dal pubblico, è rappresentato dalla sua splendida interpretazione in “Uccellacci e uccellini”.
Pasolini sfrutta le note capacità dell?attore e di Ninetto Davoli, ed è trionfo.
Grazie a quest’ultimo film, Totò si aggiudica una menzione speciale della giuria del Festival di Cannes, il Globo d’oro dei critici stranieri in Italia e il Nastro d?Argento del sindacato dei giornalisti cinematografici.
Agli inizi del 1967, il Principe prepara una serie televisiva, interpretando, negli studi del Teatro delle Vittorie a Roma, gli episodi di“Tutto Totò”, che riproporranno al pubblico gli sketches più significativi della sua carriera teatrale.

Nonostante non si fermi mai, però, quel genio comico italiano che tutti noi abbiamo conosciuto come Totò, sta arrivando a grandi passi alla fine dei suoi giorni su questa Terra?
I due marescialli