LUISA CHIUMENTI



? Francesco Palpacelli. Polarità Emittenti ? Captanti ? è stata una mostra antologica che, allestita a Roma presso l?Acquario Romano  ( piazza Manfredo Fanti, 47 ) , sede de ?La Casa dell?Architettura?, è poi approdata in un corposo volume edito da Gangemi e curato da Massimo Locci,  con scritti di Margherita Guccione, Guido Martini, Alessandro Pergoli Campanelli, Luigi Prestinenza Puglisi, Aldo Loris Rossi, Alessandra Muntoni, Giorgio Muratore, Amedeo Schiattarella,  Lorenza Trucchi ( l? allestimento della mostra è stato curato da  Sergio Bianchi ).
Una ben articolata ? integrazione interdisciplinare?, formulata attraverso una sintesi di riferimenti colti e prosaici, caratteristica di una identità complessa, come quella di Palpacelli, è stata messa a fuoco e bene e chiaramente analizzata ed espressa sia nella mostra che nel volume.


La sua persona piuttosto schiva ha impedito che egli si prefigurasse come capo-scuola, ma fortemente  consapevole fu comunque il suo  impegno nello studio di quella che poteva essere l?attuazione di una svolta nel miglioramento  dei processi costruttivi, partendo certamente da una ricerca teorica e sperimentale, ma ?ponendo lo spazio fisico al centro della propria ricerca formale?.

Franco Palpacelli, grazie all?insegnamento dei suoi maestri (gli architetti Libera e Vaccaro) e al rapporto con i suoi amici-colleghi (Avenali, Scialoia, Musmeci, Monti) appare come  uno degli assertori più convinti della ? visione zeviana? che pone al centro la ?necessità? di legittimare l?architettura e la sua storia ?vicino alla musica, al cinema, al teatro, alla letteratura, alle scienze?.

Ed ecco come, uomo di cultura, studioso e ricercatore appassionato, egli riuscì a realizzare nel suo Studio un vero e proprio ?cenacolo?, in una Roma   in cui venivano così ad incontrarsi, in uno stimolante e vivace scambio di esperienze : musicisti  e critici, pittori e  poeti , tutti di grande calibro e di risonanza internazionale ( da Corneille a  Pedro Cano a Guido  Strazza, Gatto, Scarpa,  Pellegrin , Bradley, Trucchi e  Berenice).


Ma  non è solo l?architettura che lo avvince, sarà anche l?astronomia e la botanica ( la cui passione condivise con Sergio Musmeci ), di cui studiava le possibilità di resa morfologica, insita nelle possibili ?valenze geometrico-spaziali?.

?La carica partecipativa, la pratica ecologica, l?antimonumentalità  e il linguaggio instabile?  sono le peculiarità dei nuovi movimenti, che stimolano in particolare l?interesse di Palapacelli, mentre ciò che lo lega al Movimento Moderno è tutto quello che è insito nel dettaglio costruttivo, nella essenzialità della struttura che equivale alla forma, e in tutto ciò che la fa essere al tempo stesso inserita nello spazio con la massima flessibilità, mantenendo la tendenza ad essere anche polifunzionale e ad a trovare il proprio inserimento con la massima fluidità.


?I suoi sono spazi da scoprire per differenza, come negativo della compenetrazione volumetrica; architetture metamorfiche aderenti alla visione della “forma aperta” e che, non solo metaforicamente, accettano l’accostamento stridente, anche incongruo, di pezzi diversi?.

Le sue opere infatti non sono mai chiuse entro schemi precisi, ma anzi a volte si pongono quasi in contrapposizione con il contesto, com?è il caso delle  torri idrauliche,  costituendo una sorta di  ?aggressivo land-mark paesaggistico?.

E come ben sottolinea l?architetto Massimo Locci, ?Avvicinandosi, scoprendo le composizioni dall’interno, veniamo immediatamente attratti dalla loro consistenza “primitiva”, intesa come adesione al linguaggio dell’essenzialità totemica e alle leggi della variazione formale e dell’aleatorietà?.