Testo e Foto di TERESA CARRUBBA


L’antica cittadella di Shali

Il lungo viaggio in macchina non ci aveva fatto presagire nulla di quell?incredibile realtà che avremmo trovato a Siwa, se non negli ultimi chilometri quando l?esile lingua d?asfalto all?improvviso s?insinua come una lama d?acciaio a spaccare in due il deserto. Andatura lenta, lentissima, anche se non c?è ombra di veicoli di nessun genere. Per non disturbare il silenzio, forse, per non interrompere la linea piattissima di quella sabbia indurita dal sole fino a formare una sottile crosta lucente, infuocata da un tramonto senza pari. E lo sguardo si abitua a quelle forme senza sbalzi, fino a quando in lontananza si scorge un rilievo frastagliato, quasi un gioco della sabbia, stesso tono di ocra chiuso. Da più vicino si fanno chiare delle silhouette inconfondibili, musi di cammelli contro il sole che si arrossa, ombre cinesi, graffiti ancestrali. Poi, tutto ritorna piatto, familiare, rassicurante. E l?emozione serpeggia sottopelle, tenuta a bada da quella tranquillità. Tutto esplode alla fine di quel paesaggio, quando il deserto si apre all?annunciata oasi: Siwa.

Particolare di Shali
    Già dal primo impatto l?emozione si fa stupore, incredulità. Il crepuscolo ha smussato i profili delle casette di fango e anche i toni della vita quotidiana, lasciando come unico segno un pittoresco viavai di carretti scossi dal trotterellìo di magri asinelli. Portano a casa soprattutto uomini, in lunga tunica bianca, raramente affiancati da una donna coperta dai drappi tradizionali e con il viso nascosto da un velo nero. Nessun rumore, solo lo scricchiolìo delle ruote  su un asfalto ormai freddo.  In che epoca siamo, qui?  Difficile a dirsi. Di certo un tempo senza compromessi in cui i siwani dividono la loro casa con la storia , vicini come sono ai ruderi millenari di templi, fortezze e necropoli. Proprio lì, a due gradini dalla piazza principale c?è la Fortezza di Shali, la fonte della vita, quella di Siwa, almeno, visto che si tratta del primo nucleo di abitazioni attorno a cui poi si è sviluppato tutto il resto.

Il Gebel Al-Mawta, il Monte dei Morti
    
Forme naif, molto vicine a quelle create facendo colare sabbia bagnata sotto il solleone, apparentemente effimere come la favola e il mito, ma resistenti da allora ai nostri giorni. Lo stesso giallo sabbia che si illanguidisce al sole calante per poi impreziosirsi la notte, grazie ad una sapiente illuminazione che rende quelle forme paradossalmente avveniristiche, simili a dischi volanti.

Sempre a sovrastare il paese, Il Gebel Al-Mawta, il Monte dei Morti, scrigno mistico di tombe risalenti al periodo compreso tra l?era tolemaica e quella romana per gli ultimi regnanti che fecero di Siwa un appoggio strategico. Fuori piccole aperture simili alle colombaie delle necropoli etrusche, all?interno alcune tombe si aprono con la dignità dell?arte con affreschi raffiguranti divinità egizie.
    
I ricchi palmeti di Siwa
visti da Gebel Al-Mawta

Dalla sommità di questo monte, che nel grigio della roccia racchiude l?immobilità dell?eterno, si apre agli occhi una dinamica fertilità fatta di immensi palmeti e olivi e corsi d?acqua i cui colori intensi, dal verde al blu, virano nel morbido ocra delle dune del Sahara. Laggiù, all?orizzonte.  

Seguendo il sentiero che conduce al Tempio di Amon dal cui oracolo Alessandro Magno apprese tutti i dettagli del suo incredibile destino, l?oasi si fa rigogliosa, fitti palmeti si aprono alla frescura di vasche e sorgenti, tra cui la fonte in cui si bagnava Cleopatra e che ancora oggi è frequentata, forse più per devozione nei confronti della mitica regina che per pura voglia di fare un bagno.

Un privilegio riservato soprattutto ai turisti visto che a Siwa vigono regole ferree che non consentirebbero mai ad una donna di bagnarsi in pubblico. Qui la donna vive una dimensione fuori dalla comune comprensione visto che se non si sposa entro i 25 anni viene considerata zitella e non interessa più ai locali; finisce ad occuparsi della famiglia con poche speranze per il futuro. 

Il Tempio di Amon
Se si sposa, le cose non vanno molto meglio. Non può più uscire di casa se non per motivi importanti e accompagnata da un uomo di famiglia, marito, padre, fratello, persino da un bambino, purché sia maschio naturalmente. E quando esce deve coprire il viso con un velo nero e indossare una sorta di manto, uguale per tutte: una trama azzurra con un ricamo lineare, sul dietro, che sembra raffiguri le ultime lettere dell?antico alfabeto siwi, la lingua berbera che parlano solo qui.
?Può darsi che per le donne siwane la situazione non sia così drammatica come sembra a noi. Intanto le donne si vedono con il resto della famiglia, in casa stanno senza veli, la sessualità non è bandita, anzi Maometto dice che la donna deve compiacere il marito. La poligamia qui non è molto diffusa perché non tutti se lo possono permettere economicamente. L?islam è basato molto sul contratto, quando ci si sposa si mette tutto nero su bianco.? Ci ha raccontato Bruno Musti dottore in agronomia di Roma, co-manager a Siwa di uno degli 8  Progetti di Ricerca e Cooperazione realizzati in seno al Cospe in Egitto, finanziati dal Ministero degli Esteri italiano.


    
Tutti i progetti che si sono svolti in Egitto  e che sono stati  coordinati dal Cairo riguardavano vari aspetti dell?ambiente: creare o sviluppare aree protette, migliorare l?organizzazione dello smaltimento e del  riciclaggio dei rifiuti, recuperare le aree archeologiche, controllare le acque del Nilo e dei canali d?irrigazione. ?A Siwa si è conclusa la seconda fase del Progetto ambientale rivolto al miglioramento  e alla diversificazione dell?agricoltura, anche se le due grandi risorse, qui, sono le palme da dattero e gli olivi. La difficoltà maggiore è convincere i siwani della bontà di certe tecniche. Per esempio, loro non potano gli olivi per cui la produzione è incostante. Ma sono diffidenti ed eccessivamente prudenti: la potatura costa, dunque, se non c?è la sicurezza matematica di un miglioramento rimangono ancorati alle loro abitudini?. Ci ha spiegato Bruno Musti.

Il suggestivo Hotel Adrere Amellal
    
Anche l?apertura al turismo è molto lenta.  Qui a Siwa i turisti hanno cominciato a venire pochissimi  anni, 13 anni fa non c?era niente. Tredici anni fa, quando l?isolamento assoluto di Siwa è stato bruscamente interrotto dalla costruzione di quell?unica strada asfaltata che oggi la collega alla costa mediterranea dell?Egitto. Oggi ci sono vari alberghi, alcuni decisamente sorprendenti come  l?Adrere Amellal che ha già avuto ospiti eccellenti come il Principe Carlo e Camilla, Paola di Liegi e Madonna.

Un po? fuori mano, in un posto quantomai suggestivo sulla riva di un lago,  protetto da concrezioni sabbiose disegnate dal vento,  l?Adrere Amellal è un albergo inusitato, tutto costruito osservando criteri ecologici, con argilla e polveri saline. Un tempio della natura nella natura, eccentrico nella sua estrema semplicità. Da vedere.

        


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