Testo e Foto di STEFANO ROSSINI



Arrivare nel profondo sud d’Italia, in Basilicata, e ritrovarsi sulle Dolomiti, di primo acchito lascia un po’ perplessi. Eppure è così. Pochi chilometri a sud di Potenza, le dolomiti lucane disegnano un paesaggio improvviso e selvaggio. Sembra quasi che la mano di un Titano abbia schiantato la roccia più e più volte sino a creare questa bizzarra sequenza di picchi spezzati e cocuzzoli scabri e duri.



Per arrivare a Castelmezzano devo prendere una strada sbarrata da un cartello di divieto. Mi fermo attonito. Poi ho la fortuna di incontrare un altro essere umano che accosta e alle mie domande si mostra sorpreso. La strada è quella, cartello o non cartello. Così riparto, sicuro e fiducioso, verso la meta.
Il paese si stringe come può tra le forme delle montagne, con strade strettissime, infinite teorie di scalini e case aggrappate nei luoghi più incredibili. Camminando in giro è più facile incontrare gatti che persone, almeno fino alle 5 del pomeriggio, quando, intorno al piazzale della chiesa (con piazzale non immaginate nulla di più largo di una via di normali dimensioni) e in via Roma si formano dei gruppetti. Si tratta per lo più di anziani, qualche ragazza e uomini con un cappello simile al basco, un mozzicone di sigaretta e lo sguardo truce che fissano me e la mia macchina fotografica. Tutti mi guardano con grande curiosità. Qualcuno mi chiede chi sono e cosa faccio, se sono in lavoro o in vacanza. C’è chi mi chiede addirittura una foto!



Castelmezzano è tutto qui. Una chiesa, una bottega, un bar e un forno. Il paese si allunga sulla fiancata delle montagne. Una volta percorso tutto, una scala scavata sulla pietra porta ai resti dell’antico castello normanno. La piana evoca le sensazioni dei quadri di Friedrich: l’uomo solitario di fronte alla natura. Qui c’è solo vento, le nuvole corrono e non posso far altro che osservare i giochi delle ombre sulle rocce, nelle grotte e, più in basso, sul paese.

Ma sono i panorami che fanno da padrone in questo lembo di meridione, gli scorci che salgono dai vicoli sino alle cime delle dolomiti e il paesaggio che dal punto più alto si gode sul paese e su tutta la vallata.



A Pietrapertosa un signore mi ha offerto il caffé, portandomi nel bar centrale del paese a fare quattro chiacchiere. Il borgo dista pochi chilometri in linea d’aria da Castelmezzano, e dai rispettivi belvedere i due borghi si vedono l’un l’altro. Non sono luoghi ignari del turismo, ma nel contempo gli abitanti non sembrano molto abituati a fannulloni che girano a guardarsi intorno così come faccio io. Così sono un po’ restio a fotografarli, e alla fine perdo qualche scatto interessante.

Io sono sempre stato appassionato di astronomia. Ma alla fine della giornata mi metto una mano sul cuore e mi chiedo: perché finanziare missioni su Marte quando la Basilicata è praticamente inesplorata? Non è una formula giornalistica affermare che certi borghi, qui, sono fuori dal tempo. Lo sono. Si respira nell’aria. Sarebbe necessario rimanere immobile come pietre, con la pioggia che ti riga e scava rughe per decenni per capire questa terra silenziosa e antica.



Appena arrivati a Castelmezzano si incontra l’Albergo La Locanda di Castromediano, che ospita il ristorante Al Becco della Civetta (0971 986249). Qui, i sapori della Basilicata prendono vita nei piatti tradizionali preparati da Antonietta Santoro. Imperdibili i cavatelli – una pasta fresca tipica di queste zone, tipo bigoli o strozzapreti – con peperoni etruschi e caciocavallo. Il peperone etrusco è particolarissimo. Si prepara facendo essicare i peperoni in un luogo fresco e asciutto, pelandoli e infine scottandoli nell’olio caldo per qualche secondo subito prima di servirli, facendoli diventare piacevolmente croccanti.
Fantastico il dolce: crostoli al miele, preparati con una pasta di farina e uova fritta (ricorda i dolci di carnevale) e miele spalmato con rametti di origano.