LUISA CHIUMENTI
La mostra che Riccardo Rosati ha dedicato recentemente a Carlo Busiri Vici, uno dei pochi esponenti della Scuola Romana ancora viventi, alla Galleria Pegaso di Via Giulia, mette in luce le grandi qualità di un pittore innamorato del proprio lavoro, ma sempre schivo e contrario ad esporre le sue opere e quindi, pressoché sconosciuto al grande pubblico.
La curatrice, Cinzia Virno, partendo dalla lettura di un album redatto dall?artista, una sorta di ?zibaldone artistico? in cui si alternano annotazioni battute con una vecchia macchina da scrivere, ritagli di giornali, riproduzioni di dipinti e disegni, ha preso in esame questo materiale eterogeneo con cui l?A. racconta se stesso nella stagione più fervida della sua carriera, vissuta tra il 1942 e il 1948.
E? apparso così evidente, in tutta la sua produzione, la cura di ogni dettaglio, senza che nulla sia lasciato all?improvvisazione, sia nella preparazione stessa del supporto, che nella scelta della tecnica, proiettato com?egli dimostra di essere sempre, verso una continua ricerca di nuove possibilità espressive.
La famiglia dei Busiri Vici è ben nota a Roma, per aver dato alla capitale , fin dal secolo XVII, i suoi migliori architetti.
Un avo di Carlo, Giovanni Battista Busiri (1698-1757), è un celebre vedutista del Grand Tour e tutti sanno della predilezione di Pio IX e Leone XIII per l?Architetto Andrea Busiri Vici (1818-1911), quanto a Clemente, il padre di Carlo, è lui a seguire alcuni dei più prestigiosi cantieri del Regime.
Celebre vedutista del Grand Tour, fu anche Giovanni Battista Busiri (1698-1757), un avo di Carlo, è un e tutti sanno della predilezione di Pio IX e Leone XIII per l?Architetto Andrea Busiri Vici (1818-1911), quanto a Clemente, il padre di Carlo, è lui a seguire alcuni dei più prestigiosi cantieri del Regime.
Con il noto architetto Carlo Aymonino, suo l?amico-cugino, Carlo Busiri Vici ebbe modo di avvicinarsi a molti giovani artisti appassionati del momento, fra cui emergono alcuni nomi: da Piero Dorazio ad Achille Perilli a Mino Guerrini, Alfio Barbagallo e Renzo Vespignani.
Ed è interessante riportare quelle che egli stesso dice siano state le motivazioni per le quali ha ora accolto volentieri il progetto espositivo di Rosati e Virno: ?Avendo con gli anni imparato che non è detto che ogni opera ?deve? essere per forza un capolavoro? vincendo il mio carattere profondamente schivo, ritengo oggi che la mia produzione pittorica di quei lontani anni (ero sedicenne nel ?42) può meritare di essere catalogata e documentata: se non altro per la genuinità, la freschezza, senza schemi rigidi e la convinzione di quei miei lavori che erano come? scaturiti in un periodo come fu quello del dopoguerra, in generale così fecondo di fantasia e di idee nel campo dell?arte, forse per reazione ad anni di opprimenti, immani tragedie?.
Oltre duecento i pezzi, realizzati da Busiri Vici tra i sedici ed i ventidue anni (una ventina di olii e tante opere su carta), che valgono a comporre uno scenario della vivacità creativa di quegli anni del ?900, che avevano visto il lavoro, le ansie, le passioni di grandi protagonisti: da Piero Dorazio a Maurizio Fagiolo dell?Arco e Marcello Venturoli.
Nel 1943 Busiri Vici vinceva il premio di pittura ai Ludi Juvenilis, le gare artistico-culturali della Gioventù Italiana del Littorio, mentre già la sua pittura tende ad orientarsi verso la Scuola Romana.
Qualche anno dopo, nel 1946, con Dorazio, Vespignani, Aymonino e gli altri, fonderà il GAS, Gruppo Sociale dell?Arte, che, sulla base di un coinvolgimento più diretto del pubblico, organizzerà mostre un po? ?provocatorie?, sui marciapiedi della città, come quella, memorabile, allestita in Via Veneto di fronte alla ?Galleria del Secolo?, che costituiva allora una ?sede-simbolo dell?arte ufficiale da contrastare?. Racconta Dorazio che in quell?occasione, appeso ad un albero, figurava ?il Manifesto contro le bottiglie e l?arte intimista? firmato GAS, che fu perfino ?scambiato? dai passanti per una protesta di operai della Romana Gas!
La mostra è accompagnata dal bel catalogo edito da Palombi.