VALERIO S. PROVVEDI
Ha vissuto quasi 64 anni che, per l?epoca, non erano davvero pochi, anche se avrebbe potuto certamente viverne molti altri.
Ci stiamo occupando del fatidico ?500, il secolo degli immortali splendori artistici, della cui importanza e bellezza i loro contemporanei, forse, neppure si rendevano pienamente conto, ma siamo, nel contempo, anche in momenti storici particolarmente turbolenti.
Problemi dinastici, acquisizioni di territori grandi e piccoli, lotte fratricide, agguati, intrighi, avvelenamenti, tradimenti più o meno sotterranei, unitamente ad altre analoghe ?piacevoli? circostanze, rendono questo periodo, non certamente uno dei più tranquilli e sereni: potremmo, anzi, dire che, specie nelle grandi Corti allora imperanti, vigeva un inquietante regime di ansia, di sospetto, almeno di incertezza sul futuro, in particolare di quello dei giovanissimi destinati teoricamente a regnare.
Ma è la Regina Bona quella di cui vogliamo parlare ed è proprio lei, dunque, che viene analizzata, sezionata, studiata, posta sotto microscopio da un altro brillante esemplare femminile, proveniente dalla stessa terra pugliese che, come ognuno sa, produce sovente degli autentici campioni, efficaci in ogni campo dell?attività umana. Non per niente il motto di Isabella d?Este, madre di Bona, suona ?Nec spe, nec metu? (Né con speranza, né con timore).
Ponderosa, e poderosa, opera letteraria edita da Giuseppe Laterza, nella quale la prof. Angela Campanella si propone l?arduo compito di affrontare con scrupoloso metodo, con attenzione, con giustificato affetto, potemmo dire, la cronaca della non semplice né facile esistenza di Bona.
Non una fredda, distaccata anamnesi, pertanto, o una superficiale riproduzione fotografica, bensì un autentico, immenso affresco michelangiolesco, preziosa testimonianza di un mondo e di un?epoca nei quali il concetto di pacifica tranquillità sembra del tutto scomparso.
Terzogenita di Isabella d?Aragona figlia di Alfonso II re di Napoli, e di Gian Galeazzo Sforza, Bona nasce a Vigevano il 2 febbraio 1494 e la madre, attaccatissima a lei e senza protezioni politiche in mezzo a continue congiure di palazzo, lascia l?infida terra lombarda, ritorna nel più sicuro suo Sud e si trasferisce, dopo pochi anni, a Bari.
E? certamente Isabella il personaggio centrale, il vero deus ex machina che manovra, con infinita accortezza, nella gestione del primo ventennio di Bona, sviluppando, al riguardo, molti ambiziosi progetti.
CASATO DEGLI SFORZA
Donna dal carattere deciso, dalla accesa vitalità, capace di sostenere ogni discussione e vincere ogni contrasto con la indiscutibile saggezza delle sue argomentazioni, sempre cosciente delle difficoltà e dei pericoli da affrontare, Isabella, negli anni precedenti la nascita di Bona, si trova a Milano, alla Corte di Ludovico il Moro che la costringe, insieme ai figlioletti, in una dorata costrizione e, frattanto, la divide dal piccolissimo Francesco, potenziale concorrente del Duca.
Si lega da affettuosa amicizia a Leonardo da Vinci che traccia numerosi schizzi del suo bellissimo volto, ma non può fornirle aiuto alcuno.
A malapena cerca di rassegnarsi alla sua situazione mentre tragici avvenimenti si susseguono, tra cui la morte, a un anno di età, della sua piccola Bianca Maria. Date le circostanze, ritiene opportuno lasciare Milano, unitamente alle figliolette Ippolita e Bona, per raggiungere prima la Corte degli Estensi a Ferrara e, successivamente, riparare a Mantova, presso la cugina Isabella d?Este, dopodiché parte per Napoli in attesa di raggiungere la più sicura città di Bari.
Il Ducato di Bari ed altri feudi pugliesi e calabri le vengono assegnati da Lodovico il Moro.
Presentano una situazione politica non proprio serena, date le continue lotte fra gli aragonesi, i francesi e gli spagnoli ma Isabella, comunque, riesce a destreggiarsi, mentre la storia prosegue il suo iter.
Tra gli altri avvenimenti da ricordare, quello del 13 febbraio del 1503, quando Fieramosca e i suoi affrontano una disfida contro tredici cavalieri francesi, nella piana di Barletta, ottenendone una chiara vittoria grazie, pure, alle superbe cavalcature concesse loro dalla Duchessa Isabella.
Bona cresce e sviluppa la propria personalità in quella che era la vecchia Fortezza di Bari, trasformata pian piano in splendida Corte, seguita da illustri precettori, tra cui l?inflessibile Don Diego, e dalla fedele governante Agnese.
Il destino degli Aragona è strettamente connesso ad Isabella ed alla giovanissima Bona che, ventenne, viene richiesta sposa da diverse nobili famiglie, tra cui i Visconti. Ma i progetti di Isabella, nei confronti della figlia, sono assai più ambiziosi e richiedono ancora di un po? di tempo e tanti oculati accorgimenti per potersi realizzare al meglio.
Ovviamente, anche nel cuore della giovane Bona, come per ogni fanciulla, ogni tanto si affaccia Cupido. Per fortuna, ed anche per merito della fida Agnese, vengono superati, sia pure con qualche tentennamento, i primi fremiti adolescenziali che potrebbero rivelarsi abbastanza pericolosi per il suo possibile e auspicato futuro regale.
Cresce fra la Corte di Bari e quella di Napoli alternando i prediletti studi all?assidua frequentazione degli altrettanto amati pregiati esemplari equini, di cui abbondano le scuderie di famiglia.
Tra gli altri, si profila la possibilità di un matrimonio con il cugino Massimiliano Sforza che, invece, segue le cattive sorti degli Sforza.
Ma, dopo le numerose peripezie, finalmente il destino riserva a Bona il tanto auspicato futuro da autentica regnante: sarà Regina di Polonia e granduchessa di Lituania e Russia, unendosi in matrimonio al quarantenne Sigismondo I, vedovo e senza figli. – Jan Matejko, 1859
La madre, Isabella, vede, così, concretamente realizzarsi tutte le sue più segrete aspirazioni.
Il 6 dicembre 1517, ricorrenza di San Nicola patrono di Bari, si sposa, per procura, a Napoli in Castel Capuano e, il 15 aprile 1518, Bona raggiunge, infine, Cracovia, accompagnata da Prospero Colonna, dal Cardinale Ippolito d?Este e con un seguito di 345 persone fra dame e gentiluomini, accolta, come dicono le cronache, ?da tutti con grande entusiasmo?.
Apprende con rapidità la lingua polacca e si dedica a numerosi viaggi sia in Polonia che in Bielorussia, in Lituania e in Ucraina. Si inserisce, con disinvoltura, nella antica dinastia Jagellonica partecipando discretamente alla direzione di un vero grande Stato.
Accoglie, alla Corte di Cracovia, artisti e abili professionisti italiani unitamente ad altri grandi pensatori come Erasmo da Rotterdam e Niccolò Copernico.
Il matrimonio è allietato da sei figli: Isabella, Sigismondo Augusto, Sofia, Anna, Caterina e Wojcieich, che muore lo stesso giorno della nascita. Saranno tutti gli altri destinati a opportuni matrimoni politici.
Con grande dignità e positiva intelligenza pratica, si appoggia a personaggi fidati e competenti, quali il Vescovo primate e il Cancelliere del regno, garantendosi il sopravvento sulla nobiltà locale, ponendo sempre grande attenzione, oltre che ai problemi internazionali, alle principali questioni socio-economiche del Regno: dalla impellente revisione doganale alla appropriata riforma agraria, grazie alla quale, tra l?altro, introduce la coltivazione di diversi prodotti italiani, come la vite e il pioppo.
A Corte non manca neppure la vita brillante, con assidue visite a Niepolomice, sulle rive della Vistola, dove la Regina crea frequenti occasioni di ospitalità per regnanti e notabili, e con numerose battute di caccia nelle foreste che circondano il castello gotico.
Lo stesso re Sigismondo chiama in Polonia l?architetto italiano Francesco Fiorentino, al quale affida numerose opere in stile tipicamente italiano .
Degna erede rinascimentale delle capacità strategiche e diplomatiche dei Visconti e degli Sforza, sa indirizzare con oculatezza la politica del marito, mantenendo la pace con l?Impero Ottomano e, operando con un?avveduta, guardinga linea di condotta nei confronti dei Tartari e dei cavalieri Teutonici, che premono nei riguardi dei loro territori prussiani.
Quando, nel 1530, l?anziano re le affida le redini dello Stato, Bona dimostra grande saggezza, senso di giustizia, carità e maestria diplomatica. Inoltre, dal 1524, alla scomparsa della madre Isabella, acquisisce il l Ducato di Bari e degli altri possedimenti dinastici in Puglia e in Calabria.
Non volendo mai lasciare la Polonia, affida il governo di queste terre ad idonei procuratori e amministratori, promuovendo un intenso programma di opere pubbliche inclusa, tra l?altro, l?opportuna fortificazione del castello di Bari, l?edificazione di torri costiere, di chiese in varie località, di un ospedale e di un canale a Modugno, aumentando le terre del ducato, procacciandosi appropriatamente alcune città adiacenti.
E?, purtroppo, anche il momento in cui hanno inizio i contrasti con il figlio Sigismondo Augusto che, in occasione della morte del padre, il 1° aprile 1548, conferma le proprie intenzioni di governare in autonomia, magari anche in contrasto con i desideri della madre.
I suoi due matrimoni si concludono rapidamente in maniera tragica.
A causa di questi disaccordi, Bona vede compromessa la propria autorità e si trasferisce a Varsavia dove crea il primo Corpo di Vigili del Fuoco. Nei giardini del Castello di Ujazdow si dedica alla originale coltivazione di cavolfiori, di porri, del sedano, dei fagioli, dell?insalata, completamente sconosciuti, fino allora, in Polonia.
Mal sopportando l?ambiente che si è creato intorno a lei e pure a causa di un certo, sia pur leggero, declino delle sue condizioni di salute, prende la gravosa decisione di una sua visita in terra pugliese, dando garanzie, tuttavia, di un rapido ritorno.
Alla decisione di allontanarsi dalla Polonia contribuisce, con insistenza, il nobile italiano Gian Lorenzo Pappacoda, suo agente e amministratore personale presso la Corte asburgica.
Individuo da tenere presente, questo Pappacoda, e non certo per l?affidabilità, dote che dimostrerà non essergli davvero congeniale.
In seguito, lo stesso individuo, convince la Regina alla concessione di un cospicuo prestito, ben 150.000 ducati, al figlio dell?Imperatore, affinché egli l?appoggi nella sua aspirazione all?ottenimento del vicereame di Napoli
La partenza avviene dopo la celebrazione, a Varsavia, del matrimonio della figlia Sofia, il 25 gennaio 1556.
Per disposizioni del figlio, attuale regnante, Bona deve rinunciare alle sue proprietà in Polonia e Lituania ma può prelevare molti dei suoi tesori, per il cui trasporto necessitano ben cento carri.
Il figlio non saluta la sua partenza, pur assegnandole un grandioso corteo di accompagnamento, del quale fa parte il solito Pappacoda, mentre le stesse figlie si premurano di accompagnarla durante la parte iniziale del percorso.
Superata Vienna, Bona raggiunge Padova dove viene signorilmente accolta nel fastoso palazzo di Alessandro Maggi che, per rendere ancora più trionfale il suo ingresso, ha realizzata la ricostruzione in legno del favoloso Arco dei Gavi, di Verona.
Grazie alle intense, efficaci terapie seguite nella stazione termale di Abano, le condizioni di salute di Bona migliorano notevolmente, il che le consente di raggiungere Venezia dove le accoglienze sono veramente degne di un monarca. Dopo le solenni cerimonie a bordo del Bucintoro, tutte le più autorevoli personalità accompagnano la Regina al Senato, dove accede tra due ali di cento nobili dame.
Al momento della partenza, la repubblica veneziana dispone una scorta di sei galee che l?accompagnano, lungo l?Adriatico, fino a Bari ed anche qui, è il 13 maggio 1556, viene accolta con manifestazioni di affettuoso giubilo dalla popolazione.
Effettua presto svariate migliore all?interno del Castello Svevo, nel quale si insedia, e, ad evidenziare il permanere dello stretto rapporto affettivo con Cracovia, consacra a San Stanislao, patrono polacco, la neo costruita cappella del castelloCon il trascorrere dei giorni e dei mesi, comincia a rendersi conto di quanto e di come il Pappacoda l?abbia subdolamente raggirata: malgrado l?importanza delle cifre ?prestate? all?Imperatore in cambio della sotterranea promessa alla massima carica del Vicereame e del conseguente avanzamento nella città di Napoli, assolutamente niente di tutto ciò si verifica né, tanto meno, si profila nel prossimo futuro.
La Regina, abbastanza contrariata, comincia, logicamente, a nutrire seri dubbi sulla correttezza e le capacità diplomatiche del Pappacoda.
Nel frattempo le giungono positive notizie dalla Polonia: le figlie premono con assiduità perché rientri da loro e lo stesso Sigismondo si impegna a riconsegnarle tutte le terre e i possedimenti di cui, a suo tempo, le aveva fatto dono il re consorte e che il figlio aveva confiscato prima della sua partenza.
Inizia a coltivare il sogno di rivedere l?amata Polonia ma, evidentemente, il destino seguita a posizionare a modo suo le tessere del mosaico che indicano a Bona il percorso ancora da affrontare. Assai grave, ad esempio, si rivela l?errore di rivelare a Marina Arcamore, sua personale domestica, il proposito non solo di rientrare in Polonia ma, anche, con l?occasione, di esautorare completamente il Pappacoda. Errore certamente funesto che consente, alla infida cameriera, di allarmare il pericoloso ministro il quale, com?è facilmente prevedibile, inizia subdole manovre sotterranee per evitare di vedersi ridotte le capacità di agire e, soprattutto, per azzerare, con l?occasione, le effettive possibilità di Bona nel raggiungimento dei suoi ideali dinastici.
Talmente è migliorato lo stato di salute della Regina che essa può opportunamente dedicarsi ad opere difensive nei confronti dei turchi, lungo tutta la costa pugliese, e desta, quindi, vera comprensibile sorpresa l?improvvisa malattia da cui è colpita il giorno 8 di novembre del 1557.
Cominciano a circolare insistenti voci che attribuiscono ad avvelenamento acuto la causa di questi malori e si diffonde l?opinione che indica proprio in Gian Lorenzo Pappacoda la sorgente di questa situazione.
Infatti egli, vedendo, adesso, compromessi gli importanti benefici già previsti, a suo favore, dalla Regina, non ha esitazione alcuna a predisporre, con il valido aiuto della cameriera e con l?appoggio di un notaio di analoga correttezza, per la stesura di un articolato, particolare nuovo testamento. Nella compilazione di tale documento vengono astutamente indicate opportune concessioni a favore del Pappacoda approfittando, logicamente, delle condizioni fisiche di Bona.
La Regina, tuttavia, migliora e, capace di redigere un nuovo opportuno testamento, lo affida ad un notaio, onesto, affinché lo depositi a Napoli. Tentativo abilmente frustrato dal Pappacoda che, dopo solo due giorni, per togliersi ogni preoccupazione, provoca, il 19 novembre 1557, la morte della Regina.
Apparente trama da elementare romanzo giallo del quale, nel caso specifico, non è certo difficile individuare il colpevole.
Sepolta, in un primo tempo, nella Cattedrale di Bari, la figlia Anna riesce ad ottenere dal Pontefice l?autorizzazione a che la salma venga traslata nella Basilica di San Nicola di Bari, dove la Regina è rappresentata, nel mausoleo che la accoglie, in ginocchio, in mezzo alle statue di San Nicola e di San Stanislao, patroni di Bari e della Polonia
Esistenza vissuta intensamente, la sua, in mezzo a problemi e preoccupazioni di ogni genere ma, sempre, vissuta con grande consapevolezza e grande dignità, anche se talora succube di qualche umana debolezza.
Sia a Cracovia che a Bari il suo nome è, ancora oggi, sinonimo di grandezza d?animo, di nobiltà, di vera regalità, di grande personalità e intraprendenza. Una regina che ha lasciata un?impronta indelebile nei registri della storia.
Preziosa testimonianza, quella della prof. Campanella, che riesce non soltanto ad illustrare le terrene vicende di Bona Sforza ma, anche, a perpetuarne il giusto ricordo, illuminandone sapientemente tutte le varie coordinate storiche, culturali e ambientali.
Come afferma Padre Gerardo Cioffari, nella sua chiara prefazione, ?Angela Campanella ?pone in luce il fascino di una donna che, vissuta cinque secoli fa, presenta un?eccezionale modernità?.
In questi due agili volumi è proposto un suggestivo e reale (è il caso di dirlo) esempio umano di donna di sovrana, di figlia e di madre che, ben a ragione, ricopre un altissimo ruolo nel Gotha italiano, in quello polacco e, perché no, in quello pugliese.
L?opera letteraria è composta dalla esauriente biografia di Bona Sforza alla quale fa seguito la ponderosa parte romanzata, oltre ad una dettagliata appendice costituita da attendibili schede genealogiche.
Lettura sempre piacevole, simpatica e scorrevolissima, proposta dall?autrice in maniera oltremodo fluente e partecipe.
Ci sia consentito concludere con un emblematico periodo del ?romanzo?, il periodo datato 3 febbraio 1518, nel quale è descritta la definitiva partenza della giovane principessa dal porto di Bari:
?Dopo gli addii Bona non si è mai più voltata indietro; sul ponte, avvolta stretta nel suo pesante mantello, sfida il maestrale guardando l?orizzonte incontro al suo nuovo destino?.
BONASFORZA – Duchessa di Bari Regina di Polonia<BR>di Angela Campanella <BR>Edizioni Giuseppe Laterza