Testo e Foto di TERESA CARRUBBA


Praga vista dal Ponte Carlo

Arrivarci da Praga, rende il viaggio in Armenia ancora più intrigante. E sembra essere la via più facile visto che la CSA, compagnia aerea Ceca, in accordo con la Columbia Turismo, tour operator romano specializzato per questa destinazione, prevede proprio la rotta Milano ? Praga ? Yerevan.  Con la complicità  dell?orario dei voli, lo scalo a Praga può diventare una visita in città che, seppur breve, consente un suggestivo colpo d?occhio al centro storico, patrimonio culturale dell?UNESCO, a partire dal magnifico ponte Carlo fortificato da torri, fino all?austera piazza del Municipio, palazzo in stile gotico la cui facciata diventa fonte d?interesse ad ogni scoccar d?ora per via di un orologio del XIV secolo che mostra i 12 apostoli in rapidissimo movimento meccanico.

Praga
l’orologio del Municipio

L?attesa per vedere questa curiosità può essere piacevolmente riempita sedendosi in uno degli eleganti caffè della piazza per gustare dei dolci locali davanti ad uno scenario di notevole interesse storico e architettonico. Qualcosa da vedere va lasciata per il ritorno dall?Armenia perché anche allora si prevede una visita di qualche ora in questa città ceca così ricca di fascino. Torniamo dunque in aeroporto per proseguire il nostro viaggio e, se la stagione è quella giusta, ripercorrendo il Ponte Carlo in tardo pomeriggio è possibile godere di un superbo tramonto.

Yerevan
la bellissima Piazza della Repubblica.
all’ora del tramonto

A Yerevan, uno degli insediamenti più antichi del mondo,  arriviamo prima dell?alba, sufficientemente svegli da rimanere sbalorditi dalla maestosità di questa città dagli spazi enormi e dalle imponenti costruzioni di gusto sovietico. Impossibile poi non essere coinvolti dal fascino incredibile della piazza principale, quella della Repubblica, a quell?ora suggestivamente illuminata,  in cui gravitano le sedi amministrative, il museo Statale di Storia e palazzi particolari come un sontuoso ufficio postale dall?atmosfera mistica come una cattedrale, con tanto di vetrate molate e istoriate. Qui c?è anche il nostro albergo, Armenia Marriot Hotel, lussuoso e ricco di comfort. Caratteristiche importanti visto che, come abbiamo fatto noi, è possibile far capo a Yerevan per tutta la durata del viaggio e programmare ogni giorno un?escursione diversa in modo da avere, per esempio in una settimana, un quadro abbastanza significativo di questo Paese.

Yerevan
Il monumento del Museo del Genocidio

Da piazza  della Repubblica, enorme e allo stesso tempo incredibilmente accogliente, quasi un salotto, si snodano i rami per il fulcro vivo della città, le vie commerciali ricche di negozi, i giardini, i monumenti.  

Una città molto giovane e vivace dove i ragazzi, vestiti alla moda occidentale, sembrano impegnati nella loro crescita sociale anche attraverso la cultura. Grandi frequentatori del Teatro dell?Opera  e del Balletto, peraltro inserito in un contesto molto piacevole con parchi, caffè, locali notturni e negozi alla moda. Simbolo della parte settentrionale della città, il Teatro dell?Opera, recentemente restaurato, comprende anche la Sala da Concerto.  Lunghi viali alberati conducono ai principali centri d?interesse che spesso dominano la città dall?alto quali la gigantesca statua della Madre Armenia in una piazza di stile sovietico, l?emozionante Museo del Genocidio con il suo monumento stilizzato in un piazzale dalla vista spettacolare; la cosiddetta Cascata, un?enorme rampa di scale intervallata da aiuole e cascatelle che divide in due il centro di Yerevan e porta al monumento del 50° anniversario del Soviet dell?Armenia. E la Biblioteca di manoscritti, Matenaradan, un imponente istituto di ricerca e di restauro, oltre che di raccolta ed esposizione, in cui sono conservati più di sedicimila manoscritti miniati dell?Armenia datati dal VII al XV secolo.

Yerevan
Matenaradan,biblioteca dei manoscritti

Testi sacri, di scienza, medicina, erboristeria, geografia, letteratura, pazientemente stilati dagli scriba, spesso monaci, e illustrati con bellissime miniature,  simboliche o decorative, realizzate con colori rimasti intatti nel tempo. Gli scienziati che le hanno studiate parlano di vermiglio, tratto da una specie di verme della pianura dell?Ararat, per il rosso; di polvere di lapislazzuli per il blu e di sottilissime sfoglie d?oro puro che venivano fissate alla pagina con succo d?aglio. E furono proprio i codici miniati il primo strumento di una cultura autoctona grazie alla creazione dell?alfabeto armeno nell?anno 404 da parte di Mesrop Mashtotz, un monaco appunto. Alfabeto visto come ?dono di Dio? e quindi subito sperimentato per tradurre la Sacra Scrittura e le opere dei Padri gettando così anche le basi della letteratura armena.

Il Tempio di Garni
Cultura a parte, c?è anche la Yerevan produttiva, fatta di attività commerciali e fabbriche come quella del Brandy  Ararat, famoso e molto esportato, che dà lavoro a molte famiglie armene.  La Yerevan Brandy Company, che oggi fa parte del gruppo francese Pernot ? Ricard, organizza visite guidate nelle proprie cantine che contengono botti risalenti al XIX secolo, una delle quali potrà essere aperta solo quando verrà raggiunto un accordo di pace nel Karabakh.

Il Tempio di Garni
rocce scolpite dall’acqua e dal vento

Da Yerevan, una prima meta può essere il Tempio di Garni, dedicato ad Elio, il dio del sole dei romani, eretto dal re armeno Tiridate I nel primo secolo a.C. e che dopo la conversione al cristianesimo divenne residenza estiva dei reali armeni. Un tempio immerso in una natura ruvida e verdeggiante insieme dove le rocce sono state disegnate dall?acqua e dal vento in curiose lamelle verticali e allineate, simili a canne d?organo. Quasi a raccordarsi con le iscrizioni cuneiformi urartiane risalenti alll?VIII secolo a.C.  di cui qui si trovano tracce. E qui ci sono ancora i resti delle Terme Romane costruite per la residenza reale, soprattutto di un bel mosaico pavimentale che raffigura la dea dell?oceano.

Monastero di Geghard
Si prosegue per il suggestivo Monastero di Geghard, fondato nel IV secolo, incastonato in una gola spettacolare. Qui un tempo era conservata la lancia che ha trafitto il corpo di Cristo, ora nel sacro tesoro di Echmiadzin, una sorta di Vaticano armeno. La più antica delle sue chiese rupestri, San Gregorio, risale al VII secolo e rimangono ancora visibili le grotte che ospitavano le celle monastiche. Se si è fortunati, e noi lo siamo stati, in una di quelle grotte si può assistere ad un coro di fanciulle in tunica tradizionale che intonano dolcissimi canti sacri.

Da lì è facile raggiungere il famoso Lago Sevan, a 2000 metri d?altezza. Un lago da cui sono emersi tratti di terra, ora diventati Parco Nazionale, con forti, case e manufatti di duemila anni fa trasformando l?isola di Sevan in una penisola.

Le chiese sulla Penisola
del Lago Sevan

All?estremità di questa penisola, con una lunga scalinata si raggiunge la cima della collina. Vale la pena, non solo per la magnifica vista sulle due anse del lago divise dalla lingua di terra, ma per due antiche chiesette, parte di un monastero: Arakelots (Apostoli) e Astvatsatsin ( Santa Madre di Dio), che ha un cortile disseminato di croci di pietra, le khatchkar, simbolo per antonomasia dell?arte cristiana armena, anche se, secondo gli studiosi,  sembrano ispirate ad antichi modelli di età pre-cristiana. Le khatchkar, splendidi bassorilievi su tavole di tufo, sculture rudimentali e capolavori di miniatura allo stesso tempo, in cui la fede trova la sua più elementare  espressione nell?arte e viceversa.


Le prime khatchkar nacquero nel IV secolo attraverso la sovrapposizione di croci di pietra sui monoliti urartei, di cui era ricco il territorio armeno, per consacrare al nuovo culto gli antichi templi pagani. Ma è nel IX secolo che la ?croce di pietra? assume una sua spiccata fisionomia nell?arte sacra,  con l?instaurarsi della monarchia bagratide che, dopo due secoli di stasi dovuta alla dominazione islamica, recupera la cultura e l?arte armena. Le khatchkar sono ovunque, inserite nelle mura delle chiese, accanto ai monasteri, nei cimiteri. Ma anche isolate, su un sentiero di montagna o in mezzo ai campi. E comunque tracciano un itinerario che spesso coincide con quello dei monasteri e dei templi rimasti dall?epoca pagana, la cui bellezza artistica e mistica ben si armonizza con la grande suggestione del paesaggio.


Alte pareti di roccia rossa alternati a verdissime foreste di querce, orridi che spaccano pareti vulcaniche. La forza di questa natura ha creato lo scenario incredibile della Gola di Kasagh , tra il Monte Aragats e il Monte Ara,  in cui scorre l?omonimo fiume chiuso da sponde di lava solidificata. Un fiume che attraversa la bella cittadina di Ashtarak, capoluogo dell? Aragastotn, famosa per le sue antiche chiese e per un cimitero pieno di bellissime khatchkar.

Da visitare anche le vicinanze di Ashtarak, il villaggio di Mughni, con la sua splendida chiesa di Surp Gevorg, della metà del Seicento, con il classico tetto a cono rovesciato, e il Monastero di Hovhannavank ad Ohanavan. Il Monastero risale al VII secolo ed è noto per la sua vasta produzione di manoscritti e perché conserva rare incisioni decorative ed iscrizioni.

Il magnifico Monte Ararat
visto dal Monastero di Khor Virap

L?Armenia, Paese profondamente spirituale in cui molto spesso la fede e l?arte s?intrecciano e costituiscono l?una l?espressione dell?altra, è disseminata di monasteri i quali, con la scusa dell?ascetismo favorito dall?isolamento nella natura, sono spesso dislocati in luoghi spettacolari. E? il caso, per esempio, del monastero di Khor Virap meta di pellegrinaggio su una collinetta quasi ai piedi del Monte Ararat che da qui è visibile quasi a toccarlo. Senza dubbio, questo è uno dei punti più emozionanti dell?Armenia. E non solo per la bellezza del monastero, ma perché da questa collina si gode una delle viste più eccitanti del biblico Monte Ararat con le sue due cime perennemente innevate che, pur appartenendo ormai al territorio turco, continua ad esercitare sugli armeni un carisma fatto di ieraticità e senso di protezione.

Monastero di Khor Virap
Il monastero di Khor Virap  nasce intorno alla chiesa dedicata a San Gregorio il quale fu imprigionato per 12 anni in un pozzo di questa zona (Khor Virap  vuol dire pozzo profondo, appunto) dal re pagano Tiridate III. Alla fine il re impazzì e fu guarito proprio da san Gregorio: fu così che si convertì al cristianesimo. Da allora san Gregorio, diventato il primo katholikòs (sommo sacerdote) della Chiesa Apostolica Armena, cominciò a diffondere la propria dottrina e a costruire chiese al posto dei templi pagani.

E il grande popolo armeno, fu il primo al mondo a fare del Cristianesimo la propria religione ufficiale, nell?anno 301, prima ancora dell?Editto di Milano del 313 con il quale il Cristianesimo fu ufficialmente accettato nell?Impero romano.

Corteo dei monaci di Echmiadzin
L?espressione massima di questo spirito dell?Armenia è sicuramente Echmiadzin, una sorta di Vaticano della Chiesa Apostolica Armena, perché è qui che san Gregorio, detto l?illuminatore, costruì la prima Chiesa Madre, Mayr Tachar. Echmiadzin, che prende il nome dalla vicina città che fu capitale dell?Armenia dal 180 al 340 d. C. è un grande centro religioso che comprende il Palazzo del Katholikòs, attualmente Garegin II, e la cattedrale, Mayr Tachar, con l?altare centrale costruito nel punto in cui san Gregorio vide la luce divina. I monaci di  Echmiadzin, tutti con la barba, saio nero con cappuccio e mantello , nero o viola a seconda della gerarchia, abitano in un edificio del centro religioso e si aggirano silenziosamente nei vialetti intorno .  In certe occasioni, e a noi è capitata una di quelle, si ha la fortuna di assistere ad un mistico corteo di questi monaci che, uscendo dalla Cattedrale, si recano nel Palazzo di fronte per accogliere il  Katholikòs ed accompagnarlo in Chiesa per una funzione solenne. Un rito che lascia qualcosa dentro.


Come del resto tutto il viaggio in questa particolarissima terra, che va affrontato non come un?occasione turistica, ma come il mezzo per penetrare nella cultura del popolo armeno così dignitoso e fiero. E, nonostante i continui progressi verso un?apertura al turismo, l?Armenia non perderà mai la sua identità coraggiosamente ribadita nonostante le avversità e la sua connotazione di paese ricco di spunti storici, culturali e spirituali.

donne armene intente a preparare il tipico
pane lavash, una sorta di carasau sardo

 


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