Di Teresa carrubba
E’ una delle festività ebraiche di istituzione biblica, gioiosa, ma estremamente impegnativa per le rigidissime prescrizioni esposte in vari passi dell’Esodo e tuttora minuziosamente seguite. A partire dal divieto assoluto, non solo di consumare pane lievitato, in ricordo della precipitosa fuga dall’Egitto che impedì agli ebrei di aspettare che il pane potesse lievitare a dovere, ma di averne in qualsiasi angolo della casa, fosse anche sotto forma di briciola.
Da qui, l’usanza, estesa oggi anche ad altri popoli, delle tradizionali pulizie di Pasqua. Nelle settimane precedenti la festività, infatti, ogni famiglia ebraica è impegnata in scrupolose pulizie a fondo finalizzate soprattutto, (ma ovviamente con vantaggi più generali) a eliminare dalla casa ogni traccia di pane o altro cibo lievitato. In ordine a questa prescrizione, anche gli utensili della cucina che verranno usati per preparare il tradizionale pranzo di Pasqua e persino le stoviglie non devono essere mai venuti a contatto con cibi lievitati di nessun genere.
A questo proposto esistono alcune regole per assicurarsi che il materiale da cucina possa essere utilizzato tranquillamente. In caso contrario, potrebbe essere il momento di acquistare nuovi utensili e riservarli solo a questa occasione annuale. A questo punto ci si chiede se, per quanto forte sia il sentimento religioso, si possa in qualche modo “barare”. La risposta ci viene dall’alto delle prescrizioni bibliche.
L’osservanza delle regole viene assicurata in ogni famiglia dalla sorveglianza di autorità religiose, persino durante la preparazione del pane azzimo. Anche il giorno di Pasqua viene ossequiato con l’attenzione a precisi dettami. Una lunga serie di preghiere e minuziosi cerimoniali tra cui il più importante è quello della cena con cui gli ebrei rivivono la liberazione dalla schiavitù in Egitto e commemorano la libertà.
Anche la tavola pasquale risponde a precise regole ed è imbandita, si fa per dire, da pochi elementi simbolici: tre pani azzimi, sedano, rafano, lattughe, una zampa o spalla d’agnello, un uovo sodo e una ciotola di Haroseth, una crema di datteri, frutta secca e vino per intingevi le verdure. La carne d’agnello è sulla tavola solo come simbolo per ricordare il sacrificio prima dell’Esodo.
Quindi non viene consumata. Neanche a dirlo, la cena si svolge nel massimo rigore rituale. Ogni assaggio viene scandito da recitazioni, lavanda delle mani e gesti simbolici. Ovviamente, più che di una cena, qui stiamo parlando di un rito. I menu del lungo periodo pasquale ebraico hanno un vero contenuto gastronomico e variano a seconda delle varie comunità, sefardita o ashkenazita, e della loro provenienza.