Testo di Luisa Chiumenti

E’ stato pubblicato dalla Casa Editrice Skira un interessante volume  (con edizione in italiano e in inglese), a firma di Walter Filipputti, che rende possibile una disamina completa, nuova ed originale,  di una tra le più forti eccellenze che caratterizzano  il prestigio italiano all’estero: la produzione vinicola di prestigio.  Il vino oggi rappresenta infatti la più forte esportazione nel mondo, “biglietto da visita” del Paese Italia molto apprezzato negli ultimi 50/60 anni. Il libro, come sottolinea l’autore, nasce in qualche modo dal mondo universitario e in particolare da un corso tenuto a Milano, che indagava sulle peculiarità del vino e della sua storia, al di là e al di fuori dell’aspetto strettamente tecnico. Stimolato dagli studenti stessi, coadiuvato da altri studiosi amici, è nato quindi il progetto da cui è scaturito il volume suddiviso in tre parti :”Rinascimento del vino italiano”, “Il vino italiano” . L’innovazione; La geografia del vino italiano.

Il vino italiano si presenta quindi, con questo testo, come un elemento di colloquio ed è interessante sottolineare come si tratti in effetti di un vero e proprio “ messaggio italiano”,  che passa attraverso questo prodotto,  se si considera anche solo ad esempio, come in molte occasione di visita del nostro Premier o di altri personaggi politici , nelle visite ai Paesi stranieri, fra le tante occasioni ufficiali, vengono portate in omaggio  cassette  del nostro vino. E naturalmente è anche questo un modo per farlo conoscere, perché poi quasi sempre, viene richiesto e acquistato.

Con alcuni colleghi e studenti, il progetto editoriale, ricorda l’autore, sono state quindi avviate le diverse interviste in tutta Italia e raccolte le varie storie presentate dai diversi cultori del vino, costruendo così una delle più grandi storie economiche e anche sociali. Si inizia infatti  con il linguaggio semplice inventato dai coltivatori e portato quindi all’approfondimento e alla comprensione di tutti con la creazione di relazioni sempre più ampie e vincenti, con una grande consapevolezza da parte degli operatori. Non si tratta di un libro tecnico e tuttavia segnala notevoli punti di innovazione raccontando come il vino all’inizio avesse al suo interno molta chimica, ma dagli anni’70 le conoscenze rinnovate e una nuova consapevolezza, fanno in modo che si sia raggiunta una sempre migliore salubrità del vino. Cominciando ad esempio  a gestire la fermentazione attraverso un processo naturale. Ed è da notare quanto stia tuttora cambiando il linguaggio, inizialmente solo tecnico ma pian piano più snello e si siano trovati sinonimi molto più chiari ed accessibili. Con un linguaggio  più fresco, snello e comprensibile, sempre più numerosi sono i giovani che accedono a queste particolari tematiche e sono oggi i nuovi “comunicatori” sempre  più propositivi  per il vino, sulla base della convinzione che sia “il calice” che deve parlare e che sia importante “tirar fuori le storie dal calice”. E così i giovani hanno imparato, ascoltando e seguendo la tradizione, ma rendendosi anche conto del fatto che si potesse fare vino di ottima qualità anche in gran quantità e che si poteva “vendere”. Una massima molto semplice: il vino buono si fa e si gestisce, non si manipola”. Gli autoctoni hanno creato “capolavori” sul territorio nei secoli che non si possono spostare, i figli, specializzati, laureati, aperti all’innovazione,  cominciano ad esportare dal territorio specifico, le varietà autoctone.  Il volume presenta in effetti al lettore una sorta di filosofia, oltre che di storia, del vino italiano ed è dotato anche di una bellissima veste iconografica.

Si può quindi seguire una delle prime sfide date dal passaggio da livello locale a livello internazionale ampliandosi poi nel mondo della ristorazione e quello dei mercati, primo fra tutti quello americano che ha determinato un grande successo spontaneo sul piano del marketing.

L’autore nota fra l’altro quante caratteristiche abbia questo grande patrimonio storico culturale che è fatto anche di numerosi , dettagliati interventi affidati anche al lavoro manuale, quale ad esempio, la potatura della vite dalla quale, incredibilmente per un profano,  può davvero dipendere la qualità finale del vino. Gli anziani “parlano” con la vite ed escludendo spesso ogni tipo di macchina, insegnano ai giovani questo mestiere tanto da creare vere e proprie “Scuole di potatura” .

Oggi industriali e artigiani si compenetrano nella produzione dei vini italiani e i “grandi” aiutano “i piccoli” , ci dice l’autore durante la presentazione del libro alla Stampa Estera” a Roma, anche attraverso i Consorzi , nati appunto per aiutare, con strutture interne, chi non ha ancora la forza  sufficiente.

Per informazioni:

www.skira.net