Dublino si veste di festa per celebrazioni del Bloomsday

di Pamela McCourt Francescone

 

Oggi, 16 giugno, è Bloomsday, la ricorrenza di quel giorno descritto da James Joyce nel suo capolavoro Ulysses.  Oltre 30mila parole – più di tutti gli scritti di Shakespeare messi insieme – per descrivere un solo giorno, appunto il 16 giugno del 1904, ventiquattro ore durante le quali lo scrittore irlandese segue Leopold Bloom, ebreo e venditore di spazi pubblicitari, la moglie Mollie e un numero inverosimile di personaggi come l’insegnante Stephen Dedalus e Buck Mulligan, il cui nome appare nella prima riga del romanzo.

Il modello scelto da Joyce per il suo più famoso libro è l’Ulisse, infatti ogni capitolo richiama un capitolo dell’opera di Omero e viene associato con un’ora specifica della giornata, con un colore e con un simbolo. Un’opera complessa, ambientata a Dublino, che racconta la vita quotidiana e quella interiore dei personaggi in un intreccio di descrizioni realistiche, con rappresentazioni verbali dei pensieri intimi dei protagonisti per i quali Joyce fa appello alle tecniche del flusso di coscienza e della narrazione interiore.

Il giorno è stato scelto da Joyce per un motivo sentimentale perché il 16 giugno fu il giorno in cui lo scrittore, allora 22enne, uscì per la prima volta con la futura moglie Nora Barnacle. Nato a Dublino in una famiglia borghese, il maggiore di 10 figli sopravvissuti e con un padre alcolista, Joyce si laurea all’università di Dublino e subito si trasferisce a Parigi, iscrivendosi a medicina alla Sorbonne. Ma dopo pochi mesi fa ritorno a Dublino al capezzale della madre. Seguì un periodo in cui Joyce beveva molto e la vita familiare di Joyce e Nora fu alquanto instabile, infatti la coppia ha cambiato dimora almeno 30 volte. Nel 1904 partono per Trieste e l’esilio auto-imposto che li terrà lontano dall’Irlanda per moltissimi anni.

A Trieste Joyce ottiene un posto come insegnante alla scuola Berlitz a Zurigo e grazie alle lezioni private che dava in case nobili conobbe Italo Svevo al quale si ispirò per il personaggio di Leopold Bloom, e che ha fornito allo scrittore molti dei dettagli sull’ebraismo che riscontriamo in Ulisse.

Ogni 16 giugno Dublino cambia fisionomia. Le strade cittadine brulicano di attività ispirate allo scrittore e ai suoi personaggi, con cittadini e attori che vestono abiti di epoca edoardiana. Mentre quelli più fanatici indossano i panni dello scrittore con il tipico cappello a bombetta o la paglietta, e gli occhialini tondi.

La giornata inizia con il famoso Irish Breakfast, la prima colazione irlandese innaffiata con l’ottima birra Guinness. Di rigore nel piatto le uova, il bacon, le salsicce, funghi champignon e pomodori fritti in padella e, in omaggio a Joyce, anche fettine di fegato e rognoni fritti.

Un’altra specialità legata a Ulisse e al 16 giugno sono i Banbury Cakes, dolci di sfoglia di strutto di forma ovale ripieni di ribes e spezie e con tre piccoli tagli sulla parte superiore attraverso i quali fuoriesce il profumato ripieno.

Tra le tappe d’obbligo a Dublino e nei dintorni, Davy Byrnes, il pub nel pieno cuore della città, dove fermarsi per assaggiare il famoso tramezzino di gorgonzola con un bicchiere di Bordeaux – anche se sono in molti ad abbinare l’onnipresente Guinness – come descritto da Joyce.

Altra tappa d’obbligo è la Martello Tower sul lungomare nel quartiere di Dun Laoghaire, all’interno della quale si apre il romanzo, e verso il quale molte persone fanno l’annuale pellegrinaggio letterario. E l’attenzione e le attività si focalizzano anche su Merrion Square, il grande parco cittadino nel cuore di Dublino, luogo del primo appuntamento tra Joyce e Nora.

E’ uscita in questi giorni, edita da UCD Press di Dublino, The Real People of Joyce’s Ulysses, una guida biografica della scrittrice ed esperta joyciana Vivien Igoe che sviscera le centinaia di personaggi descritti nel grande romanzo, rivelando le persone realmente vissute che si celano dietro quelle  di fantasia create dall’autore. Un’antologia di grande respiro che rivela come e dove vivevano, e persino con indicazioni su dove sono sepolte, le persone reali, “dietro” quelle del romanzo. Una cronaca sociale di grande spessore e  una visione appassionata della vita e della città di Dublino ai tempi di Joyce.

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