A COPERTINO, SUGLI SPALTI DEL CASTELLO DUECENTESCO, PIANTATO UN VIGNETO DI NEGROAMARO

E’ UNICO AL MONDO

Testo di Mariella Morosi

E’ dal duecentesco Castello di Copertino che può cominciare un viaggio nelle terre leccesi del Negroamaro. In cima a questo maniero angioino, tra i contrafforti e i torrioni, è stato piantato un vigneto di Negroamaro Cannellino, una varietà antica di questo vitigno autoctono pugliese che con il Primitivo e il Nero di Troia sta conquistando il mondo. Forse le cento viti piantate sul castello non daranno che poche bottiglie, ma l’idea è forte, non solo perché un vigneto su un castello non si era mai visto, ma perché rappresenta un simbolo di quello che è stato ed è per i copertinesi il Negroamaro. Il vino si è sempre fatto, bevuto, e anche venduto in questa cittadina leccese di pietra bianca, famosa per aver dato i natali a San Giuseppe da Copertino,  quel frate che volando fin sopra i tetti delle chiese andava dove c’era bisogno del suo miracoloso intervento. Oltre alle piccole quantità che i contadini serbavano per la famiglia come nutrimento e fonte di energia, magari annacquandolo,  il prezioso vino veniva venduto. Ancora mosto, in grandi cisterne e nella stive delle navi prendeva la via del Nord, dove andava a afforzare vini esangui con scarsa personalità e alcolicità. Erano bollati come “da taglio” e quel Negroamaro, come altri vini salentini, diventata un’altra cosa,  perdendo la propria identità, mescolato senza nome a vini anche blasonati.

L’orgoglio di una produzione di qualità è venuta solo dopo, negli ultimi decenni. Quello che veniva bevuto e finalmente apprezzato, prima al di là dei confini regionali e poi al di là dell’Atlantico, ha riacquistato il suo nome vero: quello del vitigno di provenienza con tutto il suo orgoglio della forza data dal sole di Puglia. Eppure Copertino, piccolo centro nato intorno al suo castello, vanta in questo processo di rinascita un merito particolare. Qui, nel 1936, un piccolo gruppo di viticoltori si unì per essere più forte, per condensare potenzialità tanto difficili da far conoscere solo con le proprie forze. Nacque così la Cantina Sociale Cupertinum, un modello destinato ad ispirare l’unione di altre modeste realtà produttive e non solo regionali. Oggi i soci sono 350 e non c’è critico o guida che ignori la qualità di una produzione che ha imboccato la via della qualità senza compromessi. L’ultimo riconoscimento è quello della Guida 2015 de L’Espresso che ha appena dato il Premio di Vino d’Eccellenza a “Settantacinque Copertino Doc Riserva 2007″. Molto ha fatto anche il Movimento Turismo del Vino di Puglia, da anni impegnato a potenziare la conoscenza dei vini insieme a quella delle eccellenze agroalimentari, anche attraverso itinerari tematici e iniziative nazionali e internazionali. L’ultima, il Puglia Top Wine Road Show, fino al 9 novembre porterà a Roma e a Milano le eccellenze vitivinicole e gastronomiche pugliesi. L’idea del vigneto sul Castello è venuta a Francesco Trono, presidente della Cupertinum, al suo enologo Giuseppe Pizzolante Leuzzi, ed  è stata subito accolta e sostenuta  dalla Direzione del Castello e da dalla Soprintendenza dei beni Architettonici e Paesaggistici.  Ma non è una novità, perché tanti documenti dimostrano come spesso  in passato i bastioni dei castelli ospitavano giardini pensili con viti e olivi.

Con questo progetto è stato confermato ancora una volta il legame della cantina con la cultura del luogo. La città è gemellata con Cupertinum, la capitale della Silicon Valley californiana e le relazioni che sono nate valorizzano anche i vini e il territorio, nelle mete del turismo religioso. Sono 14 le Dop che vedono protagonista questo vitigno, in purezza o in blend: la Copertino anzitutto, rosso e vellutato, con una piacevolezza persistente, e tannini grintosi, poi Aleatico di Puglia, Alezio, Brindisi, Copertino, Galatina, Gioia del Colle, Leverano, Lizzano Matino, Nardò, Ostuni, Rosso Cerignola, Salice Salentino e Squinzano. Ma l’acino dalla spessa buccia pruinosa può essere anche vinificato in bianco, diventare spumante e anche dolcissimo passito. L’interesse del mondo del vino è confermato dai dati dell’export, ma anche dall’interesse di chi è venuto da lontano per investire su questo e altri vitigni autoctoni : da Zonin che ha acquisito Altemura, una splendida masseria bianca tra gli olivi a Claudio Quarta che con la figlia Alessandra ha creato la cantina Moros, producendo da piccoli territori “vini con l’anima” e appendendo al chiodo la carriera di biologo di levatura internazionale. Ma ci sono anche cantine in cui è forte e determinata la conduzione familiare, come Bonsegna, Cantele, Feudi Guagnano, Petrelli, Paolo Leo, Apollonio, o aziende di grandi dimensioni come la Due Palme, Castello Monaco o la Tenuta Mater Domini. La più  antica di tutte la Leone De Castris che per prima ha fatto varcare l’Oceano nel 1943 al suo rosato Five Roses, a base di Negroamaro e Malvasia.

E’ una storia di guerra a lieto fine, in un Puglia occupata, che ebbe come protagonista un generale americano che trovò irresistibile un vino rosato, battezzato “Five roses”. Mancavano le bottiglie giuste in quel periodo bellico, e fu spedito negli Stati Uniti in bottiglie da birra. E’ una storia avvincente, divenuta un romanzo che l’attuale titolare della cantina, Piernicola De Castris, regala a tutti i visitatori. Copertino è a 15 km a sud di Lecce, 10 km dal Mar Ionio e 35 dall’Adriatico.E’ una città con molto da gustare ma anche da vedere: Oltre al Castello – ed ora con  il suo vigneto tra i torrioni- c’è la vedere la Collegiata, la Chiesa Matrice o della Madonna delle Nevi, col suo bel portale rinascimentale e numerosi Palazzi nobiliare in stile barocco. Imperdibili la casa natale di San Giuseppe da Copertino e le tante iniziative e le sagre a lui dedicate.

www.cupertinum.it

www.mtvpuglia.it

www.comune.copertino.le.it