Roma. Galleria Borghese, fino al 15 giugno 2014

                                   Testo di Luisa Chiumenti

La Galleria Borghese, nell’ambito di un programma da tempo avviato, relativo ad una sorta di raffronto fra scultura classica e scultura moderna e contemporanea, presenta ora,  in un dialogo davvero sorprendente e stimolante la mostra:  “Giacometti. La scultura”. “Luogo della scultura per eccellenza, la Galleria Borghese conserva capolavori dell’epoca greco-romana, del Barocco e del Neoclassicismo. E’ nata così l’esposizione che  racconta l’opera di Giacometti attraverso 40 sculture, posti in dialogo con i capolavori della Galleria in  un panorama pressochè esaustivo dei modi e in cui è stato interpretato il concetto di statua nelle diverse epoche. Tra i pezzi in mostra ricordiamo: “Femme qui marche” (1936, collezione Peggy Guggenheim, Venezia – Bronzo 144,6 cm), “Buste de Diego” (1954, Centre Pompidou, Parigi),  “Femme de Venice V”(1956, Collezione privata), “Buste d’Annette” (dit Venise – 1961- Bronze 46 x 26,5 x12 cm – Bunder Kunstmuseum Chur), “Homme qui marche  i . 1960 – Bronzo, 183x26x95.5 cm – Collection Fondation Aimé  et Marguerite Maeght) e un interessante nucleo di disegni. Figure  magre e allungate, forte  espressione della fragilità umana e testimoni di una latente  inquietudine fra gli ideali di bellezza scultorea dei secoli passati.

“Opere in cui, citando Jean-Paaul Sartre, c’è la tragedia dell’Uomo  contemporaneo, destinato a vivere “con la morte nell’anima, in un vuoto attraversato dal reale”. Ecco così proposta a Roma la più completa esposizione del grande scultore svizzero mai realizzata  in Italia, curata da Anna Coliva, direttrice della Galleria e da Christian Klemm, illustre studioso dell’opera del maestro e promotore delle sue mostre più importanti.”Queste sale, spiega Anna Coliva“, sono state la palestra degli artisti di tutte le epoche e di tutto il mondo e hanno fatto diventare la Collezione Borghese una straordinaria raccolta di sculture. ”Queste sale”, spiega Anna Coliva“, sono state la palestra degli artisti di tutte le epoche e di tutto il mondo che hanno fatto diventare la Collezione Borghese una straordinaria raccolta di sculture. Una foresta di statue in cui è fortemente presente la rappresentazione della figura umana e poiché mancava solo il XX secolo, si è pensato ad  Alberto Giacometti  per raccontarlo degnamente”.

Da una annotazione scritta su di un pannello in una delle sale della Galleria, si è guidati in una giusta “lettura di quanto in esse viene presentato. Vi si legge infatti come:  “chi percorra le sale della Galleria sia  come mosso e accompagnato dal “recitar cantando” della scultura barocca, sotto gli innumerevoli sguardi immobili della statuaria greco-romana circostante, con i loro occhi fissi in un altrove di eternità”. L’intento è infatti quello di suscitare la percezione della “teatralità scenica, caratteristica del combattimento tra antico e moderno”, sempre vivo in un drammatico faccia a faccia,  oggi come ieri e già al tempo del Cardinale Scipione. Le sculture di Giacometti creano attorno a sé “l’alone volumetrico di una drammatica cornice immateriale invisibile, ma sensibile” Per fare un cenno sulla formazione di Giacometti, è interessante ricordare come egli, abbandonati gli studi liceali, nel 1916 si sia trasferito  a Ginevra per frequentare la Scuola di belle Arti. Sei anni dopo  si sarebbe stabilito a Parigi per seguire i corsi dello scultore Antoine Bourdelle, sperimentando in parte il metodo cubista. Seguito poi  il movimento surrealista, dal ’27 cominciò ad esporre  al Salon des Tuileries. Il successo arrivò presto, quando ancora  frequentava scrittori e poeti  come Prévert, Aragon, Elauard, Bataille, Queneau, e artisti come Arp,Mirò, Ernst e Picasso.

Nacque poi  un forte sodalizio con André Breton, per il quale scrisse  e disegnò sulla rivista “ Le resurréalisme au service de la Rèvolution. Sentita però ben presto l’esigenza di tornare sul tema della “rassomiglianza assoluta”, dal 1935 al ’40, si concentrò nello studio della testa, “partendo dallo sguardo, sede del pensiero, fino alle figure intere, nel tentativo di “cogliere l’identità dei singoli esseri umani con un solo colpo d’occhio”. Nel’46 intraprese  una nuova fase durante la quale le sue statue si allungarono e le membra si distesero  in uno spazio atto a contenerle e  completarle. Alla Biennale di Venezia del 1962 gli venne conferito il Gran Premio della scultura e gli ultimi anni furono all’insegna di un’attività frenetica e di un susseguirsi di grandi mostre in tutto il mondo. I suoi lavori sono nelle collezioni pubbliche e private più prestigiose e passano di mano nelle aste internazionali a cifre milionarie”.

Realizzata da Arthemisia Group, la mostra si avvale di un bel Catalogo edito da Skira.

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