LUISA CHIUMENTI



Il Castello di Mesola è una tra le più imponenti “Delizie Estensi”, ossia quelle dimore fuori città che venivano utilizzate dai principi per il proprio svago, per cacciare, riposare o per impressionare gli ospiti.Completamente ristrutturati, il Castello e la Corte accolgono oggi le testimonianze del passato, ed ospitano convegni, mostre, eventi e altri importanti appuntamenti. Mentre infatti il  piano terra è dedicato alla famiglia estense, con il  grande albero genealogico e lo stemma araldico, accanto ad interessanti cartografie della tenuta, ed episodi di vita cortigiana, legati alle varie delizie, rappresentati nelle formelle di terracotta di Alberta Grilanda, il piano nobile offre un percorso  storico-antropologico sugli ambienti e le culture del Delta del Po, suddivisi in differenti sale tematiche. Un vero e proprio laboratorio è offerto inoltre dal Centro di Educazione Ambientale (C.E.A.), realizzatoin collaborazione con il Ministero dell’Ambiente, che allestito al piano superiore, presenta un percorso interessante che parte  dalle origini e dall’evoluzione del Delta del Po, per condurre il visitatore all’interno dei diversi ecosistemi che lo compongono.



Il riconoscimento a Ferrara del titolo d’appartenenza ai siti patrimonio dell’Umanità  quale “esempio eccezionale di città del Rinascimento”, è stato esteso nel 1999 a tutto il territorio estense proprio per motivazioni che riguardano  le “residenze dei Duchi d’Este  nel Delta del Po”, illustrando in modo eccezionale l’influenza della cultura del Rinascimento  sul paesaggio naturale. Ma se il museo offre una visita “virtuale” è invece possibile percorrere in barca proprio quelle  affascinanti vie d’acqua che,  legate al parco del Delta del Po, partendo da quello fluviale e golenale, attraversando la spiaggia e la duna, la pineta litoranea, la valle d’acqua salmastra, la valle d’acqua dolce,  arriva  in certi tratti fino a lambire il bosco. Ci vengono incontro, prima di giungere all’imbarco, i paesaggi suggestivi che circondano, immersa nel verde, una storica “chiavica” di regolazione delle acque,  la Torre dell’Abate.



Il sole fa splendere il cotto della costruzione, che si specchia nell’acqua sottostante,  dove fluttuano i pesci pronti a farsi pescare…per essere poi “riposizionati” nell’acqua, “secondo il Regolamento”. Leggiamo infatti su un cartello apposto dall’A.T.I. Turismo Cultura Nord-Est, sotto il titolo “Zona di pesca “no-kill” come sia stabilito il “Rilascio immediato delle specie ittiche catturate”, indipendentemente dalla tecnica adottata (Carp Fishing, Spinning, Mosca, etc. )! Poco oltre, poco prima di raggiungere il grazioso paese ed il porticciolo di Goro, ecco un’altra torre-chiavica, la Torre Palù, immersa in una campagna sconfinata, a regolare quelle acque che, incanalate, hanno permesso all’uomo di appropriarsi della terra. Risalente alla prima metà del secolo XVIII, costruita per garantire lo scolo  a  mare del Canal Bianco e impedire la risalita delle acque marine con l’alta marea, la bella costruzione in laterizio era utilizzata, nel primo piano, per le operazioni idrauliche e nel  secondo come abitazione.



Ma noi proseguiamo il viaggio, anche se il  tempo sta cambiando e grossi nuvoloni annunciano un tipico temporale estivo; ma abbiamo scelto di proseguire comunque, in quel giorno di mezza estate, verso l’imbarco, in direzione di Anita, per fare un giro nelle valli di Comacchio, a scoprire la bellezza dei “Casoni”. C’é molto vento e i nuvoloni neri ormai minacciano pioggia: bisogna rifugiarsi all’interno del battello; ma per poco, la pioggia dura pochi minuti perché il vento fa muovere le nuvole velocemente. L’itinerario prevede la visita di alcune “Stazioni di pesca”, dette appunto “Casoni” , tra cui il Casone Serilla, che era a capo del quartiere di valle, ed era tanto più importante in quanto più esteso era il suo bacino di pesca e più grande era la quantità del pescato e numerose le attività lavorative che vi si svolgevano. Così anche gli attrezzi e i manufatti costruiti nell’ampia “tabarra” servivano ad integrare quelli prodotti nelle stazioni minori del quartiere.



Nella grande stazione risiedeva il fattore, responsabile tecnico degli impianti e dell’attività di pesca dell’intero quartiere della valle che era anche il  Capo della famiglia (che includeva anche tutto il personale della stazione), mentre uno scrivano aveva mansioni amministrative. L’arredamento era davvero semplice ed essenziale, sia nelle cucine che nei dormitori (oggi si direbbe..”minimale”!), ma c’era la possibilità di collegarsi (con “il resto del mondo”!), con un vero “telefono”, fin dai primi del secolo scorso. La visita permette di captare la vita difficile, la fatica dei “vallanti”, la solitudine durante i lunghi inverni, malamente riscaldati dai camini: tutto un mondo che il Comune di Comacchio tutela con cura per consegnarlo alla storia di un territorio che ha saputo da un lato “rubare” la terra alla prepotenza dell’acqua e dall’altro sfruttare quella stessa acqua, con la fruttuosa pesca delle anguille. Non possiamo qui soffermarci su quel luogo unico per religiosità, arte e bellezza che è Pomposa, ma non possiamo fare a meno di ricordare, che fu proprio da quella Abbazia che partì  la prima sostanziale opera di bonifica del territorio.