MARIELLA MOROSI
16 GENNAIO,LA MAGICA NOTTE DI FUOCO DEDICATA S.ANTONIO ABATE
Da tempo immemorabile si svolge a Novoli, nel Leccese, la Focara, una festa dedicata a Sant'Antonio Abate, tra le più suggestive e sentite di tutto il Mediterraneo. La notte del 16 gennaio sarà ACCESO un immenso falò con una catasta di legna alta 25 metri e larga 20 che brucerà tutta la notte illuminando a giorno la città e i dintorni. E' il momento più emozionante della festa del fuoco che i novolesi tributano al loro Santo Protettore. Dura giorni e giorni con le più varie iniziative,a partire dal 7 gennaio con il Novenario per terminare il 18. Per il momento più atteso, quello dell'accensione dell'enorme catasta tra preghiere e canti, arrivano ogni anno migliaia di visitatori e pellegrini.Mentre il fuoco divamperà nella piazza Tito Schipa,fino all'alba si svolgeranno balli, concerti di musica etnica e folk, spettacoli e fuochi d'artificio, tra la pioggia delle scintille e i fumi dei profumati arrosti che sfrigolano sulle braci. Quest'anno si esibiranno Roy Paci & l'Orchestra del fuoco,Daniele Silvestri,Moni Ovadia e Shantel. Il "Santo del fuoco", il cui culto fu ufficializzato nel 1664, è anche protettore degli animali, da stalla e da cortile. Un altro dei momenti rituali è la Benedizione degli Animali, prima della solenne processione. Il Santo,secondo la leggenda, fu un porcaro e nell'iconografia classica è rappresentato con accanto un porcellino e con in mano un bastone con un campanello.Anche se negli anni molte tradizioni sono state abbandonate in nome della modernità resta la suggestione del rito più antico. Negli anni Quarante nel paese si lasciava libero lu 'ntunieddru (diminutivo dialettale di Antonio), un maialino con un fiocco rosso al collo che girovagava rispettato e indisturbato nel paese, mangiando tutto ciò che gli capitava a tiro. Successivamente, veniva sorteggiato durante la festa. Non è dato conoscere -ma si può immaginare- il destino del porcello. Per la buona riuscita della Focara, ogni anno si costituisce un comitato con il compito di raccogliere i mezzi in denaro o in natura per finanziare la festa. In passato si usava chiedere ai cittadini, in prevalenza durante le domeniche, un obolo.Si girava per le case del paese cu lu cippu, un salvadanaio, chiedendo un contributo.
Un'altra fase importante in passato era la distribuzione da parte del parroco dei "panini di S. Antonio", che avveniva sul sagrato della chiesa. Il pane, consegnato ai contadini e agli allevatori, veniva fatto mangiare agli animali malati, e sembra che poi guarissero. La fine della benedizione è accompagnata da rintocchi di campane e fragorose salve, segni questi che danno inizio alla processione del simulacro del santo, che si snoda tra le vie del paese. La statua è portata a spalla da devoti, che offrono grosse somme per avere questo onore, e dietro di essa si formano due ali interminabili di folla. Nelle edizioni più antiche della festa migliaia di uomini e di donne percorrevano,in segno di grazia ricevuta, l'intero percorso della processione scalzi e tenendo in mano dei pesantissimi ceri fino alla Chiesa Matrice dove si teneva il panegirico.Durante il percorso della processione venivano sparati fragorosi colpi con cadenza regolare.Il ritorno del Santo nella sua chiesa addobbata con fiori e drappi scarlatti dà il via all'accensione del falò. Il legno per la catasta ancora oggi viene portato con i carri già a dicembre: si tratta di tralci di vite residui della potatura delle viti del Parco dei feudi del Negroamaro, ma una volta andavano bene anche vecchi mobili e sedie rotte perchè -si diceva- "tuttu è buenu pè la Focara". Non è facile accatastare tanta legna e renderla stabile, ma fortunatamente con l'esperienza di generazioni e generazioni i maestri (pignunai) riescono a garantirne la stabilità e la dimensione. Occorrono dalle 80.000 alle 90.000 fascine, legate tradizionalmente con del filo di ferro. Un'antica usanza era quella di issare sulla cima del falò un ramo di arancio, colto nel giardino del prete. Con il passare del tempo, dalla forma a cono della catasta, si è passati a quelle più fantasiose come quelle a piramide, a torta a strati sovrapposti, con la galleria (un tunnel nel centro del falò, in cui il giorno della processione passa anche la statua di S. Antonio Abate), con oblò e con decorativi pinnacoli.Per la costruzione di una focara occorrono 100 persone circa abbastanza abili per restare ore in piedi sui pioli delle lunghe scale e passarsi l'uno sull'altro al di sopra della testa i fasci,durante la difficile fase della "bardatura".
Poi giunti in cima vengono sistemati in perfetto equilibrio dal mastro costruttore. Proprio sulla cima, la mattina della vigilia, viene issata un'artistica bandiera, sulla quale è un'immagine del santo, che poi brucia insieme al falò. L'onore dell'accensione spetta al presidente del comitato o al Sindaco, anche se negli ultimi tempi molti sono gli ospiti illustri che presenziano la magica sera del 16 gennaio. Il giorno successivo tra i novolesi ricorre l'usanza di astenersi obbligatoriamente dal mangiare carni e latticini. Si pranza col pesce e i piatti tipici del giorno sono gnocchi in zuppa di baccalà, scapece (pesce condito con zafferano, pangrattato e aceto), frutti di mare, pittule, purciddhruzzi e cartiddhrate, dolci delle festività natalizie, tutto accompagnato dal moscato o dal rosolio locale.Ogni anno viene pubblicata una cronaca fedele della Focara, con taglio piacevolmente umoristico: "Le fasciddre te la focara" e "Sant'Antonio e l'Artieri" sono testi giunti rispettivamente alla 41a e alla 27a edizione e costituiscono le fonti di importanti informazioni sul culto, sulle tradizioni, sul folklore e sulla devozione.Ma c'è tutta una fioritura di pubblicazioni anche d'epoca, che dimostrano come la festa sia sentita da tutti i novolesi. A questa edizione 2012 ha contribuito l'arte di dello scultore Mimmo Paladino con i suoi famosi cavalli."Mescolando fede, costumanze, evocazioni, leggende, racconti e riferimenti letterari, tra scultura, installazione e ambiente – spiega il direttore atistico Toti Carpentieri- Paladino celebra una rappresentazione che ha una grande forza evocativa ponendo sui sentieri della memoria i suoi cavalli, realizzati in cartapesta da Carmen Rampino secondo l'eccellenza della tradizione salentina ed installati nella loro interezza o parti di un tutto, come fossero generati dal cuore stesso della Fòcara. Ci sono tutti gli elementi per dire che l’atto di congiunzione tra il patrimonio dell’arte e quello della cultura popolare costituisce un’esperienza unica nel suo genere e dunque prototipo di una nuova stagione".Mimmo Paladino, ha firmato anche il primo manifesto d’autore della Festa del fuoco e una xilografia – prodotta dall’autore in tiratura limitata che racconta i misteri della magica notte.