LUISA CHIUMENTI
Il Porto di Fiumicino
L?arte figurativa, dalla incisione cinquecentesca alla pittura di genere della seconda metà del Seicento con il lavoro caratteristico dei viaggiatori del Grand Tour, agli studi del primo Novecento, sono state illustrate da una mostra allestita nelle Sale Centrali del Complesso del Vittoriano in Roma.
Sono così apparse al visitatore le immagini suggestive di un territorio che ha colpito la fantasia di quasi tutti gli artisti, fino ai famosi XXV della Campagna Romana dei primi del ?900 ed ai più grandi della Scuola Romana: da un disegno ad olio di Corrado Cagli, ai dipinti di Francesco Trombadori, Carlo Levi, Giovanni Stradone, Mario Mafai e Giulio Turcato.
Circa 140 le opere tra olii, acquerelli, disegni e incisioni provenienti da Collezioni private e in gran parte esposte al pubblico per la prima volta.
Ed ecco tanti scorci ben conosciuti: da ?Il cosiddetto Tempio di Vesta? di Ippolito Caffi o la suggestiva gouàche ?Presso Castel Gandolfo? di Georg Heinrich Busse al profilo di ?Nettuno visto da Anzio? di Nino Costa, in una interessante presentazione della suggestione di tali luoghi vissuta dagli sugli artisti di ogni tempo.
Giovani donne in costume di Ariccia
e di Nettuno presso un?edicola,
sullo sfondo di Ariccia
Curata da Clemente Marigliani e organizzata dall?Associazione Coriolano, con la collaborazione di Comunicare Organizzando, l?esposizione si sviluppa in un percorso allestito nelle diverse sale dell?area centrale del Vittoriano e presenta il territorio laziale, a sud fino a Terracina e a nord fino a Civitavecchia, inoltrandosi anche all?interno verso i Monti Tiburtini, i Lepini e gli Ausoni.
Si sono così potute osservare non solo le suggestive rappresentazioni della campagna romana, ma anche quella delle più conosciute ?marine? , a cominciare da quelle di Pierfrancesco Mola, presente a Nettuno, il quale dimostra, forse primo pittore di questo genere, una conoscenza molto approfondita di quel territorio che va dalla Punta di Astura al Promontorio del Circeo. Seguono poi le numerose ?Marine? della costa romana dal XVII al XX secolo, molto realistiche, come: ?Il Porto di Fiumicino? di Paolo Anesi, del XVII secolo.
Di grande interesse é stata anche la sezione dedicata alle incisioni. L?uso del ?niello? infatti, che in precedenza era stato caratteristico dei soli laboratori di oreficeria, cominciò ad essere adottato da artisti (italiani e tedeschi prevalentemente), per dare vita all?arte incisoria; basti pensare a due artisti quali furono in questo campo Benvenuto Cellini (1500-1571) o Giorgio Vasari (1511-1574).
Porto di Anzio
E fu infatti nel pieno Rinascimento che, particolarmente a Roma, ma anche a Firenze, trovò vasto campo la nuova tecnica e l?incisione a stampa divenne ben presto un grande strumento per la publicizzazione dell?arte della Roma rinascimentale. Attraverso le incisioni infatti la città Eterna presentava la propria immagine ai visitatori che, da tutta Europa desideravano avere un ?contatto visivo? con le grandi meraviglie che avevano visto rappresentate.
L?incisione veniva così considerata …?primo ed unico mezzo allora capace di riprodurre e diffondere l?arte?, così come ebbe a dire M. Fragonara nel saggio ?Artisti a Roma tra il XVI e il XVV secolo? ( in ?Charta?, anno 6 , n.30, sett.-ott. 1997, pag.21).
Essa servì infatti a far conoscere in tutta Europa le opere dei maggiori artisti del tempo, specialmente Raffaello e Michelangelo. E? così che Marcantonio Raimondi ed i suoi allievi riuscirono a far conoscere, attraverso l?incisione, moltissime opere di Raffaello, anche dopo la sua morte.
Mandria sul Ponte Milvio, 1873
E se poi il Sacco di Roma del 1527, causando la perdita di molte lastre del Raimondi, mise in crisi il mercato editoriale, ci fu ben presto una ripresa attraverso le botteghe dei copisti, tipografi, e librai romani che, concentrati nel Rione Parione, attorno a Piazza Navona, rese nuovamente fervida l?attività particolarmente attorno al milanese Antonio Salamanca (1500 ca. ? 1562) ed ai fratelli Michele e Francesco Tramezzino (di origine veneziana), nonché l?editore Tommaso Barlacchi, attivo a Roma tra il ?40 e il ?50 del Cinquecento (cfr. Catalogo della mostra), ricordando fra l?altro come nascesse anche, in quegli anni, l?importante ?Sodalizio Salamanca-Lafréry?.
Fu proprio Antonio Salamanca che, giunto a Roma intorno al 1528, riuscì a salvare alcune matrici sia del Raimondi, che di altri artisti, quale, ad esempio, Baccio Bandinelli.
E in seguito il Salamanca cominciò a stampare le opere degli artisti che, attivi a Roma in quegli anni, raffiguravano le antichità romane , dalla Porta Maggiore, al Pantheon, al Colosseo.