Testo e Foto di TERESA CARRUBBA
Le mani di Gilian sfiorano con leggerezza e sapienza il volante del fuoristrada, è un Tuareg, il padrone assoluto del deserto. I suoi occhi sono pronti a sorridere ad ogni nostro sussulto di paura e stupore quando saliamo in accelerata sul fianco della duna per non arenarci e arrivati in cima, in bilico con le ruote sospese, non c?è tempo per capire cosa ci sia al di là. Un salto e di nuovo l?impatto con la sabbia per la discesa, a volte quasi perpendicolare. Dura meno d?un respiro, quel momento. Parole. Non si può descrivere il deserto. Il deserto va vissuto. Ogni frase è la fine di un pensiero e l?inizio di un altro; un ponte che collega le infinite emozioni che si affastellano dentro di me. Scopro la mia nudità mentale, sensazioni finora inascoltate, in questo immenso deserto dove scorrerà tutto ciò a cui la fantasia mi lascerà avvicinare, molto di quello che in futuro potrebbe divenire un infinito presente.
Intanto non ho fretta di esprimermi, voglio la mia emozione tutta per me, almeno finché non ne subentri un?altra, un?altra e un?altra ancora. Il Sahara libico. Un rifugio nella Madre Terra, un luogo dove nidificare per procreare una generazione che potrebbe riportare l?essere umano alla vita primitiva. Qui si consuma tutto, l?Alfa e l?Omega, la genesi e l?apocalisse. L? urlo del silenzio più assoluto va a tempo con il pulsare del sangue nelle vene, nella pienezza del Nulla più assoluto si volteggia a 360 gradi senza riferimenti stabili che durino più di una tempesta di vento. Qui, una sola categoria di sentimenti è identificabile, l?ebbrezza della libertà interiore e il distacco dal mondo civilizzato. Chi per la prima volta ha parlato di Mal d?Africa, forse intendeva proprio questo, un tale godimento dell?anima da provocare una sottile sofferenza dopo l?allontanamento.
E il Fezzan libico è sicuramente la più straordinaria porzione del Sahara, con gli erg di Ubari, Uan Kaza e Murzuk, i rilievi dell?Acacus e del Messak. Spazi senza orizzonti, infiniti di sabbia assoluta o sabbia da cui spuntano gigantesche concrezioni di arenaria rosa. In certi tratti dell?Acacus il paesaggio è tinto di nero dalla vernice del deserto ? una patina di manganese che ricopre la superficie delle arenarie esposte all?aria, testimonianza di fasi umide del passato (Olocene iniziale e medio). Difficile da immaginare, ma tra 10.000 e 8.000 anni fa, Il Fezzan era una savana lussureggiante con una copertura vegetale continua e diffuse zone umide permanenti.
La ricchezza di risorse vegetali, in particolare cereali selvatici, e lo sviluppo di civiltà basate su caccia e raccolta, provocarono la concentrazione sulle montagne di popolazioni che si rifugiarono qui da quelle regioni di pianura impoverite durante le fasi aride. Le valli fluviali oggi secche, i cosiddetti uadi, sono prova indiscussa della presenza passata di grandi fiumi, la cui portata si è affievolita nel corso degli ultimi diecimila anni fino a scomparire.
Successivamente all?èra florida, durante l?ultima fase iperarida, cominciò la desertificazione. Fu il vento, poi, a disegnare tutto. Sollevò la sabbia in dune altissime di cui delineò i profili capricciosi e bizzarri creando un magnifico gioco di vuoti e di pieni, di pareti lisce e striate che si offrono al percorso del sole spostando ad ogni fascia del giorno i coni di luce e d?ombra. E la sabbia vira da un tenue terra di Siena naturale ad un caldissimo ocra, al rosso argilla del tramonto. Vere e proprie sculture d?autore. Sembrano opere d?arte anche le formazioni rocciose dell?Acacus modellate nei millenni dal vento e dall?escursione termica tipica del deserto, spesso avvolte dalle dune di sabbia con un effetto materico e cromatico davvero coinvolgente. Canyon, piramidi, forme avveniristiche ed elementi naif simili ai castelli costruiti con colature di sabbia bagnata. C?è persino un ?arco di trionfo?, a Fozzigiaren, assurto a simbolo dell?Acacus.
La scenografia di un film mai girato, la finzione di una realtà mai sognata. Eppure qui l?uomo ha vissuto e vi ha trovato rifugio lasciandone preziosa testimonianza in una primitiva arte rupestre di straordinario significato. Il Tadrart Acacus è ricco di dipinti e graffiti raffiguranti animali e scene di vita quotidiana risalenti anche a 10.000 anni fa. Tin Tarharit e Uan Amil, sono i siti più importanti e che raccolgono i dipinti più raffinati in migliori condizioni di conservazione. La grotta di Uan Amil, soprattutto, perché è qui che viene documentata per la prima volta la comunicazione grafica attraverso intere scene e non più soltanto figure isolate di animali od ominidi, segnando una fase evolutiva del periodo neolitico del Sahara. E la grotta naturale di Tin Tabora, affluente dell?uadi Auis, nell?Acacus settentrionale, con dipinti di eccezionale bellezza e tifinagh, caratteri dell? alfabeto tuareg.
Il Messak Settafet , l? altopiano nero
A buon motivo, dunque, il Parco nazionale del Tadrart Acacus è segnalato dall?Unesco come Patrimonio dell?umanità per le sue peculiarità geologiche e storiche. Tra i maggiori uadi dell?Acacus, il Teshuinat, nella parte centrale del massiccio si snoda per decine di chilometri digradando fino a sprofondare nelle sabbie dell?erg di Uan Kaza, un tripudio della natura dalla bellezza esasperata attraverso dune gigantesche, che sembrano sovrastarti come cavalloni di un oceano in tempesta. L?erg di Uan Kaza è il passaggio morbido che s?insinua, insieme alla vasta piana del reg Taita, tra l?Acacus e il Messak Settafet, arido e pietroso altopiano nero, distinto da quello ?bianco? meridionale, il Messak Mellet.
Tutto diverso dall?Acacus, il Messak Settafet è intagliato da spaccature rocciose, disseminato di legni fossili e di detriti di arenaria anneriti dalla vernice del deserto. Un luogo desolato e suggestivo insieme, cristallizzato nel tempo, che non lascia nemmeno immaginare l?epoca in cui era una foresta rigogliosa contornata da praterie e solcata da un grande fiume, oggi uadi Bergiug. Il Messak Settafet acuisce il contrasto paesaggistico con le adiacenti dune dell?Erg Murzuq, le più alte di tutto il Sahara. Attraversando un paesaggio che sembra appartenere ad un altro pianeta, si raggiungono i siti di incisioni dell?uadi Mathendush e In Galghien, che mostrano i principali capolavori dell?arte rupestre dell?epoca dei cacciatori. Il sito archeologico dell?uadi Mathendush è il più importante e ricco della regione, una completa documentazione grafica della fauna africana che in passato viveva in questi luoghi.
Lo scenario è colossale. Lungo l?uadi corre un?alta falesia in gran parte costituita da massicci blocchi di pietra su cui vale la pena arrampicarsi per poter ammirare da vicino la precisione e l?eleganza delle incisioni. Su tutte campeggia quella che è diventata il simbolo del sito archeologico; rappresenta due animali eretti, forse figure mitologiche, che lo studioso tedesco Leo Frobenius chiamò Gatti Mammoni. E poi giraffe, struzzi e coccodrilli, un centinaio di figure zoomorfe minuziosamente incise, raccontano la storia di cacciatori primordiali.
La regione dei laghi nell?Erg di Ubari
Il Sahara libico è un caleidoscopio, non solo nella sua accezione greca ?vedere il bello?, ma anche per via della molteplicità di paesaggi completamente diversi l?uno dall?altro. Tanti deserti in uno. C?è anche il deserto dei laghi, nell?erg di Ubari, a nord della valle dell?uadi Ajal, in cui, tra piccole dune, si aprono come miraggi dei laghetti merlati da palme. I piccoli specchi d?acqua verde sembrano incastonati come smeraldi nel tappeto sinuoso della sabbia che si solleva in dune piuttosto basse, color ocra gialla, in perfetto contrasto cromatico.
I laghi si trovano solo qui, nell?Erg di Ubari, e gli studiosi ancora s?interrogano sulla loro origine e sulla presenza di forme di vita come piccoli crostacei, di cui in passato si nutriva la popolazione paleonegritica dei Daouada, forse discendenti degli antichi Garamanti, che sembra si siano rifugiati qui . Si parla di riaffioramenti di acqua fossile, o di acqua riemersa dalla conca del Fezzan. I laghi più famosi sono Umm-el-Ma, la madre delle acque, Mandara, ricchissimo di sale e Gabraoun, il lago più grande e suggestivo.
Organizzazione del viaggio: Dar Sahara Libia, Hotelplan Italia, I Viaggi di Maurizio Levi, Viaggi dell?Elefante e Libyan Airlines.
Gli operatori ?Hotelplan? (tel. 02 72 13 61, www.hotelplan.italia.it), ?I Viaggi di Maurizio Levi? (tel. 02 34 93 45 28, www.deserti-viaggilevi.it) e ?Viaggi dell?Elefante? (tel. 06 60 51 30 00, www.viaggidellelefante.it), specialisti sulla Libia, propongono un viaggio di 8 giorni che facendo base all?albergo Dar Germa e al campo tendato di Dar Auis tocca tutti i luoghi più salienti del Fezzan, oltre a dedicare mezza giornata di visita alla capitale Tripoli ed una a Leptis Magna, l?opulenta città romana tra le più ampie e meglio conservate del Mediterraneo, in grado di competere per grandiosità con Roma. Voli di linea Libyan Airlines da Milano e Roma, trasferimenti e escursioni in fuoristrada con guide di lingua italiana costano da 1.850 euro in pensione completa. Partenze settimanali fino a fine aprile 2010.