LUISA CHIUMENTI
In una splendida collaborazione tra Ferrara e la Scozia (in particolare tra Ferrara Arte e la National Gallery of Scotland di Edimburgo), è approdata al Palazzo dei Diamanti di Ferrara una grande mostra che si distingue per la assoluta originalità.
Infatti il punto di vista del curatore James Hamilton, per l?esposizione ?Turner e l?Italia?, si è incentrato su una scrittura espositiva particolare, sulla scia del concetto che si sta sviluppando sempre più della ?mostra come spettacolo culturale?.
James Hamilton, ha avuto un ruolo fondamentale nella realizzazione di questo lavoro appassionato e intelligente, specie nella scelta delle opere, e nella capacità di ottenere i preziosi prestiti in un rapporto di grande fiducia da parte dei più grandi Musei del mondo ( dalla Tate di Londra o la National Gallery of Victoria di Melbourne, il Musée du Louvre di Parigi, l?Ulster Museum di Belfast, etc. ), facendo sì che questa di Turner (ottima offerta per l?attenta sensibilità culturale della città di Ferrara), si proponesse come assolutamente straordinaria sul piano della spettacolarità, con la presentazione di opere spesso non ancora viste e comunque facenti parte di una selezione di assoluta novità. Sono stati esposti infatti quadri a volte inediti comunque scelti con una logica che riesce ad illustrare una vera e propria ricomposizione della tradizione pittorica.Ne scaturisce come la posizione artistica di Turner non coincida con lo sviluppo artistico a lui contemporaneo: infatti, fra il ?700 e l?800 i ?tempi dell?arte? risultano essere molto differenziati nelle varie aree culturali europee, ma nella pittura di Turner si può comunque captare un filo sottile e imprevedibile di collegamento con gli spunti della tradizione.
Con una luce nuova, appare così in mostra il percorso secondo cui avviene il vero e proprio ?sconvolgimento del paesaggio classico in Turner?, poiché, come annotava Ruskin, egli ebbe la forza di rappresentare la grandezza del mistero dei più vasti scenari della terra, e, come sottolineava molto bene anche Arcangeli, egli, come nessun altro aveva fatto prima di lui, aveva in certo modo ?distrutto? ?lo spazio rinascimentale? , disponendo la luce e il colore alla ricerca di un loro ?nuovo spazio?.
Notevole fu anche la ricaduta sull?arte successiva, tanto che è stato notato come l?ultimo Monet non sarebbe stato lo stesso se non ci fosse stato Turner e alla metà del ?900 si guardava ancora con cura ed attenzione alla sua pittura, nel cambiamento in lui rappresentato, del rapporto dell?Uomo con l?Universo.
Come ha sottolineato il direttore della National Gallery di Edimburgo, Turner è da considerare il più grande paesaggista britannico e l?incontro con l?Italia ne è una particolare testimonianza.
Nato nel 1775, Turner comincerà a conoscere l?Italia, studiandola attraverso le tele dei suoi predecessori, ma lo stretto rapporto affettivo con il nostro paese avrà inizio dal 1819, a 44 anni, quando la sua eccellenza tecnica era già stata raggiunta sia nell?olio che nell?acquerello, in una grandiosa ampiezza di visione.
Le opere vanno viste ad una ad una, perché la suggestione di centri storici nella campagna romana (come ?Orvieto ad esempio) o la monumentalità di complessi ben noti come il Vaticano, e gli stessi taccuini degli schizzi (che poi l?artista elaborava e trasformava nelle sue numerosissime tele), si offrono ciascuno ad un continuo, personale colloquio con l?osservatore.L?esposizione, organizzata da Ferrara Arte e dalla National Gallery of Scotland di Edimburgo, in collaborazione con lo Szépművészeti Múzeum di Budapest si avvale di un prezioso Catalogo, edito da Ferrara Arte e sarà poi accolta anche a Budapest.
Appare giusto infine sottolineare, insieme con il Sindaco di Ferrara, come, in un momento critico per tutte le amministrazioni, Ferrara continui a mantenere l?impegno, da tempo assunto, verso scelte di elevato livello culturale e di alta qualità.
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