Testo e Foto di Luisa Chiumenti
E? stata allestita recentemente a Roma, con opere della Fondazione Fontana, nei bei saloni della Galleria Nazionale Arte Moderna (GNAM), la mostra ?Lucio Fontana scultore?, curata da Filippo Trevisani, con l?accurato allestimento di Federico Lardera. Ed è interessante notare quanto espresso molto bene dalla Soprintendente Maria Vittoria Marini Clarelli, come l?allestimento di Roma abbia messo a punto una particolare interpretazione del lavoro di Fontana, nei riguardi della suggestione e dei concetti spaziali sentiti dall?Artista nelle sue ricerche tra scultura e pittura. ? Diceva Argan che ?la poetica di Lucio Fontana potrebbe riassumersi in questa proposizione assiomatica:?dovunque si veda qualcosa, ivi è spazio? e non si tratta soltanto di ?campo visivo?, ma di una ?elaborazione di immagine?.
Ricordiamo, a tale proposito, come, nel 1972, il Comune di Milano avesse aperto la prima grande retrospettiva antologica di Lucio Fontana, affidandone l?allestimento agli architetti Luciano Baldessari e Zita Mosca. E poiché Luciano Baldessari era stato uno fra i primi amici di Lucio Fontana ed insieme all?artista aveva progettato ambienti spaziali di grande suggestione, seppe molto bene realizzare, nell?ambito della mostra milanese, la ?Sala delle Nature?, una interpretazione scenografica del mito relativo a divinità per lo più femminili, legate al culto di forze sotterranee, sismiche o vulcaniche. Tredici Nature fuoriuscivano infatti da una spaccatura di fuoco, rotolando lungo una rampa di luce come lapilli contorti, forme organiche primigenie appena create.
Molto interessante è stata oggi, nella mostra romana della GNAM, l?interpretazione ?non letterale? con cui, l?allestimento dell?architetto Lardera, con Zita Mosca Baldessari,ha saputo, evocando cinque Nature, quasi ripristinare la suggestione della sala originale.
E del resto ricordiamo, in una frase di Crispolti l?attenzione di Fontana anche per lo spazio architettonico:? Bella, interessante e attualissima la creazione di ambienti spaziali autonomi o in rapporto a situazioni architettoniche?.
Ma se diamo ora uno sguardo alle sculture astratte di Fontana, colpisce anche, come ha notato a suo tempo un critico come G.C.Argan (v. ?Le Arti?, 1939), come esse non siano ?sicuramente sculture? e, ?plasticamente non abbiano senso finito?, né siano ?un?esperienza di cultura, perché la contemporaneità con le altre opere, profondamente diverse, le priva persino del significato di ?fase? transitoria nella formazione dell?artista?. Tali sculture avrebbero quindi un valore essenzialmente ?sperimentale?, nel senso di tendere alla appropriazione di una nuova dimensione ?indefinibile con le categorie usuali della profondità e del piano? e valide soltanto ai fine della definizione di una sorta di ?sigla grafica? di segno e colore.
E? inoltre molto interessante osservare come, nei riguardi delle sculture degli anni ?30, Fontana dimostri di aver messo a punto una formazione specifica ottenuta con la frequentazione dell?impresa edile del padre e dello zio geometra, stuccatore e gessatore, a Rosario di Santa Fe.
A un tale apprendistato va anche aggiunto l?insegnamento accademico presso la Scuola di Adolfo Wildt, docente all?Accademia di Brera, dove,tra il 1927 e, saltuariamente, fino al ?29, il giovane Fontana era stato in contatto con gli strumenti del marmista, il plastificatore e il mosaicista, acquisendo quel particolare ?piacere di modellare? e di ?cedere alla pastosità della tenera argilla?, ma anche ?graffiare la superficie scabra del cemento?, con una serie di gesti che comportano comunque una ?incursione nello spazio?, tipica del lavoro dello scultore. Ne scaturisce l?attenzione dell?artista per la ?materia povera?, in una sorta di ?recupero della originarietà che affonda le radici nella civiltà del passato?, in contrapposizione con la cultura aulica della scultura in marmo e in bronzo.
Senza nulla togliere alle opere pittoriche, è davvero interessante notare come proprio all?interno della scultura si possa davvero ?ritrovare tutta l?opera di Lucio Fontana?.
Sono inoltre di grande interesse i bellissimi disegni presentati in mostra, fra cui, ad esempio, l??Autoritratto? del 1940, come pure i successivi disegni ?Spaziali? e la serie degli acquarelli-studio per sculture, dello stesso periodo.
Per non parlare poi delle belle sculture degli anni ?20-?30, come ?Toro, Venere e Uomini? del 1931 o la grande statua dell? ?Atleta in attesa?, dipinto di bleu acceso o la statua della ?Mujer del marinero? del 1940.
Non mancano le sculture astratte degli anni ?30 e quelle realizzate in ?ceramica?: dalle ?Donne sul sofà? del ?34 , alla ?Farfalla? del ?36, a ?Mosaico? , il ritratto della moglie Teresita del 1940, dove l?artista inizia ad impiegare l?oro (come farà poi anche con l?argento nei ?Concetti spaziali?, alla ?Testa di Medusa? del ?48.
E ricordando ancora la bellissima ?Deposizione? del 1954-55, segnaliamo infine gli ultimi lavori, ?sculture metalliche verniciate monocrome?, appartenenti in certo modo a una ?nuova generazione?.
Segnaliamo ancora il bel Catalogo Electa, curato da Filippo Trevisani, di cui si avvale la mostra.