CLOTILDE PATERNOSTRO



    

Umorismo, ironia, sarcasmo, sono le accezioni dell?humour ( anche) noir espresso da Grosz nella bella mostra dell?Accademia di Francia a Roma-Villa Medici ( sino al 15 luglio 2007, a cura di Ralph Ientsch, Catalogo Skira). Disegni, disegni, disegni; pochi quadri , tra cui comunque il famoso Autoritrat­to con rapace e topo (1940). Disegni dunque e tanti, e superlativi per quella verve mai esaurita che Grosz manifesta in ogni situazio­ne della vita, in maniera specifica per quella militare ma per altre  ancora, dove commento e irrisione si mescolano con lungi­miranza e intelligenza rara.

Ma humour noir , forse è tutto l?umorismo di Grosz che giunge al ridi­colo, nella presa in giro la più efficace e mordente, la più acuta e salace. Polemica e irrisione della vita politica ( tema d?eterna attualità), del militarismo, del rapporto uomo-donna ( non amore), delle tan­te situazioni del potere visto nell?avidità dei ceti dirigenti e nascosto sotto la maschera della rispettabilità. La società irrisa, sbeffeggiata, narrata nella lente del sorriso acido, del riso il più beffardo, Grosz, l?illuminato per eccellenza, che seppe guardare con ghigno feroce senza riguardo per nessuno.

George Grosz (Berlino 1893-New York 1959), esponente di rilievo dell? espressionismo tedesco- espressionismo: malessere, disagio, l?amarezza della vita,- si annuncia subito al suo pubblico con la grande rac­colta di disegni (1917) che tanto scandalo suscitò in ambito borghe­se per i soggetti trattati: prostitute, ubriachi, assassini,militari

In atteggiamenti osceni.  Kleine Grosz Mappe, 20 litografie. Divenne famoso in tutta la Germania e nel 1918 aderì al Dada berlinese denunciando, con maggior efficacia l?ipocrisia della borghesia prenazista e il milita­rismo imperante. Drammatiche furono le conseguenze: col l?avvento del nazismo, le sue opere, considerate dal regime “arte degeneratal?, furono bruciate. Conseguente a tale atto, fu la sua “fuga” in America dove ri­mase dal 1933 sino alla fine della seconda guerra mondiale.


    
Le prime esperienze pittoriche in senso stretto e anche antecedenti al 1917, furono in ambito cubista e futurista. Già del 1917 ricordiamo lo splendido dipinto Metropoli, Sguardo sulla metropoli  di chiara sigla

futurrista ( quadro non in mostra) jmpronta futurista che si ritroverà in molti suoi disegni per quell?accentuato vorticismo che sovente presentano. E ancora notevole quadro, dal connubio cubo-futurista: L?agi­tatore (1928), Germania, una fiaba d?inverno (1918), famosissimo; Abbasso Liebknecht ( 1918 ca.)e tanti ancora- opere che nominiamo ma non

in mostra. Per la satira sociale, uno per tutti : I pilastri della società (1926, non in mostra) che descriviamo; il giornalista, diffusore di verità, è strabico e rappresentato con vaso da notte in testa; il parlamentare socialdemocratico ha la faccia ma non la testa; il mili­tante dell?associazione studentesca presenta cravatta con croce uncinata, quindi guerrafondaio; il prete dal naso rosso per il gran bere ha le braccia aperte in segno benedicente e sorriso beota; nello sfondo, una casa brucia e un militare è all?azione. Quadro d?insieme più che esemplare oltre che sprezzante burla. Circa il nazismo Grosz disse, parlando con Thomas Mann : ?io credo che resterà più a lungo di quanto molti ritengono,sostenuto dall?amore dei sudditi tedeschi, dall?indu­stria pesante, dal glorioso esercito e dalla brava Gestapo”; parole tristemente profetiche.

Ma la sfaccettatura del lessico di Grosz è ampio; interessante il capi­tolo (1920) dei suoi uomini-manichino ( sembra De Chirico). I fantocci dalla testa rasata, arrotondata senza alcun attributo fisico, si muo­vono quali robot in ambienti dal tratto architettonico, manichini dalla vita meccanica in spazi geometrici asettici e aridi. Emblemi di cosa?

del vuoto esistenziale? dell?aridità spirituale?


    
Automi replicanti (1920), L?uomo nuovo (1921), Il pugile (1921) ecc· eo. Contraltare di tale umanità disumanizzata ecco la maschera, la caricatura, il grosso uo­mo-deformato, ridicolissimo e nello stesso tempo, trucido: Brindisi (1921), Sogno di valzer (1921) e ancora tanti. A nostro avviso, il tratto spe­cifico di Grosz fu proprio la caricatura, interpretare le pecche spiri­tuali attraverso la deformazione fisica; la sua capacità di leggere in maniera istrionica, i difetti dell? uomo suo contemporaneo. E sono graffianti le sue caricature! Nel 1924 assieme a Otto Dix fondò la cor­rente della Nuova Oggettività, basata su crudo realismo, corrente che poi avrebbe ispirato il realismo americano di Ben Shahn. Durante il periodo americano, Grosz denunciò con veemenza la tragedia della guerra e il malessere dell?uomo “sociale”.

 

Ma la mostra di Villa Medici presenta un altro aspetto, inatteso in ve­rità, della creatività di Gros z: l?attiività teatrale attuata dall?ar­tista, forse come sfogo liberatorio pensiamo. Realizzò scenografie e costumi per opere di Bernard Shaw, Iwan Goll, Paul Zech e molti altri; in mostra, una parte del repertorio: costumi, bozzetti, pupazzi. Palazz­o di Tolomeo (acquarello 1920), Cesare (acquarello 1920), Cleopa­tra (acquarello 1920) e tanto ancora. Guardando le date possiamo con certezza dire che i più risvolti  dell? arte di Grosz furono contempora­nei evidenziando le più necessità dello spirito dell?Artista.

Una mostra ampia dunque, una panoramica esaustiva, corredata da libri, fotografie, documenti storici.

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Per concludere, sempre a Villa Medici, all?Atelier del Bosco e in contemporanea alla mostra di Grosz, vediamo la mostra di sculture di forte tempra realista di Chares Auffret ( 1929-2001), scultore noto in Francia ma non all?estero. Di lui ricordiamo solo la famosa frase da sempre ripetuta ai suoi allievi: ? Il cervello va bene. Ma senza cuore, è poco. La. mano, veste”. Interessante sintesi artistica e umana.

                                                                                             

 Anche per Auffret , la rassegna è sino al 15 luglio 2007.