Testo e Foto di TERESA CARRUBBA



    

Lo storico latino Plinio doveva saperla lunga sui vini se già apprezzava e decantava con tanta enfasi quello prodotto in quest?angolo orientale del Veneto, lungo la Via Annia che collegava Adria ad Aquileia. Poi furono i Dogi della Repubblica della Serenissima ad esaltarne il valore fino a quando, all?inizio dell?800, il sistema vitivinicolo cadde in un periodo di grande crisi. Fu allora che, grazie all?avvento degli Asburgo e su iniziativa dell?Istituto Regio della Corte di Vienna venne istituito nel 1823 un ?Catalogo delle Varietà di viti del Regno Veneto? che contemplava alcune centinaia di varietà con altrettante osservazioni indirizzate ad una selezione delle uve. Da lì e per tutto il secolo, in questo territorio si lavorò per selezionare le migliori qualità autoctone di uve, provare quelle provenienti da altre zone e migliorare le tecniche di coltivazione e di vinificazione.

All?inizio del Novecento e fino al 1950 gli sforzi furono protesi a definire le varietà consigliate nelle zone adiacenti l?Adriatico che sono quelle coltivate tutt?oggi: MERLOT, CABERNET FRANC, TOCAI FRIULANO, SAUVIGNON, PINOT GRIGIO, REFOSCO, VERDUZZO, MALVASIA ISTRIANA, TERRANO, RIBOLLA E FRANCONIA. A questo percorso contribuirono anche una vasta azione di bonifica, effettuata negli anni Trenta, e un processo di modernizzazione della produzione agricola e vinicola. Del passato restano le testimonianze del Museo della Civiltà Contadina presso il Mulino di Belfiore, lasciando spazio, a partire dagli anni ?50, alle tecniche moderne, all?industrializzazione e allo sviluppo della recettività dei centri balneari. Oggi Caorle, con il suo pittoresco centro storico e il porto e Bibione, con la sua spiaggia e le famose Terme, sono tra le località più ricercate del Mare Adriatico.


    
E fu proprio la complessiva evoluzione di questo particolare territorio compreso tra i fiumi Tagliamento e Livenza, a circoscrivere una zona con una forte vocazione vitivinicola, l?area D.O.C. Lison Pramaggiore, che trae il nome dal borgo di Lison e da Pramaggiore, sede dell?enoteca regionale del Veneto. Grazie anche a Belfiore, che ospita il Museo Etnografico ?Villa dalla Pasqua? dedicato al pane e al vino ricavato da un antico mulino ad acqua recentemente restaurato e circondato da un parco con piante secolari. E? in quei luoghi che nasce e si sviluppa la produzione enologica locale, in particolare del Tocai, già conosciuta, come abbiamo accennato, all?epoca dei romani e fortemente apprezzata durante la Repubblica Veneziana.

La Strada dei Vini D.O.C. Lison-Pramaggiore che delimita la zona più orientale del Veneto, tra vigneti, fiumi e laguna, si snoda attraverso 3 itinerari: due di questi conducono dalle principali spiagge ? Caorle e Bibione ? fino alla Zona Classica, e il terzo invece la percorre e collega le Città del Vino, Annone Veneto, Portogruaro, San Stino di Livenza e Pramaggiore.


    
Alla bellezza naturalistica, all?importanza storica e artistica di quei borghi, si aggiunge il notevole plus valore dell?attività vitivinicola considerata tra le più moderne d?Italia non solo per la ricerca nelle tecniche di vinificazione e di invecchiamento ma anche per la continua crescita qualitativa grazie all?attenzione da parte delle Cantine nei confronti dell?agricoltura biologica, introdotta fin dai primi anni ?90. Le aziende che producono adottando tali metodi di coltivazione, sono numerose, e la superficie complessiva di vigneto è superiore ai 400 ettari.

Un esempio emblematico è l?azienda vitivinicola Le Carline di Pramaggiore, guidata dal suo entusiasta titolare Daniele Piccinin, grande protagonista dello sviluppo della  Strada dei Vini D.O.C. Lison-Pramaggiore e forte sostenitore della produzione biologica. L?azienda, realizzata secondo i canoni della bioarchitettura senza offuscare le caratteristiche della tradizione rurale, vanta, oltre a un piccolo museo della tradizione vinicola locale e ad una sala per la degustazione, una preziosa barricaia con elementi rivoluzionari come le barrique a forma di parallelepipedo che, al contrario delle tradizionali botticelle tondeggianti, possono essere più facilmente accatastate, occupando meno spazio. Scelta decisamente innovativa che ha anche un risvolto nell? attenzione per l?ambiente da parte del Piccinin il quale ci spiega :? Con la nuova forma, le barrique, esaurito il loro ciclo vitale di utilizzo per il vino, vengono smontate ottenendone pregiate tavole di rovere di Allier arricchite dalle calde sfumature del tannino dei vini, che possono essere riciclate in bioedilizia per la costruzione di   pavimenti, rivestimenti e mobili?.   

Le barrique quadre
dell’Azienda Le Carline

    
La Denominazione d?Origine Controllata onora oggi la produzione di 14 vitigni e altri 4 vini prodotti nell?area, che il Consorzio Vini D.O.C. LisonPramaggiore promuove e tutela, con la massima osservanza degli standard previsti nell?attività vitivinicola. E la qualità dei vini D.O.C. Lison Pramaggiore così come la loro fama in Italia e all?estero si devono proprio all?impegno del Consorzio e dei produttori molti dei quali, durante la visita alle loro cantine, si rendono disponibili a spiegare le tecniche e le specificità dei vini prodotti, anche avvalendosi di un enologo . Oltre alla possibilità di partecipare a degustazioni guidate nelle accoglienti apposite sale di cui quasi tutte le cantine del Consorzio  dispongono.

Le tecniche innovative nel rispetto della genuinità del prodotto e della salvaguardia dell?ambiente, poi, fanno sì che l?area Lison Pramaggiore rappresenti una delle maggiori realtà nazionali in termini di agricoltura biologica.
    
La strada dei vini è anche un pretesto per vivere la natura,  per respirare la storia. Ampie zone verdi, da percorrere anche in bicicletta, come i mulini di Stalis (presso Gruaro) sul tranquillo fiume Lemene, circondati dai campi erbosi e da siepi, accanto ai luoghi che conservano le tracce di Ippolito Nievo. E Fratta (di Fossalta) e Cordovado. Che dire del Parco Fluviale del Lemene-Reghena dove oggi è possibile fare birdwatching, con i suoi laghetti, vicino a Cinto Caomaggiore? E più vicino al mare, la zona delle valli da pesca e dei casoni, verso Caorle, che portano la memoria ad Hemingway quando qui si recava per la caccia. Vallevecchia, poi, con le sue dune e le sue pinete, e Annone. Dal Quattrocento  furono i Veneziani a dominare queste terre, e a farle fiorire; borghi e paesi costruirono chiese e palazzi. Di spicco la cinquecentesca Chiesa di Corbolone.  San Stino, sul Livenza, vive un?epoca di splendore; sorgono le numerose ville, come quelle cittadine di Portogruaro o quelle della ricca architettura rurale. Fu allora che Pramaggiore con il borgo di Belfiore fu considerata il Vigneto della Serenissima. Storico anche l?abitato di Motta di Livenza, nel Trevigiano, con il suo Santuario. La Prima Guerra Mondiale, distrusse nel territorio molti boschi, oggi in fase di recupero. Teglio, il Bosco di Lison, le foreste intorno ad Annone, il bosco di Alvisopoli di Fossalta ora Oasi WWF, quello ripopolato di Bandiziol e Prassaccon, la vecchia quercia a Villanova di Vado, il giardino di Villa Bombarda.

Portogruaro, il Palazzo del Comune
PORTOGRUARO

 

Il primo impatto è con Piazza della Repubblica, un elegante salotto racchiuso da porticati che guidano lo sguardo verso un vero gioiello dell?architettura medievale, il Municipio, in perfetto stile  gotico a merli ghibellini costruito nel 1265 che successivamente (1512) venne ingrandito grazie a due ali laterali assumendo l?inconfondibile aspetto attuale. Lo stile gotico, in armonia con l?edificio comunale, viene perpetuato in molti elementi della piazza, dagli archi in lunghi filari dei portici alle trifore in stile veneziano, e in tutta la città, costruendo un?atmosfera armoniosa, calda di storia e di estetica architettonica. L?arco, senza dubbio, è il lait-motif di Portogruaro, archi a tutto sesto, archi a sesto acuto, archetti di finestre bifore e trifore,  colonnati con capitelli bizantini.
        
Portogruaro
   Portogruaro, che conserva ancora l?antico impianto urbanistico, vive raccolta tra due vie parallele al fiume Lemene, che scorre lentissimo lungo tutta la città tanto da sembrare a tratti immobile, fino ai vecchi mulini, dietro la piazza del Municipio, dove l?acqua invece spumeggia sollevata dalle pittoresche ruote a pala, uno dei simboli cittadini insieme al Comune e al Pozzetto con le gru scolpito da Giovanni Antonio Pilacorte (1494). Gli antichi mulini sono sede della Galleria Comunale d?Arte contemporanea. I bei palazzi lungo il fiume hanno spesso una doppia entrata, dall?acqua e dalla strada opposta. Sì, proprio come a Venezia.     
Portogruaro
         
Colonnati ovunque, si diceva. Magnifici quelli del porticato neoclassico del Collegio Marconi che lascia intravedere la chiesa romanica di S. Luigi, e quelli che in un duplice filar corrono lungo l?elegante via Cavour, sorreggendo i bei palazzi gotici e rinascimentali. Gotici, di gusto veneziano, anche i bellissimi palazzi Quattrocenteschi del Corso Martiri, l?altra emblematica via cittadina, fino alla Porta di San Gottardo, da dove si passa sulla riva destra del fiume Lemene.

Di lì a poco, la sontuosa Villa Comunale del Cinquecento, che racchiude la Biblioteca e il Museo Paleontologico, merita una visita. Così pure il Duomo di Sant?Andrea, scrigno di preziose opere d?arte e l?antica Pescheria con l?Oratorio.
           
Portogruaro, il Collegio Marconi
    
LA VICENDA DEL TOCAI


Il Tocai , il vino-simbolo del Friuli Venezia Giulia, quest?anno ha onorato l?ultima vendemmia, visto che dal 31 marzo 2007 i viticoltori italiani e francesi non possono più menzionare sull?etichetta Tocai Italico e Tocai Friulano oppure Tokay Pinot Gris. Questo è quanto risulta da un rapporto della Commissione Europea indirizzato al Consiglio dei Ministri dell?Ue, in cui si conferma una protezione esclusiva dell?indicazione geografica Tokaj, che fa riferimento al solo vino ungherese.

Secondo Bruxelles, insomma, quei vitigni di grandi tradizione non hanno più il diritto di produrre vino a 14 anni dall?accordo concluso nel 1993 tra l?Ue e Budapest che riserva l?utilizzo del termine Tokay e tutte altre indicazioni omonime, solo al vino ungherese. La Corte di Giustizia dell?Ue lo ha confermato nel 2005. Seguendo i dettami della Commissione europea dunque, i viticoltori del Friuli dal 31 marzo 2007 hanno cessato di utilizzare il termine Tocai sull?etichetta sostituendolo con il termine “Friulano”.
    

    Quanto al termine “Tocai Italico”, Bruxelles è altrettanto decisa: “l?uso di questo vitigno non può più essere utilizzato dall?Italia dopo il 31 maggio 2007, in quanto il termine non viene menzionato né nella lista internazionale della varietà di vitigni e loro sinonimi messa a punto dall?Ufficio internazionale della Vite e del Vino (Oiv), né nelle liste dell?Unione internazionale per la protezione dei brevetti vegetali (Upov) e del Consiglio internazionale delle risorse fitogenetiche (Cirpg)”.