TERESA CARRUBBA



Conchiglia di botticelliana memoria, manto della Vergine, ventaglio spiegato. Tant?è, la Piazza del Campo di Siena evoca mille suggestioni borderline tra poetica, simbologia e capriccio architettonico. Di certo è che le nove coste degli spicchi in cui si apre la splendida pavimentazione trecentesca di Bindo Mannucci, ricordano da vicino quei potenti Nove del Governo Reggente tra il 1287 e il 1355. Un onore dovuto, almeno a giudicare dall?influenza benefica che quel lunghissimo Potere ebbe su Siena; e a tributarlo non poteva che essere questa piazza. ?La? piazza per eccellenza, ?la? piazza per antonomasia, il fulcro su cui fa leva il resto della città, considerato quasi un contorno.  E non è un caso che ci si arrivi da ben dodici accessi, serpentelli scoscesi, con lisci lastroni o blandamente scalettati all?uso medievale, che si insinuano nello spazio vuoto della piazza diventandone profilo, movimento, vita. E proprio quei vicoletti, o ?chiassi? per dirla alla senese, scandiscono con discrezione lo spettacolo inimitabile di quel filare di palazzi, di quella corona architettonica che racconta una storia secolare, a volte ribadita a volte corretta da rifacimenti d?autore. ?In Piazza del Campo, c?è stato un continuo riadattamento per l?utilizzo di determinate funzioni della città? dice infatti Claudio Bartalozzi, storico dell?arte e studioso di Siena ? Fu così che, per esempio, l?antico Palazzo della Mercanzia, proprio dirimpetto al Comune, isolato tra i Vicoli di S. Pietro  e di S. Paolo, rimpiazzò nel Trecento La Chiesa di S. Paolo e il Palazzo di Pepe Melianda. Per poi cambiare la delicata veste gotica, una delle più belle della piazza a giudicare da certe incisioni antiche, in una facciata barocca quando, a fine Seicento, ci mise le mani l?architetto di grido Ferdinando Fuga per trasformare il Palazzo in casino di ritrovo per la nobiltà senese. Dal Palazzo della Mercanzia, si snoda un curioso complesso architettonico che unisce in una sola facciata neogotica, ricostruita nella seconda metà del Settecento, quelli che originariamente erano cinque edifici di epoche diverse.  Prendendo a prestito un nome tra tutti: Palazzo Sansedoni. Maestoso e imponente, è il palazzo più nobile dopo quello del Comune. Per prestigio e per origine, visto che si deve proprio ad alcune famiglie aristocratiche di ceppi in estinzione, le quali, per conservare il proprio tenore di vita, mantenevano l?usufrutto dei palazzi con la clausola che all?esaurimento del ramo nobiliare passassero in proprietà al Monte dei Paschi di Siena, attivo come banca già nell?Ottocento. 


E fu grazie a questa fruttuosa consuetudine che il Monte dei Paschi ?ereditò? numerose proprietà da famiglie come Sansedoni, Chigi-Saracini, Salimbeni, Marescotti, Piccolomini.

Il palazzo Sansedoni limita la curva di S. Martino, tanto bella quanto famigerata perché pericolosa durante il palio, insieme ai due bei palazzi Ragnoni e Piccolomini accorpati con il progetto del Rossellino nel nuovo Palazzo Piccolomini, tra i più prestigiosi della città. Segue il Palazzo Petroni, legato al lato sinistro del Comune, molto ben conservato ma ?rifatto? lasciando solo le tracce delle ogive delle splendide trifore originali. Cambiamenti anche al suo interno, nell?assetto dei volumi. Al lato destro del Comune, invece, oltre il chiasso del Bargello, il Palazzo Accarigi e il Palazzo Alessi, oggi Palazzo D?Elci, il quali, pur nei rifacimenti del Cinquecento e del Seicento, tradiscono la loro origine trecentesca dalle belle finestre, bifore e trifore, e dalla splendida merlatura guelfa.

Lo spazio prezioso al centro della piazza, è esaltato dalla monumentale Fonte Gaia, capolavoro di Jacopo della Quercia.


Un crogiolo di storia, di potere e di architetture questa Piazza del Campo, il cui punto di fuga, in cui inevitabilmente converge lo sguardo che sbircia anche dal più tortuoso dei vicoletti, è il Palazzo Pubblico, cioè il Comune. Innalzato nella sua buona parte nel Trecento, là dove si trovava la Dogana e il palazzo del Bolgano o Zecca, e poi ampliato nel Seicento, è da sempre il centro del potere cittadino. Anche se attualmente si sta cercando di dare maggior spazio agli ambienti museali per ammirare, per esempio, gli splendidi affreschi di Simone Martini del Lorenzetti. Oltre, naturalmente, all?interessantissimo Museo civico stabile e ai magazzini sotterranei (gli antichi magazzini del sale ) in cui si allestiscono mostre temporanee. Chicca del Palazzo Pubblico, di cui è parte architettonica integrante, la Cappella di Piazza, sorta di ex-voto per la fine della peste del 1348, dove viene celebrata la messa dedicata ai fantini il giorno del Palio.


POSTAZIONI PER IL PALIO

 

Le postazioni migliori e le più costose per assistere al palio, sono quelle sulle balconate, costruite appositamente, che corrono lungo tutto il perimetro della piazza del Campo. Dalle 150 alle 300 mila lire per un posto e una sorta di abbonamento per i 4 giorni del Palio. Poi ci sono i palchi, a iniziare dal Casato e tutt?intorno alla piazza fino alla curva di S. Martino. Fino a qualche anno fa c?erano palchi anche lì, ma sono stati eliminati per ragioni di sicurezza. Palchi speciali per i giudici o ?rotellini? (maestri di cerimonia) e per le comparse di tutte le contrade cioè tutti quelli che sfilano nel corteo storico: uno al Casato, uno in prossimità di S. Martino, uno alla Mossa. La migliore postazione è alla Mossa, ovviamente dal balcone o dal palco, perché da terra non c?è una buona visuale. E? il punto più alto della piazza; da lì si domina totalmente il circuito del palio e si è proprio sopra la partenza della gara. Da lì si vede l?ingresso in piazza dei cavalli, che escono dal cortile del potestà del Comune, la consegna dei nerbi ai fantini che salutano non tanto le autorità quanto i facinorosi contradaioli e, con una specie di giostra, si portano proprio alla Mossa. Lì praticamente si gioca il palio, i fantini parlano, fanno i partiti, si scambiano le varie politiche decise dai capitani. Discussioni che a volte si prolungano, più o meno animatamente, anche per un?ora. Essere appostati alla Mossa, dunque, vuol dire assistere al vero momento di tensione del palio, perché una volta abbassato il canapo e partiti i cavalli, tutto si brucia in un minuto e mezzo circa.


Buone, comunque, tutte le postazioni sulle balconate e sui palchi. Se poi piace il bagno di folla, l?interno della piazza è l?ideale. Qui, i punti migliori sono la Fonte Gaia, da dove si vede bene la Mossa, o il Gavinone, che essendo ai piedi dell? ?anfiteatro?, offre un punto di vista a ventaglio piuttosto ampio. Da qui non si ha una visione perfetta, ma si vede il fantino a mezzo busto tanto da poterne riconoscere la contrada, la dirittura del Comune, la curva del Casato. Chi è in cerca di emozioni forti sceglie la curva di S. Martino per la sua pericolosità. Specie il turista, perché il senese non ha di queste morbosità e spesso non vuole nemmeno assistere al palio. E? curioso: su 40.000 persone, tante ne può contenere questa piazza durante il palio, ci saranno sì e no 3000 senesi; gli altri rimangono a soffrire dentro la contrada e non vogliono vedere né sentire niente fino al risultato finale. Le postazioni più scadenti sono quelle del centro della piazza in cui ci si deve girare continuamente e con difficoltà. Pigiati come si è, in mezzo alla folla.


L?ALTRA FACCIA DEL PALIO

 

Nel 1729 Violante di Baviera, moglie del reggente sotto i Lorena, stipulò una legislazione del Palio tuttora vigente, anche se viene periodicamente ritoccata. Per esempio c?è una norma, anche se poi nessuno la osserva, che vieta ai fantini di ?nerbarsi? l?un l?altro all?interno della Mossa e fino alla Fonte Gaia, perché in quel primo tratto il fantino deve essere libero di lanciare il cavallo. Ma come si frena un facinoroso con la competizione nel sangue di famiglia? Le squalifiche a fantini e contradaioli, non sono affatto un deterrente. Fare a pugni all?interno del campo, per esempio, non è ammesso, ma è routine. Il cavallo, al contrario, è estremamente salvaguardato e curato, anche se la festa è una giostra e vi può succedere di tutto. Purtroppo, infatti, gli incidenti ci sono, specie nella Curva di San Martino -a sinistra del Comune- che è un gomito stretto e leggermente in discesa. Quella curva sventurata, da 2 anni viene protetta da materassi, quasi due metri di spessore in lattice di gomma, gli stessi utilizzati in Formula 1. Nelle altre curve della piazza ci sono i palchi che in qualche modo riparano. Anche in quella del Casato (a destra del Comune) un po? difficile ma in salita, per cui  il cavallo rallenta la corsa. La sempre maggiore  attenzione verso gli animali e la consapevolezza di quali siano gli elementi di rischio, aguzzano l?ingegno ed ecco nel calderone anche altri sistemi di protezione, sempre più studiati. Per esempio, i 40 cm di tufo pressato che si mettono a protezione del selciato, prima formato dalla sola arenaria di Siena, attualmente viene aggiunta di rene più elaborate in modo da ottenere  una miscela elastica e resistente anche alla pioggia, che non faccia slittare il cavallo. ?Attualmente si tende anche a lavorare sul cavallo per creare una sorta di – esemplare da piazza- cioè addestrato proprio per il palio?. Dice Claudio Bartalozzi. ?A Monticiano, un paesino a 30 chilometri da Siena, è stata creata una pista a somiglianza del Campo per l?allenamento. Formare un cavallo ad hoc potrebbe voler dire ottenere un cavallo tranquillo, che si abitui a correre in mezzo alla folla, che assommi in sé potenza e velocità. Anche il palio, infatti, si è velocizzato. Il palio di mio nonno si correva in 2,40 minuti, anche 3. C?era tempo di venire a patti, i fantini scendevano da cavallo. Era un palio più simile a una giostra medievale. Ora è una corsa che richiede una maggiore abilità di stare sul cavallo perché a volte dura 1,18-1,30 minuti , ma in un circuito che non ha niente a che vedere con un ippodromo? Questa drastica riduzione dei tempi, però, non sembra essere positiva. Tant?è che recentemente si sta ritornando sui mezzosangue, sui cavalli più tranquilli. Del resto, il palio è anche spettacolo. Uno spettacolo soprattutto per i senesi, non certamente un fatto turistico come molti credono. Ai senesi poco importa di chi viene da fuori per assistere al palio. Che il turista si diverta o no, l?essenziale è che vinca la propria contrada?. Ogni contrada segue fantino e cavallo tutto l?anno. Anche se può scegliere solo il fantino, tra i veterani più famosi, ma anche tra i giovani che si propongono desiderosi di sfondare, e per questo si allenano molto più degli altri. I cavalli vengono invece selezionati per sorteggio: il primo giorno del palio c?è la tratta con delle batterie preliminari su 30-40 soggetti. Poi un palco di giudici e veterinari esamina le caratteristiche dei cavalli selezionandone 10.


UN GIORNO IN PIU? PER GODERSI LA CITTA?

 

Se si viene a Siena per il palio, vale la pena concedersi un giorno in più, meglio se prima della manifestazione, tanto per entrare nello spirito. Cosa fare? Naturalmente visitare il Palazzo Pubblico, con il Museo civico e le varie sale affrescate; il Duomo, uno dei massimi esempi di architettura gotico-romanica in Italia e il dirimpettaio Ospedale del Santa Maria della Scala, il più antico d"Europa (XII secolo), oggi percorso museale. Tuttavia, per apprezzare il significato intrinseco del palio e per lasciarsi avvolgere dalla sua atmosfera autentica (non turistica!), niente di più intrigante che curiosare nelle sedi delle contrade in cui in nessun?altra occasione è possibile accedere. Basta telefonare, con un certo anticipo, e prendere appuntamento per visitare i loro musei, gli ambienti di ritrovo, gli oratori. Lì si capisce veramente l?anima di certe tradizioni. Se poi si entra in confidenza con un contradaiolo, si potrebbe anche essere invitati alla grande cena della prova generale, con tanto di discorso dei fantini e canti di giocosa rivalità. Gironzolando in piazza, inoltre, capita spesso di vedere i contradaioli, che durante le prove prendono in affitto i palchi, e li si senta apostrofarsi in rima l?uno contro l?altro. La cosa può finire nel canto, come una beffa leggera, ma può anche sfociare in rissa. l?atmosfera che cresce, i canti, il corteo storico che si snoda per tutta la città, le espressioni forti e colorite del senese, persino certe manifestazioni di aggressività che a volte si concludono in veri e propri scontri, fanno parte del colore e del folklore da non perdere. Tutto questo è palio.


Insomma, un giorno prima a Siena può aiutare a capire anche quel fulmineo minuto e mezzo della corsa. Locali di divertimento puro, in città ce ne sono pochi. I ristoranti della Piazza del Campo fino a 10 anni fa erano ?turistici? nell?accezione più negativa del termine: si mangiava male e si spendeva molto. Ora sono frequentati anche dai senesi il che vuol dire che la qualità è migliorata. Nel periodo del palio aumentano un po? i prezzi ma non di molto perché ora vengono calmierati. I ristoranti più rinomati sono Spadaforte (di fonte al comune, vicino alla Mossa)e l? Osteria del Bigelli( alla sinistra del comune, vicino alla curva di san Martino). Discorso a parte per  Liberamente  Osteria,al 26 di Piazza del Campo, fresca di conio. Rivisitazione di una vecchia vineria affidata all?estro creativo di Sandro Chia  che ne ha fatto un gioiellino d?arte, intimo e prezioso. Un gioco di mosaici frammentati guida con eleganza il breve porcorso dell?osteria fino alla parete-enoteca dove vengono selezionati i vini da accompagnare ai piatti leggeri del pranzo consumato con la suggestione della piazza. Stessa eleganza, stessa tradizione nelle curatissime minestre di ceci o di verdure, nel lampredotto pepe e olio, dove l?olio è rigorosamente prodotto, così come il vino, a Montalcino dal proprietario del locale, Gianni Brunelli. Vale una sosta. Tutto diverso, anche se il proprietario è lo stesso Brunelli, al ristorante Le Logge, girato l?angolo sulla curva S. Martino. Nato anch?esso come osteria, ora è un pregevole ristorante dall?atmosfera colta di un ritrovo culturale. Specie nella sala-principe del locale, ex-drogheria di fine Ottocento, che conserva intatti arredi e storia. Sotto la guida del socio Mirco, qui si gustano leccornie, a metà tra la tradizione e la fantasia, come i pici fatti a mano con briciole di pane, pomodorini e baccalà; anatra nostrale con moscato e uva, collo di anatra ripieno in salsa verde. Notevole la selezione dei vini.<BR>Chi, venuto a Siena per il palio, volesse portarsi via un altro ricordo, oltre l?arte e la cucina, può curiosare su per le viuzze di Piazza del  Campo. Per esempio, dalla Mossa si sale in via della Città, dove al 47, i visitatori più esigenti in cerca dell?effimero d?autore possono trovare una boutique della suppellettile, LdM,  di Lorenza de? Medici. Un nome impegnativo ma perfettamente salvaguardato dalla ricercatezza di vetri, trine, porcellane e curiosità siglate dall?estro della crema di Siena e dintorni. Resta inteso che non si può lasciare Siena senza acquistare il mitico panforte, nelle sue ghiotte varianti. Intorno a Piazza del Campo non c?è che l?imbarazzo della scelta. Tutti di rigorosa preparazione artigianale.