GIOVANNA LA VECCHIA
La grande mostra di Nicola De Maria, che MACRO presenta nei suoi spazi di Via Reggio Emilia fino al 9 maggio 2004, è la prima esposizione antologica che un museo pubblico italiano dedica all?artista. Curata da Danilo Eccher, direttore del Macro, e da Achille Bonito Olia, la mostra comprende quattro grandi dipinti su parete, realizzati dall?artista in situ e per l?occasione, che definiscono le quattro sale dedicate ai temi più significativi della sua produzione pittorica: il “regno dei fiori”, l?”astratto”, il “materico” e i “notturni”. A questi si aggiunge una selezione di opere su tela che supportano la lettura del percorso artistico di Nicola De Maria sia da un punto di vista tematico che cronologico. Astrazione pura, brillante cromatismo, antiche tecniche, tradizione pittorica e cultura classica: De Maria esplode senza rumore, urla senza voce, squarcia ogni orizzonte possibile senza lampi, senza tuoni, senza temporale. E? un incanto senza fine, una visione senza fiato, una commozione senza lacrime, colori che cambiano, mutano, si sovrappongono, ci sovrastano, ci riempiono gli occhi e non solo. Il messaggio è chiaro e forte: una visione positiva della vita. Al di là di ciò che accade, oltre ogni guerra, c?è un messaggio di speranza e di pace, un mondo senza bombe, pieno di colori che viaggiano, vanno e vengono da una sala all?altra, da occhi ad altri occhi, dalla mente al cuore all?anima, da sorrisi quasi imbarazzanti, perché siamo bambini, tutti bambini, nelle sale del Macro, davanti a De Maria, un artista silenzioso, che sa parlare senza parole, con piccoli gesti del capo, mentre si muove, da una sala all?altra, con passo felpato, discreto, elegante, delicato. Tempo, abbiamo bisogno di tempo, per riprendere fiato, per un?occhiata ancora, per gioire più a lungo della nostra eccitazione. “Un?energia di tempo regge l?immagine di De Maria” scrive Achille Bonito Oliva “e definisce la spazialità in termini mobili e nello stesso tempo essenziali.
La simultaneità nasce dal desiderio di descrivere un universo in cui spazio e tempo siano dimensioni coniugate contemporaneamente in tutte le loro potenzialità, che sono il sopra e il sotto, l?alto e il basso, il vicino e il lontano, il prima e il poi, il presente e l?imminente. Una circolarità assoluta governa dunque l?immagine, tutta tenuta dentro i rimandi autosufficienti di un linguaggio capace non soltanto di anticipi ma anche di compresenze che contengono dentro di sé l?archeologia, il presente e il futuro del mondo”. Una immagine complessa e completa, quella dell?artista della Transavanguardia, fatta di accelerazione interna e rallentamento minuzioso, di molteplici linguaggi: astratto e figurativo, narrativo.
“Qualcuno non riconoscerà la verità del mio specchio: costui dovrebbe rammentare che io non sono qui per riflettere la superficie, ma che devo penetrare nell?intimo. Io scendo a rispecchiare fin dentro il cuore. Io scrivo le parole sulla fronte e agli angoli della bocca” afferma Klee e conferma con le immagini De Maria. “Una discesa alla sostanza delle cose, fino allo scheletro, laddove non è più possibile scorgere i contorni” scrive ancora Bonito Oliva; una esigenza di essenziale, di minimo, di acuto, verso un punto in cui è possibile, anzi è inevitabile, sconfiggere la distanza.
In questa occasione il museo realizza una pubblicazione bilingue (italiano-inglese), edizione Electa, che comprende saggi di Achille Bonito Oliva, Danilo Eccher, Zeno Birolli, Ruri Fuchs, John Yau, una poesia di Francesca Genti, oltre ad un?ampia selezione di immagini e un vasto apparato bio-bibliografico.
Contemporaneamente alla mostra di De Maria, nella Galleria Vetrata, Nanni Balestrini, uno dei fondatori del movimento letterario “Gruppo 63″, espone alcune installazioni che giocano sulla contaminazione tra linguaggio poetico ed arti visive.
Infine, nelle sale panorama, il Macro propone due artisti giovani ma già protagonisti dell?arte internazionale: Elisabetta Benassi, che si presenta nella propria città con un nuovo lavoro che invita a riflettere sugli esiti e i rischi della civiltà tecnologica; Pascale Marthine Tayou nativo del Camerun che espone un progetto in divenire focalizzato sulla possibilità di incontro tra tradizioni e religioni differenti.
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