MASSIMO BERTI

Dal 1952 al 1956, anno in cui si accumulano forse i migliori film di Totò, il Principe sforna in ogni caso pellicole di pieno rispetto, con punte geniali che si toccano con “Totò a colori”, primo film girato a colori nella storia del cinema italiano, “Totò e le donne”, primo film in cui Totò e il grande Peppino De Filippo recitano insieme e “Il più comico spettacolo del mondo”.
Su quest?ultimo, dichiarato dai critici come un fallimento madornale e azzardato sulla pelle di Totò dalla ditta Ponti-De Laurentis, nel tentativo di costruire una pellicola in tre dimensioni, spicca sicuramente “La preghiera del comico” che il Principe, truccato da triste pagliaccio, pronuncia negli ultimi minuti del film:

“?Noi ti ringraziamo nostro buon Protettore per averci dato anche oggi la forza di fare il più bello spettacolo del mondo. Tu che proteggi uomini, animali e baracconi, tu che rendi i leoni docili come gli uomini e gli uomini coraggiosi come i leoni, tu che ogni sera presti agli acrobati le ali degli angeli, fa’ che sulla nostra mensa non venga mai a mancare pane ed applausi. Noi ti chiediamo protezione, ma se non ne fossimo degni, se qualche disgrazia dovesse accaderci, fà che avvenga dopo lo spettacolo e, in ogni caso, ricordati di salvare prima le bestie e i bambini. Tu che permetti ai nani e ai giganti di essere ugualmente felici, tu che sei la vera, l’unica rete dei nostri pericolosi esercizi, fa’ che in nessun momento della nostra vita venga a mancarci una tenda, una pista e un riflettore.
Guardaci dalle unghie delle nostre donne, che da quelle delle tigri ci guardiamo noi, dacci ancora la forza di far ridere gli uomini, di sopportare serenamente le loro assordanti risate e lascia pure che essi ci credano felici. Più ho voglia di piangere e più gli uomini si divertono, ma non importa, io li perdono, un po’ perché essi non sanno, un po’ per amor Tuo, e un po’ perché hanno pagato il biglietto. Se le mie buffonate servono ad alleviare le loro pene, rendi pure questa mia faccia ancora più ridicola, ma aiutami a portarla in giro con disinvoltura. C’è tanta gente che si diverte a far piangere l’umanità, noi dobbiamo soffrire per divertirla; manda, se puoi, qualcuno su questo mondo capace di far ridere me come io faccio ridere gli altri?”

Totò non scende quasi mai sotto le cinque interpretazioni per anno, e soltanto il 1954 ne regala ben sette, incassando i milioni di lire di quell?epoca.
Spiccano certamente “Miseria e nobiltà”, ispirato all?omonima commedia di Edoardo Scarpetta, e il film a episodi “L?oro di Napoli”, di cui Totò interpreta il primo con la sua solita, bellissima caratterizzazione agrodolce.
Se si lascia passare, anche se per un personaggio come Totò sembra quasi una bestemmia, il 1955 citando soltanto “Siamo uomini o caporali”, dove vengono ripercorsi quindici anni di storia italiana per dimostrare che i deboli saranno sempre e comunque sopraffatti dai forti, i cosiddetti “caporali”, si giunge ad uno dei veri anni d?oro del cinema italiano.
Nel 1956, infatti, il Principe De Curtis dona alla nazione che soffre, che lavora in modo spietato e che ha tanta voglia di svagarsi e sentirsi un po? più spensierata, quattro delle sue migliori perle: “La banda degli onesti”, “Totò lascia o raddoppia”, “Totò, Peppino e la? malafemmina”, “Totò, Peppino e i fuorilegge”.
La prima pellicola consacra certamente la coppia Totò-Peppino come la migliore.
Famose rimangono le storpiature che Totò dà al cognome della “vittima” Peppino-Lo Turco (Lo Truzzo , Turchetti , Lo Turzo , Lo Struzzo) che saranno poi riprese in film successivi .
La scena dei tre protagonisti nella tipografia che viene girata con la caratteristica velocità delle comiche americane è un’idea dello stesso Totò . Il secondo film si articola sull?onda del successo che la trasmissione di un giovane e preparato Mike Buongiorno, “Lascia o raddoppia” miete in quegli anni? Totò sigilla il successo con la sua interpretazione, dove la prova che il nostro compie nella camera della sua stanza, usando l?armadio come cabina da partecipante, è senza dubbio una delle sue chicche comiche.
Di “Totò, Peppino e? la malafemmina” rimangono nel cuore e nel pieno sorriso i duetti tra i fratelli Caponi: dalla lettera che Totò detta a Peppino , al loro arrivo a Milano vestiti di tutto punto , dal “volevon savoir” rivolto al vigile urbano davanti al Duomo.
La famosa canzone: “Malafemmena” scritta dal Principe anni addietro, qui ha la voce di Teddy Reno.
Sulla scia del successo di “Totò, Peppino e la? malafemmina” si gira a metà ottobre “Totò, Peppino e i fuorilegge”.
Quasi identico il cast con l’aggiunta di Titina De Filippo che interpreta la moglie di Totò per la seconda volta così come accadde in “San Giovanni decollato”.

Indimenticabili i duetti tra Totò e Titina , la moglie tirchia , e tra Totò e Peppino , specie quando Peppino è vittima di Totò.
Nel ?56 Totò e’ ormai ricco e famoso e i suoi film, nonostante le critiche contradittorie, vanno a gonfie vele.
Toto’, però, non ha mai dimenticato il teatro e accetta la proposta del suo antico impresario, Remigio Paone, di recitare nuovamente. La rivista, si intitola “A prescindere”, il debutto al Sistina di Roma il primo di dicembre del 1956 e il pubblico è quello delle grandi occasioni.
Dopo due mesi passati a Roma la rivista fa tappa a Milano ed è qui che Totò si ammala gravemente: broncopolmonite di origine virale.
Non potendo far restare fermi per più giorni i suoi collaboratori, che non se lo potevano permettere, il Principe si imbottisce di antibiotici e dopo tre giorni ritorna in palcoscenico, ma il fisico indebolito gli impedisce di recitare.
Una forte menomazione all?occhio sinistro, che fin dal 1939 avviliva Totò, peggiora le cose fino a quando, una fatidica sera, in pieno palcoscenico a Palermo, l?attore napoletano, durante una scena, pronuncia una delle battute più tristi e serie della sua vita: “Non ci vedo”.
Per mesi interi Totò rimane al buio, ma grazie alle cure dei medici e allo spirito di abnegazione di Franca Faldini, sua partner per moltissimi anni, verso la fine del 1957 le cose migliorano, e l’anno seguente può di nuovo ritornare al lavoro cinematografico, pur proteggendo sempre gli occhi con un paio di lenti scure che toglie solo pochi attimi prima di entrare nel set?