MASSIMO BERTI
Il nostro Totò vive il momento d?oro dell?avanspettacolo, che tra il 1932 e il 1940 attraversa l?Italia.
Costumi di poco prezzo e battute di tipo grossolano caratterizzavano questa forma di teatro che si avvaleva di compagnie dal personale ridotto.
Gli spettacoli venivano rappresentati in piccoli teatri che in quel periodo cercavano di riconvertirsi come cinematografi, proiettando pellicole di terza visione, ed è proprio integrandosi ai films (da qui il nome Avanspettacolo) che attori del calibro di Nino Taranto, Erminio Macario, Aldo Fabrizi, oltre a Totò stesso inventarono questa nuova metodologia di far teatro, considerata di Serie B ma ancora oggi rimpianta come uno dei periodi più floridi del teatro italiano.
Totò diviene impresario e finanziatore della propria compagnia e dal 1933 percorre il Belpaese con numerosi spettacoli, tra i quali: “Totò, Charlot per amore”, “Se fossi un Dongiovanni”.
Gli inizi non sono incoraggianti, ma nel 1937, quando l’avanspettacolo ingrana la massima marcia, Totò miete numerosi successi, soprattutto grazie alle sue gag che riproporrà più volte durante la sua sfolgorante carriera: “Il pazzo”, “Il chirurgo”, “Il manichino”.
Purtroppo, nel 1940 l?avanspettacolo perde il suo splendore e decade nel giro di pochi mesi.
Totò è costretto a sciogliere la sua compagnia ed il colpo è, per lui, molto duro.
Il pieno e meritato clamore intorno al personaggio dell?ormai famoso Principe De Curtis, ritorna, però, nel Natale del 1940, quando viene rappresentata al teatro “Quattro fontane” di Roma la rivista “Quando meno te l’aspetti”.
Quest?opera segna l?inizio della collaborazione tra Totò e Michele Galdieri, la quale durerà ancora per molti anni.
Inoltre, è sempre in quest?opera che la grande Anna Magnani e Mario Castellani, da ora in poi grande spalla di Totò, si confrontano con il Principe.
La seconda rivista “Volumineide” , a cui segue “Orlando Curioso”, in scena dall’inverno del 1942, fanno eco al successo della prima rivista.
Di particolare riguardo è l?opera “Che ti sei messo in testa?”, che va in scena nel dicembre del 1943.
Il titolo originale doveva essere “Che si sono messi in testa?”, ma la censura ne ordina la modifica, in quanto le allusioni alla pretesa nazifascista di reprimere interi popoli e conquistare il dominio sul mondo possono creare forti “perplessità”.
La sera in cui si sparge la voce dell’attentato ad Hitler, Totò si presenta improvvisamente in scena con “caratteristici baffetti e ciuffo”, fasciato e incerottato, e attraversa il palco nel mezzo di un numero che tratta tutt’altro.
Quella sera un amico, colonello tedesco, gli confida che il mattino seguente avrebbero arrestato sia lui che i fratelli De Filippo poiché anche loro, infatti, avevano preso per il naso i nazisti.
Dopo aver avvertito Peppino, Totò fugge a Valmontone.
Dopo la Liberazione, Totò e Galdieri riprendono il lavoro e presentano “Con un palmo di naso”.
Totò può finalmente sfogare la sua vena satirica, mettendosi nei panni del Duce e di Hitler.
Se il teatro regala all?attore napoletano grandi soddisfazioni e longevità artistica (Totò continuerà a recitare nei teatri italiani fino al 1956, quando l?aggravarsi della salute dei suoi occhi lo costringerà praticamente a smettere) un passo indietro, punto di partenza per il nostro prossimo appuntamento, deve essere doverosamente fatto per il viaggio che ci guida verso le magie di Totò: l?esordio cinematografico.
Affronteremo gli inizi sul grande schermo di Totò, permettendoci, in seguito, riflessioni e recensioni sulle pellicole più importanti pescate tra le decine e decine che l?attore ha girato in più di trent?anni di onorato “servizio al pubblico”.