LAURA PATERNO

Se è vero che in ambiente “metropolitano” siamo sempre più abituati a pasti veloci, magari prodotti da cucine standardizzate e internazionali, è pur vero che si moltiplicano le iniziative, anche nei ristoranti più esclusivi, a favore della riscoperta del sapore antico e genuino, del frugale, del non raffinato.
Prova ne è la fortuna che hanno riscosso tra italiani e stranieri gli agriturismi, situati in luoghi di grande attrazione paesaggistica e con una cucina tipicamente locale. Tra i tour operator sempre più importanza viene data agli itinerari turistici basati sul binomio fortunato di cultura e gastronomia.

L?Italia, così ricca di arte, può vantare e far valere una enorme varietà di tradizioni enogatronomiche. Venti regioni che custodiscono e conservano un tessuto di città, paesi e borghi, caratterizzato ognuno da una storia e da un dialetto differente. E la tavola ne è testimonianza: vini e pietanze mutano e si combinano secondo una fantasia secolare.
Nel Lazio, in particolare, la cultura gastronomica vanta un passato celebre: il primo trattato culinario è quello, all?epoca di Tiberio, di Gavinio Apicio, detto appunto “De re coquinaria”. E come non ricordare le famose descrizioni di pasti tramandate da Petronio e Orazio, e attribuite a personaggi come Nerone e Lucullo?
Così, un giornalista esperto di turismo, Antonio Castello, che ha già dato alle stampe due volumi dedicati ai sapori e alle feste popolari d? Italia, presenta ora il libro “Le Sagre nel Lazio. Guida enogastronomica.” Questa volta la ricerca si concentra sui 300 comuni laziali che danno vita a ben quasi 500 manifestazioni. Come riporta l?autore, la sagra enogastronomica mira a promuovere l?attività agricola locale e riscoprire il prodotto tipico, che sopravvive alle esigenze del mercato, frutto di particolari tradizioni e legato a ben determinati luoghi di produzione.
Locandina della Sagra
dell"uva a Marino

La qualità di certi prodotti, ricorda Castello, dipende da una serie infinita di fattori come il clima, il terreno, l?esposizione al vento, l?intensità delle precipitazioni e l?altitudine. Tali fattori naturali, uniti a tecniche particolari, spesso tramandate da padre al figlio, creano piatti tipici che purtroppo a volte rischiano di scomparire. Anche l?Accademia Italiana della Cucina ha come scopo quello di ricercare e selezionare la cultura delle nostre tavole. Inoltre, il turismo, sia di italiani sia di stranieri, suggella il valore di queste feste popolari.
Da un? indagine commissionata dalla Coldiretti emerge che soltanto nell?agosto del 2003 oltre tre milioni di italiani hanno partecipato a sagre e feste organizzate in tutta la penisola.Il giro d?affari collegato a queste manifestazioni si è stimato superiore ai 30 milioni di euro.
Un successo notevole, che dimostra la volontà e il piacere di molti di riassaporare le antiche abitudini alimentari in un contesto semplice e allegro.
I rinomati carciofi romaneschi
“Le Sagre nel Lazio” si propone dunque come un?utilissima guida per il turista intelligente e l?operatore del settore. Un volume di 429 pagine, in cui ogni località è corredata di schede con la storia, la posizione geografica, i recapiti telefonici utili, e le feste stagionali che vi hanno luogo. Le specialità proposte, prodotti e piatti tipici, sono spiegate minuziosamente. Qualche ricetta, curiosità e foto colorano ulteriormente il volume.


SAGRE DEL LAZIO. GUIDA ENOGASTRONOMICA.
Di Antonio Castello

Quaderni di “Innovazione e Agricoltura”, editi a cura dell?ARSIAL,
Agenzia regionale per lo Sviluppo e l?Innovazione dell?Agricoltura nel Lazio
? Roma, Luglio 2003


La porchetta.
Tipica dei Castelli romani