TERESA CARRUBBA
Quello sardo è un popolo di sentimenti religiosi. E molte delle feste sono legate ai santi. L’alba del 1° sabato di settembre ci porta a San Salvatore, a Cabras, nella Penisola del Sinis , per la “Corsa degli scalzi” . Circa 500 giovani scalzi, vestiti con un saio bianco, corrono sulle strade sterrate, per portare il santo, sottratto alle incursioni dei barbari che giungevano dal mare, da Cabras al villaggio di San Salvatore in occasione della sua festa. La domenica sucessiva la corsa si ripete al contrario per riportare il santo a Cabras. Il villaggio di San Salvatore è uno spettacolo da non perdere, una sorta di novenario costruito a fini religiosi, con minuscole abitazioni in perimetro attorno ad una piazza, vissute solo nella settimana dei festeggiamenti per il santo. Per il resto dell?anno è completamente disabitato, l?atmosfera ferma nel tempo. Irrinunciabile l?antichissima chiesa ipogea.
Ad Oristano settembre è anche la ricorrenza di Santa Croce, festeggiata con l?antica fiera del bestiame, ora detta Sardegnacavalli, la fiera Nazionale del cavallo italiano e la mostra – mercato dell’agroalimentare. Ancora oggi i colori ed i cerimoniali di questa antica tradizione, costituiscono la spina dorsale delle manifestazioni di più alto richiamo turistico, prima fra tutte La Sartiglia di Oristano, il tipico carnevale.
Festa carica di simbologia e di ritualità, esorcismo della sofferenza attraverso l?allegria, le urla festose, gli applausi di un pubblico che incita cavalli e cavalieri ad una gara formale e rievocatrice di secoli di storia.
A metà tra il rito pagano agreste propiziatorio per la fertilità e una giostra medievale. Forse un retaggio del giudicato d?Arborea, che sotto l?influsso della Corte Aragonese introdusse la Sartilla spagnola. Nata come manifestazione riservata ai ceti aristocratici nobili, con il tempo divenne l?espressione della cultura popolare.